Quelli col Lupo nel cuore.

 

BRUZI, FILOSOFI, FATALISTI, POETI.

BLOG DEDICATO ALLE PERIPEZIE DEL COSENZA CALCIO 1914, DELLA SUA TIFOSERIA E DI TUTTI COLORO CHE A VARIO TITOLO GRAVITANO INTORNO A QUESTO NOSTRO SOLE ROSSOBLU. 

 Si precisa che questo blog non è una testata giornalistica.

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LA ZONA MORTA #9 – L’INSOSTENIBILE LEGGEREZZA DI UN ESSERE.

Alla fine mi è toccato tirarlo fuori. Niente ricerca della Zona Morta oggi. Il pezzo che state leggendo era in parte pronto da tempo. Perchè certe sensazioni le devi tenere da parte finchè non si trasformano in certezze, e allora è bene che vengano messe per iscritto, nero su bianco, a futura memoria. Quello che state leggendo è il semplice frutto di discussioni, analisi e previsioni azzardate un paio di mesi fa. In particolare sento il dovere di ringraziare un nostro fondatore del blog, che aveva provato a mettere insieme i pezzi del puzzle a suo tempo, prendendoci in pieno! Ma, giustamente, era rimasto scettico sull’esito. Perchè con questo calcio, di applicazione “corretta” delle regole se ne vede ben poca. Basti pensare alla Salernitana, ed al fatto che può aver certamente conquistato la A sul campo, ma il contesto ed il modo in cui l’ha fatto era da esclusione! Eppure si trova lì, in barba proprio alle regole. E allora? E allora la notizia di ieri sera arriva in maniera molto particolare. Intanto esce tardissimo, e questo fa pensare che fino alla fine non si “voleva” arrivare a questo. Ma evidentemente non si poteva negare.

Al momento la situazione dice che il Chievo è fuori, e noi forse siamo tornati in B. E dico forse. Perchè – come detto – con questo calcio intrallazzato, fasullo, pieno di lobby e correzioni in corsa tutto è possibile! Intanto vi chiarisco una cosa, se verrà escluso il Chievo, noi saremo ripescati. Non è una suggestione, è stato stabilito da tempo. Non ci sono alternative o modifiche possibili. Già con il caso della Salernitana lo chiarì nientepopodimeno che Galliani, dicendo che da regolamento in B tornavamo noi con l’eventuale scomparsa della Salernitana. E se lo dice lui, possiamo esserne certi!

Ma facciamo un passo indietro, da dove nasceva quella sensazione? Da una dichiarazione che avrete letto e sentito tutti, fatta mesi fa dal Presidente della Reggiana. E cosa diceva? Che era IMPORTANTE arrivare quartultimi. Perchè? Perchè evidentemente qualcosa era trapelato. E, siamo sinceri, questa storia del Chievo non è nata adesso e per caso. Si sa da ANNI della problematica economica, della massa debitoria consistente (si parla di più di 50 milioni) e del fatto che era già stato “graziato” un paio di volte. Una volta anche con una promozione a danno del Crotone. Evidentemente siamo al capolinea, ed i segnali erano già evidenti. Perchè, quando non sei Guarascio e non prendi un allenatore, quando il tuo Ds dice che quest’anno non ci sarà mercato in entrata ed in uscita, e quando millanti a destra e a manca che non ci sono problemi mentre i tuoi giocatori vantano 5 mesi di arretrati, la fine è nota. Tutti felici e contenti? Un accidente! In attesa del ricorso, di vedere se si cercherà la solita soluzione “tampone” fasulla che porta a tarallucci e vino o si arriverà alla giusta sentenza, io mi prendo la responsabilità di frenare tutti gli eventuali entusiasmi. IO ADESSO VI VOGLIO VEDERE INCAZZATI TUTTI PIU’ DI PRIMA! E spero che lo siate già. Perchè, a monte di questa situazione, c’è una considerazione che non bisogna perdere di vista. E che riguarda sempre la stessa persona. Anzi, un “essere”. E la sua leggerezza. Uso la parola leggerezza perchè non voglio scadere come linguaggio, ma potete immaginare cosa voglia realmente rappresentare quando la uso. E’ inaccettabile. E’ inaccettabile come si comporta, è inaccettabile come non sia in grado di comunicare ed usi il silenzio come arma, è inaccettabile come gestisce la Società, ed è inaccettabile come la buona sorte – che lo ha baciato sempre al momento giusto – lui continui a sfidarla. Quindi adesso, comunque vada, bisogna spingere perchè la parola fine all’era Guarascio venga finalmente gridata.

Non m’interessa se adesso le sue tanto fidate truppe cammellate ritroveranno un po’ di fiato per abbozzare l’ennesima supercazzola celebrativa: SE NE DEVE ANDARE! E’ l’ora della risolutezza, della concordia, della coerenza! Si è detto a suo tempo “mai allo stadio con Guarascio in qualsiasi categoria”? Bene, che si tenga fede a questa minaccia fino al suo ultimo giorno di Presidenza, senza ripensamenti. Finchè non cede. Perchè, se ci pensate bene, chiunque altro al suo posto con un po’ di buon senso ed equilibrio, se la sarebbe gestita diversamente. E non quest’anno, ma da tre anni! Tre anni dove abbiamo assistito con i nostri occhi che la Serie B che ricordavamo non è più quella. Dove si fallisce facilmente e basta poco, ma veramente poco per fare un colpaccio e conquistare quel benedetto sogno che ci portiamo dentro da anni. Ma niente, fra tutti gli imprenditori scellerati che si trovano, a noi è capitato il più asettico, incompetente e presuntuoso fra tutti! Che non capisce, non impara, non ascolta e “non commette errori”. Bè, il suo più grosso errore lo commetterà se non comprende che non può più rimanere in sella. Perchè qui non c’è più futuro per uno che NON PROGRAMMA IL FUTURO! E lo dimostra il fatto che siamo ancora senza squadra Ds e allenatore, e lui – che evidentemente era informato – sapeva che c’era questa possibilità di ripescaggio! Ma per quale motivo? Se sono sicuro che ai nastri di partenza del prossimo campionato sono in B, a maggior ragione dovrei muovermi subito. I fatti insegnano che le miracolose salvezze delle annata precedenti partivano proprio con l’handicap di essersi mossi in ritardo! Oppure, se voglio andare sul sicuro, allestisco già una base forte per la C (non l’ha dichiarato lui che voleva farci tornare ad essere orgogliosi?) con giocatori di alto livello, in maniera tale che, a ripescaggio ufficiale, dovrò solo puntellare con 4 -5 acquisti una squadra che comunque può salvarsi. E invece no. E’ meglio aspettare a Piazza di Spagna, vicino al chiosco delle caldarroste. Il regolamento adesso parla chiaro. Ve lo posto qui per evitare confusione.


Tenete presente che non si potranno presentare nuove carte nel ricorso, e che i legali del Cosenza adesso possono avere accesso alle stesse. Ma intanto il 15 Luglio, che squadra, che allenatore, che Ds avremo? Ed il ritiro inizia ufficialmente fra 10 giorni. No, non ci sono scuse. Se ne deve andare! Intendiamoci, se verremo ripescati mica farò l’offeso. E se a cadere sarà il Chievo non verserò lacrime per la loro scomparsa. Anzi, per me sarà idealmente la chiusura di un cerchio. Un cerchio che inizia la sua curva il 4 Dicembre del 2000 al gol di Pisano, e si ripete a Verona qualche mese dopo. Due volte in vantaggio, due volte ribaltati, in una stagione dove si era fortunosamente (non crederete che il deretano lo abbia avuto solo Guarascio, vero?) azzeccato quasi tutto, e si era perso senza capire come e perchè la proprietà ci fosse riuscita. Sarebbe un regalo. A cui, con una Società VERA, dovrebbe far seguito un altro regalo. Consistente in una squadra allestita bene, in maniera solida e per tempo. Ma nessuno si illude.
Guarascio questi regali – che dalla dea bendata ne ha ricevuti tanti – non ce li ha mai voluti fare.

venerdì 9 luglio 2021
a firma
Sinn Feìn

CANA’, INDOVINI CHI LE HO PRESO?!?

Quello del calciomercato è senza dubbio il periodo che meglio di tutti definisce la speranza dei tifosi di calcio, con le passioni ed i sogni concentrati su quel delicato momento che porta alla costruzione delle future rose delle squadre. A Cosenza è un fenomeno che conosciamo bene da tanti anni: sotto l’ombrellone in spiaggia o nei bar cittadini o in ogni raggruppamento di tifosi c’è sempre qualcuno che sfoglia freneticamente un quotidiano sportivo nella speranza di leggere il nome di quel calciatore che possa scatenare la fantasia e favorire voli pindarici da primato in classifica. L’avvento di internet e dei mezzi tecnologici ha reso il calciomercato di facile fruizione, anche per studiare ed approfondire il curriculum ruolo per ruolo, del terzino piuttosto che l’attaccante, di quello noto e quello semi sconosciuto. I siti, a tal riguardo, si moltiplicano di giorno in giorno. Anche i luoghi comuni oramai fanno parte del linguaggio comune, ed alcuni hanno trovato un humus essenziale proprio nella città dei bruzi: “manca solo l’ufficialità”, oppure, ”c’è l’accordo con il calciatore manca quello con il club” e l’immancabile “siamo ai dettagli”. “Siamo ai dettagli”, in particolare, è quella frase che più di tutte ha rappresentato generazioni di tifosi Cosentini e coinvolto nomi di forti calciatori pronti a firmare da un momento all’altro, per alimentare le passioni e riempire gli scrigni dei sogni pallonari rossoblù. Quasi sempre però, miseramente si migrava verso un inesorabile nulla di fatto.

Quest’oggi vorrei provare ad analizzare la gestione del calciomercato delle ultime due società del Cosenza in serie B: quella del patron Pagliuso e quella del patron Guarascio. Cominciando dalla prima gestione bisogna dire che di nomi affascinanti in entrata ce ne sono stati, ma quelli che si possono considerare “veri colpi di mercato” si contano sulle dita delle mani. In particolare gli anni 90, quelli definiti da alcuni “gli anni più belli del calcio cosentino” – quelli che “solo lui ci ha fatto vedere Batistuta”, per intenderci, sono stati protagonisti più di colpi in uscita che in entrata. E’ vero, molti calciatori dal passato importante e pronti al riscatto come Gigi Lentini, Giandebiaggi, Pietro Strada, Aladino Valoti, Stefano Casale, Luciano De Paola ecc. si sono qui avvicendati con alterne fortune…. Altri, famosi e forti, lo sono diventati qui in riva al Crati calcando il prato dell’allora San Vito e poi del “Marulla”. Quella società ha sempre seguito l’iter del “prima vendere i pezzi migliori” e poi investire in qualche giovane di belle speranze. E così è stato per tanti calciatori visti partire da Cosenza con non pochi rimpianti: Brunello Trocini, Stefano Fiore, Franco Florio, Stefano Morrone, Salvatore Miceli (questi “creati” nel settore giovanile che aveva messo su il mitico Gianni di Marzio con Lamacchia Presidente). Marco Negri, Cristiano Lucarelli, David Balleri, Enrico Buonocore, Giorgio Venturin, Paolo Tramezzani, Beppe Compagno, Oberdan Biagioni, Luca Altomare, Francesco Statuto, Andrea Poggi, Giacomo Zunico, Luciano De Paola, Filippo Cristante, Salvatore Miceli, Giovanni Bia, Damiano Moscardi, Christian Manfredini, Armando Pantanelli, Cristiano Pavone, Riccardo Zampagna, Edusei, Nassim Mendil, Massimo Margiotta, Igor Zaniolo, Stefano Guidoni, Sasà Soviero, Francesco Palmieri, Gianluca Savoldi, Cristian Silvestri, ecc. Tutti pezzi divenuti pregiati solo a Cosenza e anche prima dell’avvento di Pagliuso (il periodo Carratelli, poi Serra, poi Lamacchia). La maggior parte presi a poco e venduti a tanto, alcuni a tantissimo, sacrificati tutti sull’altare della stabilità economica (e nonostante i contributi dalla lega) che non hanno comunque evitato: 1° di accumulare spaventosi debiti 2° di far affontare alla città di Cosenza ed ai tifosi rossoblù l’onta vergognosa della sparizione dalla mappa calcistica Italiana. Misteri del calcio nostrano! E c’è gente che rimpiange pure quei dirigenti e vorrebbe propinarceli ancora…

Non meglio è andata negli ultimi tre anni di B, i “gargamelliani”, dove il calciomercato ci ha visti protagonisti solo per i prestiti ed i mancati riscatti. D’altronde il presidente Guarascio è da sempre fedele al fair play finanziario, quello by Eugenio però, ovvero quello di spendere poco e guadagnare molto. Altro che equilibrio tra entrate ed uscite! E così calciatori del calibro di Frattali, Tutino, Palmiero, La Mantia, Okereke, Embalo, Dermaku, Falcone, Casasola, Asencio, Riviere, sono transitati da Cosenza valorizzandosi e diventando calciatori desiderabili solo per gli altri. Nella mente del patron Guarascio, viceversa, nemmeno il pensiero, la voglia di investire, il tentativo di provare a trattenerli. Caso unico al mondo di società di calcio che in circa dieci anni di attività non ha visto la vendita di calciatori ma nemmeno un riscatto che fosse uno! Anzi, qualche calciatore è stato venduto, tipo Baez, forse nel momento peggiore, senza sostituirlo, causando l’indebolimento della squadra e costituendo probabilmente l’episodio cardine per la retrocessione successiva. Gli ultimi tre anni di calciomercato li ho immaginati esattamente come nel film cult degli anni 80 “L’allenatore nel pallone” dove all’allenatore Oronzo Canà (Lino Banfi) venivano promesse grandi campagne acquisti dal suo presidente Borlotti ma alla fine zero ingaggi, solo prese in giro e cessioni dei migliori. Altro che “alzare l’asticella”.

 

Ebbene, di questi presidenti possiamo e vogliamo farne a meno. Ne vorremmo uno con la passione e l’amore per i nostri colori, che non sfrutti il nostro amore per hobby o per lucrarci, che ci rispetti come persone prima che come tifosi. E’ chiedere troppo?

Mai più con i ladri di sogni. Mai più con i Pagliuso e i Guarascio di turno!

 

Giovedì 8 luglio 2021
a firma
Bart S.

 

SOGNO DI UNA NOTTE DI PRIMA ESTATE

 


Già fa un caldo incredibile, ci mancavano solo i pensieri legati al calcio nostrano a rendermi le notti insonni e tormentate. Così mi giro e mi rigiro nel letto, pensando al presidente che è quasi due mesi che tace – un record! -, la contestazione, poi i problemi di Chievo e Salernitana che potrebbero riguardarci da vicino (che brutto dovere incarnare il ruolo di avvoltoi, pronti ad approfittare delle carcasse altrui, senza essercele meritate!) e persino la Nazionale ci si mette! Insomma, il calcio, che dovrebbe essere un una distrazione dalle preoccupazioni quotidiane, finisce esso stesso per diventare preoccupazione. Quindi, dopo essermi angustiato tra tutti questi pensieri che si affastellano ed avvinghiano tra di loro nella mia testa, come farebbero dei cobra nella cesta di un incantatore di serpenti, finisco per assopirmi e…,
ma, cosa… no, ancora una volta?… ma sta diventando un’abitudine?… una pessima abitudine: vedo stagliarsi nuovamente dinanzi a me la figura del mio “amico” (ormai, nei miei sogni “s’è pigliatu sa cunfidenza”) Eugenio che mi viene incontro per parlarmi.


Ti giuro che non ce la faccio più – mi dice – anche per un freddo e distaccato come me, comincia ad essere troppo!


A cosa ti riferisci, Eugè, alla contestazione che stai subendo? Piano piano sta scemando, dai, mi sembra che la tecnica del silenzio stia pagando!


Ma sì, la contestazione: avere a che fare con questi irriconoscenti, da dieci anni, quando li raccolsi che non avevano neanche i palloni, e sentirsi criticare solo perché su dieci stagioni – DIECI! – ce n’è stata una, solo quest’ultima, sfortunata è… ehm, come dire, surreale. Questi non si meritano proprio niente!


Vabbè, ma sei tu che te la sei cercata, in fondo, quando te ne sei uscito con quella boutade, secondo cui non avevi mai sbagliato: certe affermazioni rimangono impresse!


Ma infatti io non ho sbagliato nulla: te l’ho detto, è stata una stagione sfortunata e poi, se ci sono stati degli errori, qui abbiamo sbagliato tutti insieme. Com’è, quando si vince la vittoria è di ognuno, tutti a salire sul carro dei vincitori e quando si perde, ne scendono tutti, mi scaricano e ne dovrei rispondere solo io? Non ci sto! Intanto, non sono uno che si dà per vinto e, se da un lato ho la buona sorte, che mi ha sempre assistito e potrebbe ancora guardare dalla mia parte, dall’altro lato sto lavorando al futuro del Club.

 

Starai pure lavorando, ma non hai lasciato trapelare nulla. La nuova stagione è alle porte e devi ammettere che non abbiamo neanche l’ufficialità di un direttore sportivo.


Per quello c’è tempo e qualche soluzione… ehm… concreta, ce l’avrei già. Ma la situazione è fluida e guardo più attentamente ad altre cose…; eh, se si realizzasse quello su cui sto lavorando… come ti dicevo prima, confido che mi assista la Dea Bendata!


Ma qui si tratta di business, da un lato, e della passione di migliaia di tifosi dall’altro: che c’entra la buona sorte? Pensi che possano esserci spazi per un ripescaggio ai danni del Chievo o della Salernitana?


No, la Salernitana spero proprio riesca a risolvere i suoi problemi e che la Federazione ammetta il trust proposto da quella società.


Ma perché, non capisco: se i campani non dovessero potersi iscrivere al campionato di serie A, verrebbe ripescato il retrocesso Benevento ed il posto lasciato vacante in B, dai sanniti, a quel punto a cascata, spetterebbe di diritto proprio a noi!


Certo, sarebbe così. Ma in questo momento, per me, questo è un aspetto che andrebbe in secondo piano, visto che c’è dell’altro che assume, ehm, come dire… aspetti molto più importanti.


Più importante del ripescaggio in B? Cosa bolle in pentola? Adesso hai tutta la mia attenzione!


Ti ricordi quella foto che mi ritraeva, uscita recentemente sui social?


Quale, quella al mare al San Michele?


Ma no, quell’altra quella in cui mi ritrovavo a Roma!

 

 

Ah, sì! Non eri mica andato a parlare con Gravina?


Non confonderti: in realtà, in Federazione ci sono andato la settimana dopo, quando sono andato nella Capitale accompagnato dai miei legali.

Ora ricordo: addirittura 4 professionisti, compreso Cesare Di Cintio, giusto?


Sì, lui è servito proprio per curarmi gli interessi in FIGC, in merito ad eventuali ripescaggi e poi per vedere se si può fare qualcosa per recuperare anche parte di quei 900mila euro della Legge Melandri, persi per soli 40’ non giocati dai nostri giovani: ma si può?


Sì, una storia assurda, da dilettanti! Ma tutti gli altri professionisti al tuo seguito nella capitale, allora?


La settimana prima, quella della foto di cui ti dicevo, dopo diversi precedenti abboccamenti, contatti telefonici ed e-mail, sono andato a prendere accordi economici con degli imprenditori romani, interessati al mio Cosenza…


Boooooooomba! Ma me lo dici così? Cioè, spiegami meglio, stai passando la mano?


Vedremo, vedremo. L’intenzione è quella di farmi da parte, sì, ma ci devono essere le condizioni giuste per cui si devono verificare, ehm come dire… certe situazioni e bisogna capire come evolve la cosa.


Dai, sputa il rospo, non lasciarmi sulle spine come stai facendo per dispetto con tutta la piazza di Cosenza, a me puoi dirlo, siamo amici (pfui!).


D’accordo, ti racconto. E’ da qualche settimana che sto dialogando con la dirigenza della Salernitana ed abbiamo pure trovato – con mia soddisfazione – un accordo di massima. Ma tutto dipende dalla risoluzione, in primis, dei loro problemi. Ecco perché sono interessato al fatto che risolvano la vicenda con la FIGC: se gli approvano il trust che si occuperebbe entro sei mesi della vendita della squadra, formalmente non sarebbero più proprietari dei granata. Loro sarebbero interessati però a rimanere bene inseriti nel mondo del calcio, per continuare a portare avanti i loro affari, allora stanno guardando con grande interesse alla piazza di Cosenza.


Un momento. Ma com’è possibile? A me risulta che una manovra del genere non sia possibile. Il Consiglio Federale del 26 aprile 2021 non ha deliberato di vietare le cosiddette multiproprietà nel calcio?

 


E’ un problema che mi sono posto anch’io quando ho appreso del loro interessamento nei nostri confronti. Poi, mi hanno spiegato che il divieto espresso dal Consiglio Federale è volto ad impedire le plurime partecipazioni di controllo da parte di un medesimo soggetto in ambito professionistico. In buona sostanza, anche se rimane comunque invalicabile il vincolo di incompatibilità di partecipare allo stesso campionato professionistico da parte di due squadre possedute dal medesimo proprietario (come avviene per regolamento anche per le squadre “B”, ad esempio la Juventus under 23) non dovrebbe essere invece interdetta la semplice partecipazione societaria, come è nel caso del presidente Setti dell’Hellas Verona che fa parte anche del quadro societario del Mantova, o anche quanto si verifica nella partership tecnica tra il Cagliari e l’Olbia.


Ma quindi che interesse avrebbero se non fossero controllanti al 100% delle quote societarie del Cosenza?


Beh, i soggetti sono noti a tutti, come dire, ehm… l’alchimia la trovano facile, la creatività non gli manca ed una soluzione ce l’hanno già. Per quanto riguarda gli interessi, non ti dimenticare che a Lotito continuerà a far capo la Lazio, quindi conservarsi la possibilità di avere uno “sfogo” per determinate operazioni è un vantaggio tecnico, economico e finanziario a cui non è pronto a rinunciare. Cioè, giusto per fare un esempio, se la società-madre acquista un giocatore extracomunitario, non avendo però più slot disponibili per questo tipo di operazioni, piuttosto che rinunciare lo potrà girare alla società-satellite – nel nostro caso, società-partecipata – mantenendone la proprietà e senza dover rinunciare all’operazione. Ancora, questo escamotage potrà, a seconda della situazione, portare anche ad un abbattimento dei costi in bilancio della società-madre aggirando vincoli specifici, da quelli tributari fino al Fair Play Finanziario.


Bella furbata! Scusami, Eugè, ma lo senti anche tu? Uff, di nuovo? Anche l’ultima volta ci ha disturbato questo stesso, fastidiosissimo, suono… bip, bi-biiip, bip…


Mi sveglio di soprassalto, madido di sudore, zittisco con violenza ancora una volta la mia maledettissima sveglia (prima o poi la dovrò cambiare: decisamente non abbiamo un buon rapporto, io e lei!) e mi rendo conto che è stato solo un sogno – stavolta non così brutto come l’ultima volta – che sono nella mia camera da letto, che purtroppo nulla è cambiato attorno al mio (al nostro) Cosenza e che stavolta è la realtà che continua a rimanere un brutto, bruttissimo incubo!

 

 


mercoledì 7 luglio 2021
a firma
Sapiens

LA MEMORIA DEL LUPO

Secondo stime ritenute persino prudenti, Cosenza – nell’ipotesi in cui più ci si tiene stretti – avrebbe circa 2800 anni di storia (VIII – IX secolo a.C.), scivolando quindi come un quinto di centrocampo verso i tre millenni da che il sole, splendendo su questi cieli, illumina una comunità urbana. E se ci si ferma a 2800 anni è solo perché non si ha traccia alcuna di quanto accaduto prima, disperso nelle nebbie di un tempo troppo lontano per non essere immemore: nessuno si aspetti di trovare alcunché circa la Fondazione della città, avvolta nel mistero (quando? Per mano di chi?) di una preistoria dei popoli italici che forse mai nessuno dipanerà.
Gli archeologi oggi più seguiti la identificano con l’antichissimo villaggio di Kos (o Cosa, o Cossa), nome che suona greco ma origini certamente italiche, di cui alcune monete sono esposte al prestigioso British Museum. E probabilmente Kos la chiamavano anche i conquistatori Bruzi, dopo averne fatto la loro capitale intorno al 356 a.C. – certo non Consentia, il nome che le davano i Romani, che al tempo erano il nemico. I Bruzi non parlavano latino, bensì osco.
Fui dei Bruzi capitale / dominai su molte terre
Fui di Roma la rivale / combattei in molte guerre…

Noi sì, noi la chiamiamo Consentia – probabilmente dal consensum, la confluenza dei due fiumi nelle cui acque scorre la nostra storia. Noi sì, nonostante non sia nella nostra antica lingua. Noi sì che la chiamiamo Cosenza, il nome con cui la amiamo – e in fondo nelle nostre vene scorre da quei millenni già il sangue di Roma, in cui l’elemento bruzio si è ormai totalmente diluito.


Evidentemente, chi ha troppa storia da portarsi in giro non ha abbastanza memoria.
Quasi tremila anni, no? Si fa fatica a tenere in mente tutto.
In questa città da molto tempo la memoria fa seriamente difetto. Eventi, personaggi, situazioni si sfocano appena trascorre qualche anno – talvolta qualche mese – da quando erano cronaca. Sarà un effetto collaterale dei millenni, mi dico. Così i ricordi subiscono processi strani, spesso artificialmente indotti da chi ha tutto l’interesse a far ricordare le cose in un altro modo.
Prendi Pagliuso, toh: chiunque può avere l’opinione che più gli aggrada sull’ex presidente, ma non è paradossale farlo passare per salvatore di quella stessa patria che in mano sua è già affondata due volte? Capirà di calcio, sarà un grandissimo tifoso, sarà un passionale, sarà amabilissimo – tutto quello che si vuole, ma che sia stato tragicamente il protagonista negativo di ben due radiazioni del Cosenza dal calcio, con conseguenti fallimenti, dovrebbe essere dato oggettivo. Poi si può tranquillamente ritenere che se oggi riprendesse in mano le redini del calcio cosentino lo porterebbe in serie A e pure in Europa, ma sembra davvero un po’ troppo non ricordare che… no, vabbè: fermiamoci qui con lui o partirebbe la sfilza di CarraroDella Vallela Fiorentinail decreto salvacalcioera in carcerese ci fosse stato luie poi in fondo ci ha fatto vedere 76 anni di serie B e tutti quei campioni. No, vabbè, quali campioni? Forse Scaringella, Tiberi, Varricchio, Andreolli, Zunico tornato dalla pensione, Biagioni in forma fisica da Eccellenza, e tutti quei fuoriclasse ingaggiati solo perché non costavano nulla, a prescindere dalla loro qualità? Questi campioni? No, no, ricordati che abbiamo visto Batistuta, Effemberg, Toldo (sì, grazie per avermeli ricordati, c’ero anch’io a Cosenza-Fiorentina) e poi segue di solito tutta una serie di altro grandi giocatori, stavolta grandi sì davvero ed effettivamente passati dal San Vito, ma tutti con maglie di squadre avversarie. Abbiamo affrontato la Samp, il Napoli, l’Atalanta… beh, certo, erano retrocesse loro.
E se qualcuno volesse enumerare anche i vari Margiotta (venuto in comproprietà, poi trasformata in prestito al mercato di gennaio tanto siamo già d’accordo con gli amici di Pescara che a luglio ce lo ridanno di nuovo in comproprietà, disse Pagliuso in diretta sugli schermi di TEN: voi lo avete più rivisto con la nostra maglia?), GuidoniSavoldiZampagna, eccetera, vi ricordo che parliamo di calciatori di serie B (qualcuno di loro diventerà tale solo dopo, e quando venne qui era poco più di una promessa): non mi sembra grandissimo merito prendere calciatori di serie B se si deve affrontare un campionato di serie B, anzi – direi che è la normalità.
Altro che Barbera e Marcatti.
Ve lo dico come un padre.


Ma a Cosenza la memoria si annacqua anche per storie vicinissime nel tempo.
Del resto questa è la fortuna di molti: a queste latitudini, che tu sia presidente di calcio, politico o clamoroso svampone di quartiere, puoi fare qualunque promessa, tanto tempo pochi mesi e non se la ricorderà più nessuno – ma intanto ne avrai intascato nel presente i frutti. Forse c’è anche un complesso di modernità: magari da queste parti si ha paura di restare troppo ancorati al passato, di essere considerati indietro, e quindi si corre in avanti.
Ma come, Tizio quando voleva i voti aveva detto tre mesi fa che…
E tu ancora a tre mesi fa pensi? Ancora a tre mesi fa sei rimasto, cavernicolo? E poi non è colpa di Tizio se purtroppo le cose sono cambiate e non si può più.
Già, c’è anche questo: non è mai colpa di Tizio, quando qualcuno si ricorda delle parole pronunciate un tempo. Semplicemente sono cambiate le cose. Diventa persino ingratitudine pretendere che con le cose imprevedibilmente cambiate, le condizioni diventate d’improvviso e senza colpa alcuna avverse, Tizio mantenga quello che aveva detto mesi prima.
Qualcuno ad esempio ancora aspetta lo stadio nuovo. A me il San Vito è sempre andato benissimo così – andrebbe solo curato un po’ di più -, tanto non ce li vedo i cosentini sciamare a portare soldoni nelle casse guardando film nei cinema multisala e pranzando al ristorante dentro lo stadio e cose del genere. Ma qualcuno ancora aspetta, cullato nei suoi sogni dalle parole di sindaco e presidente Guarascio di tre-quattro anni fa, i viaggi a Roma, i rapporti con B Futura, il progetto dello stadio che anche su questo blog abbiamo descritto nel dettaglio, eccetera. Sui social il sindaco negli ultimi tempi, incalzato sul punto, ha gentilmente replicato più o meno che purtroppo le cose sono cambiate.
Ed è uno dei pochi che – certo perché è suo interesse – almeno replica. Altri sono solo infastiditi quando li si pone davanti alle loro parole di prima. E intanto c’è un presidente che è gloriosamente arrivato al record di cinquanta giorni di silenzio – e non certo sull’argomento stadio.
E le minacce inquietanti rivolte a Occhiuzzi, Corsi, Carretta? Quelle che qualcuno giurava di aver visto? Quelle che ci hanno fatto passare come una tifoseria di ingrati infami? Scivolati che sono i quinti (pardon, i quartultimi) in serie C, il silenzio anche su quella storia. Io di minacce ne ho viste con questi occhi, però messe nero su bianco da un parente delle vittime sulla sua pagina facebook, cosentini i 4 sordi, faciti meno i wappi supa su facebook ca manu a manu vi fazzu canuscia tutti l’ospedali da Calabria e non solo minkù, e hai voglia a cancellarle subito, meritoriamente pentito: su internet hai dieci secondi per cancellare la stupidaggine che hai scritto – dall’undicesimo secondo in poi – ormai qualcuno ha fatto uno screenshot e, tecnicamente parlando, sono c$$?§ suoi.
Ecco, quelle minacce del parente di una delle vittime io personalmente le ho viste, hai voglia di cancellare. Delle altre, quelle per cui è scoppiato un mezzo scandalo (siamo una tifoseria di m€%&£, come ci permettiamo di scrivere certe cose a Occhiuzzi, minacciando lui, i suoi figli e i figli dei suoi figli fino alla dodicesima generazione?) – mai nemmeno una virgola – silenzio tombale ancora oggi.
Ma insomma, pure per non coinvolgerci tutti, chi, come e quando ti ha minacciato? Macché, niente, rien de rien. Anzi, guai a chi ne parla – e in caso proprio se ne dovesse parlare – guai a chi ne dubita. Ma sempre tenere a mente la lezione più importante: a Cosenza non avere memoria conviene.
Quantomeno non fai domande scomode, ti adegui all’omertà pretesa per consentirti in cambio il quieto vivere e nessuno comincia a tentare di capire chi sei e cercarti in giro per la città, con intenzioni tutte sue.

Sabato 3 luglio 2021
a firma
NubeD
T

 

LA ZONA MORTA #8 – CACCIA AL TERRAPIATTISTA

 

Il messaggio mi è arrivato nel tardo pomeriggio, quando mi stavo pigramente allungando sulla poltrona dopo una giornata passata in piscina (quanto mi manca il mio mare calabrese!). Recitava testualmente «Hai visto che casino?», cosa che mi aveva già innescato non poca ansia, considerando come siamo messi a livello di gestione societaria. Cosa sarà mai successo?, mi sono chiesto, mentre rispondevo al mio amico e chiedevo lumi. «Vai sul gruppo di 101 minuto.» Detto fatto. E cosa ti leggo di così grave? Eccolo il post incriminato!

Lo ripropongo con l’immagine che un altro amico – che ringrazio – ha avuto modo di fare tramite screenshot, perché qualche finto “benpensante” ha ritenuto giusto ordinare che venisse rimosso. Ora, se lo state leggendo adesso per la prima volta, è palese che si trattava di una goliardiata (bentornata, ciotia Cosentina!), ma evidentemente qualcuno – fra cui spicca il supermegatifosochesiridesoloquandolodicoiosennosietefascisti – non ha colto la cosa, ed ha messo pressione alla povera Patrizia de Napoli per censurare anche questo! Complimenti. E la cosa bella è che quando molti hanno aperto gli occhi, capendo la vera portata della cosa (cioè zero, visto che anche l’autore ha scritto di persona, scusandosi per l’equivoco e chiarendo con Patrizia) l’allarme è cessato immediatamente. Ed il Supermegaeccecc. mica è intervenuto, eh? Ormai la sua opera di demenziale censura aveva sortito l’effetto desiderato. Hai visto mai che ammetta di aver commesso una gaffe! Come quando denunciò pubblicamente dei messaggi di minacce ad Occhiuzzi, la famiglia, il cane, il gatto, Corsi e Carretta fino alla 67^ generazione! E quando gli fu chiesto dove e quando era successo, avemmo come risposta un definitivo «Vi dovete fidare». Inshallah, è il caso di dire! Ma a pagarne le spese – se ricordate bene – fu proprio il gruppo di 101 minuto, che rimase chiuso per un bel po’. Oggi quindi mi tocca non portarvi nella Zona Morta, ma parlare di UNA ZONA MORTA, che è proprio lo spazio di 101 minuto. Ci sono iscritto da anni e, pur non essendo mai stato attivo con i messaggi (a differenza di Cosenzaunited) l’ho sempre trovato un luogo dove, leggendo, si riusciva a interagire con una certa sobrietà e intelligenza, nonostante noi cosentini – da tradizione – siamo iperfocosi sull’argomento Lupi. E, da poco tempo, la più grande soddisfazione me la sta dando proprio questo luogo. Si, perché quando creammo il Blog – inizialmente come paginetta di facebook collegata ad una piattaforma provvisoria – ci eravamo posti il problema di dove spammare i nostri articoli (attività, credetemi, molto noiosa). Ma mentre ancora si rifletteva, ci siamo ritrovati i nostri articoli lì! Questo grazie a dei nostri avidi lettori della prima ora (ne approfitto per ringraziarli sentitamente a nome di tutto il Blog), che puntualmente riportano su 101 ogni nostro pezzo. E che ultimamente lo fanno anche su altri siti, ci scrivono in privato, e ci sostengono. Se non sono soddisfazioni! Allora ne approfitto per chiarire una cosa ai partecipanti di quel Forum. La terra è piatta! Ma non nel modo in cui lo sostengono i neocomplottisti di questa pseudottrina, ma in quella in cui la spiegava – precorrendo i tempi – il personaggio di Gianni Livore / Corrado Guzzanti. Vi allego il video se non sapete di cosa parlo.

E’ importante, perchè l’immagine del personaggio che creò a suo tempo Guzzanti è un po’ l’emblema di come ci stiamo riducendo noi Tifosi. Reclusi (perlopiù causa Covid) impotenti e costretti a succhiare tutti questi umori negativi che ci passa questo Presidente-Assente, col fegato grosso che aspettiamo davanti ad un pc o un cellulare il benchè minimo segno di vita. Il risultato è un’esaurimento (non ciotia, badate bene!) galoppante, che tende ad estremizzare e fomentare anche la più piccola stupidaggine. Idealmente è l’immagine della tipica folla armata di torce e forconi, che si dirige decisa verso il luogo dove esercitare il linciaggio, e strada facendo – “casualmente” – perde la direzione, e fa fuori un’innocente che per passava da quelle parti! No, non ci siamo proprio. Perchè se va avanti così, veramente finiremo per credere alla terra piatta. O meglio, a qualunque castroneria pubblicata (seriamente o meno) da un terrapiattista! Già nella terza puntata della rubrica avevo esortato a non mettere in mezzo rancori personali e vecchie ruggini e concentrarsi su un unico obiettivo, vale dire la fine della gestione guarasciana! Purtroppo non è facile mantenere i nervi saldi con questa situazione che ha ormai ampiamente superato la soglia della decenza, ma è necessario se si vuole venirne a capo. Per cui, se mi posso permettere un modesto consiglio, in futuro di fronte ad un post “clamoroso” – vero, falso, serio o ironico che sia – evitiamo di stracciarci le vesti e di invocare la presenza della “lnquisizione” (già vedere che sul gruppo hanno dovuto mettere un moderatore automatico fa tristezza, siamo sinceri!) e cerchiamo di riattivare il proverbiale atteggiamento sardonico di cui siamo rinomati noi Cosentini.

Al massimo, si può commentare con un lapidario: « Ecco qua, un altro terrapiattista!»

Venerdì 2 luglio 2021
a firma
Sinn Feìn

AZIONARIATO POPOLARE A COSENZA? NON CON GUARASCIO

Era marzo 2014 quando l’Associazione Cosenza nel Cuore, organizzazione senza fini di lucro nata 2 anni prima dall’iniziativa di alcuni tifosi, si fece portavoce di una lodevole proposta che prospettava al presidente Eugenio Guarascio l’interesse a rilevare una piccola e simbolica quota ed entrare nel capitale sociale del club di Via degli Stadi attraverso l’azionariato popolare. Il presidente, raccolta la proposta dell’associazione, disse che voleva, lecitamente, pensarci. Una riflessione durata però non qualche giorno, settimana o mese ma addirittura anni! E su questo, avendo conosciuto nel tempo il modo di operare del patron, non c’è nulla di cui meravigliarsi. Comunicare, instaurare un dialogo proficuo e confrontarsi per lui è un qualcosa di cui si può fare a meno. E sappiamo altresì che la favella non è il suo forte. Le parole, gli annunci nella sua visione di imprenditore che fa calcio, servono solo per richiamare in gran massa i tifosi ai botteghini in occasione dei match più sentiti dalla tifoseria e rimpinguare le sue casse (o tasche, come meglio preferite). Chi di noi non ricorda il tweet – ebbene sì, per chi non lo sapesse Guarascio ha anche un profilo Twitter, ironia della sorte aperto proprio in quel marzo 2014, che conteggia uno strabiliante numero di tweet (2) e nientepopodimeno che, da stropicciarsi gli occhi, 209 “seguaci” o più comunemente follower (li vorrei conoscere uno ad uno questi irriducibili) – di fine agosto 2019 “sta arrivando un grande giorno il cielo si colora di rossoblù” che faceva presagire il grande colpo di mercato di cui si parlava da giorni mentre le testate giornalistiche ci davano in pasto i nomi di Pazzini e Budimir e invece, il cinguettìo di Eugenio, era semplicemente un invito a riempire gli spalti per l’imminente esordio stagionale casalingo del Cosenza contro gli acerrimi nemici della Salernitana e staccare quanti più biglietti possibili. Per dovere di informazione il colpo poi arrivò per davvero a distanza di qualche settimana, e quel colpo risponde al nome di Rivière (permettetemi di aggiungere uno dei più grandi e completi attaccanti che abbia mai calpestato l’erbetta del San Vito) ma fu solo per merito, per ammissione dello stesso Trinchera, dello spirito santo Lazaar, grande amico del martinicano dai tempi del Newcastle, che lo convinse a sposare la causa rossoblù anche in ottica di rilanciare la sua carriera che era precipitata nella cadetteria francese, lui che aveva giocato sui campi di tutta Europa, dalla Ligue1 alla Liga passando per la Premier League. Ma di questo e di altro ci sarà occasione di parlarne in maniera più approfondita e diffusa nei prossimi appuntamenti. A distanza di qualche anno, maggio 2016, Guarascio, stuzzicato sull’argomento in occasione di un’intervista a Ten, bollò l’iniziativa dell’associazione timida, in pratica di essersi dileguata e di non aver fatto seguito alla proprie intenzioni. Dichiarazioni a cui Cosenza nel Cuore si sentì in dovere di replicare attraverso un comunicato apparso sulla pagina Facebook a firma del direttivo guidato dal presidente Antonello Aprile. Poi il silenzio. Il tema di recente è tornato d’attualità.

Ma cos’è questo azionariato popolare? Di cosa si tratta? Eviterò di annoiarvi con i tecnicismi poiché lo scopo dell’articolo è di stimolare la discussione e alimentare l’interesse sull’argomento dunque cercherò di spiegarlo in maniera breve e semplice. L’azionariato popolare altro non è che una forma di diffusione della proprietà azionaria che permette di partecipare a quanti più soggetti possibili, per lo più supporter, in maniera attiva alla vita del club del cuore, attraverso l’acquisizione di singole frazioni definite quote che compongono il capitale sociale di una società, nel caso specifico di una società calcistica. Possedendo anche una sola azione si diventa a tutti gli effetti azionisti e si gode di tutti i diritti e i doveri per legge spettanti al singolo socio. La quantità di quote acquisite (il possesso) così come avviene per le classiche società che conosciamo, definiscono in maniera netta ed inequivocabile la ripartizione delle percentuali di proprietà della società attribuendone la maggioranza, cioè chi ha più peso. In poche parole chi decide e comanda.
In Europa esistono 2 tipi prevalenti di azionariato popolare: il cosiddetto modello spagnolo e il modello tedesco. I due modelli si differenziano sostanzialmente per la percentuale di quote detenute dai soci tifosi: nel primo caso o un club è totalmente in mano ad un privato, o a più privati in relazione alle quote possedute, o è controllato al 100% da un’associazione composta da chiunque possegga almeno una singola azione del club la quale dà diritto di voto in assemblea per eleggere direttamente il presidente il quale poi nominerà gli altri membri dell’organo direttivo a cui spetteranno le decisioni in ambito societario (il caso di Real Madrid e Barcellona) mentre nel secondo caso è un modello “misto” e cioè le quote di un club calcistico possono essere detenute in compartecipazione sia da soggetti privati che da soci tifosi riuniti in associazioni. Ma con una peculiarità. La norma che disciplina l’azionariato popolare tedesco prevede che la maggioranza del pacchetto azionario, cioè il 50%+1, non possa essere controllato da un unico soggetto bensì dai soci tifosi. Questo ha comportato un equilibrio tra gli investimenti del privato, utili al raggiungimento dei risultati e degli obiettivi, e l’identità della squadra attraverso il radicamento dei tifosi sul territorio, visti e considerati come parte integrante della vita del club che ha permesso di mantenere quel senso di appartenenza che sta via via disperdendosi di fronte all’avanzata del calcio business, innescando tutta una serie di movimenti importanti a tutela dei propri soci e della collettività che in alcuni casi è servito ai club, magari caduti in disgrazia, di risollevarsi o di costruire o ristrutturare il proprio stadio (di proprietà) senza l’intervento dei privati, i cui loschi interessi, e a queste latitudini ne sappiamo qualcosa anche con il progetto del nuovo stadio più volte sbandierato dal sindaco Mario Occhiuto e da almeno un paio di anni lasciato impolverare in soffitta, vanno al di là dello sport evitando così ogni genere di speculazione.
Il risultato? I bilanci sono in attivo, gli stadi sono di proprietà (sempre pieni!), i prezzi si mantengono bassi, il merchandising funziona e i tifosi partecipano attivamente alla vita del club. Ed è questo il modello che più mi affascina e che ho esposto in maniera più dettagliata e che vorrei l’Italia seguisse anche perché per come è strutturato quello spagnolo si è visto essere ad appannaggio solo dei grandi club. Ma, come in tutte le cose al mondo, esistono le eccezioni. Essendo una norma di fine anni ’90 ad alcuni club tedeschi, le cui quote di maggioranza erano già detenute da grosse aziende nate e legate da sempre a quel determinato territorio o che erano sponsorizzati da un’azienda da almeno 20 anni prima dell’entrata in vigore della citata norma, venne concessa una deroga speciale e rimasero nelle mani del privato. Il Bayer Leverkusen sotto il controllo della casa farmaceutica Bayer, il Wolfsburg sotto il controllo del colosso automobilistico Volkswagen e il piccolo Hoffenheim sotto il controllo della multinazionale informatica SAP. Ma c’è chi è riuscito ad aggirare il sistema di recente. Il magnate austriaco Mateschitz, fondatore dell’energy drink Red Bull, è riuscito ad assicurarsi, tramite una società di garanzia, la maggioranza delle quote di una nuova società calcistica con sede a Lipsia, fissando il costo di una singola azione ad un prezzo fuori portata (oltre 800€) per le tasche dei tifosi.

Il diritto sportivo italiano non prevede ancora una vera e propria legislazione in materia anche se esistono dei casi, seppur sporadici, come l’associazione My Roma, quella dell’Hellas Verona o quella legata al Santarcangelo, che prevedono delle forme di azionariato. È notizia di qualche giorno fa che alcuni tifosi vip dell’Inter, tra cui spiccano l’ex gloria e capitano Beppe Bergomi, il tenore Andrea Bocelli, i cantanti Luciano Ligabue, Max Pezzali, Enrico Ruggeri e Roberto Vecchioni, il conduttore Paolo Bonolis, Giacomo Poretti e Giovanni Storti del trio comico Aldo, Giovanni e Giacomo, i giornalisti Enrico Mentana, Peter Gomez e Gad Lerner hanno aderito alla proposta lanciata dall’economista ed ex Commissario straordinario alla revisione della spesa pubblica del Governo Letta Carlo Cottarelli e iniziato le procedure per dar vita all’azionariato popolare. Di recente qualche esponente politico ha espresso la necessità di regolamentarlo e avere un quadro normativo chiaro per le società sportive professionistiche. La norma, quindi, punta a regolare la partecipazione al capitale sociale di una società sportiva da parte di un gruppo di persone, che, in base alla percentuale di partecipazione e all’entità del loro investimento prenderanno parte ai risultati economici aziendali.

Ma veniamo al nocciolo della questione e a quello che ci riguarda da vicino. Quale sarebbe il vantaggio di un azionariato popolare a Cosenza? La risposta, oggi, è: nullo. Ma non perché diffidi dalla pratica in sé ma perché sarebbe come concedere una raccolta fondi ad un presidente le cui parole investimento, programmazione, partecipazione, dialogo, condivisione e lungimiranza non esistono nel suo vocabolario senza peraltro avere voce in capitolo in sede di assemblea. Bene, chiamiamo le cose con il loro nome: trattandosi di Guarascio avremmo a che fare con una colletta in suo favore, probabilmente pure elargita da quella “sparuta minoranza” che oggi lo contesta. Quella colletta che avevano invocato giornalisti o presunti tali sui social per riportare Rivière a Cosenza. Non sarebbe stato altro che erogare una regalia al detentore del capitale sociale, la 4 EL Group cioè Eugenio Guarascio, che il ricevente avrebbe utilizzato come meglio crede (ingrossare il suo tesoretto) non avendo alcun vincolo di utilizzazione delle somme.
Ma ci sarebbe stato un problema a monte insormontabile. Un arbitrato terzo avrebbe dovuto dare un valore a queste quote. Quindi portare a conoscenza bilanci non ancora pubblici, situazioni patrimoniali ed economiche infrannuali, elenco clienti e fornitori, contratti, situazioni debitorie presso agenzia della riscossione e situazioni aggiornate su accertamenti dell’agenzia delle entrate. A Cosenza queste cose non si fanno, le carte non le fa vedere, il nostro famigerato, né a chi pubblicamente le richiede e né a chi le richiede per portare avanti la trattativa. 
A Cosenza, ora come ora, l’azionariato popolare non servirebbe a nulla, sarebbe solo un ingenuo gesto d’amore verso i nostri colori. Un po’ come fare un abbonamento allo stadio. A proposito di abbonamenti. Vox populi danno per certo che una parte, non minoritaria, degli abbonati 2019/20 non sia stata rimborsata. 
Il suo tempo a Cosenza è finito. Deve andarsene. Cedere e andarsene. Sarebbe meglio prima pagare TUTTI i debiti, cedere ed andarsene.

Giovedì, 1 luglio 2021
a firma
Nevermind, Eternauta Rossoblù

 

VA’ ZAPPA

 

In verità, in verità vi dico: guagliù, òij a ra Conad è binùtu Garritano a fà ‘a spìsa. Cumu m’ha visto m’ha dittu “tantagùri”. C’hey dittu “agùri ‘i cchi?”, m’ha rispùsu “un sa nente? U Chievo è mùartu… è fallito”.
E mò ni ripescano.
(
dal Vangelo secondo Whatsapp)


Nei primi anni 2000 – quando in effetti i telefoni cellulari e internet esistevano entrambi, ma non si era ancora verificata davvero la micidiale combo tra i due elementi -, mentre nel mio garage riadattato a garçonniére giocavo a Resident Evil per Playstation, intorno alle cinque del pomeriggio ho cominciato a sentire un brusio crescente proveniente dalla piazzetta oltre il mio cortile. Dopo pochi minuti di quell’insistente vociare, sempre più incuriosito ho messo in pausa lo sterminio di zombies che stavo portando avanti senza il benché minimo scrupolo di coscienza – tanto sono già morti una volta – e mi sono affacciato.
Fuori, nella piazzetta davanti al mio condominio, c’erano i miei vicini di casa. No, anzi, c’era tutto il quartiere, a dire la verità.
E mò che è? C’è una veglia funebre? Un sit-in?
No, NubeDT” mi ha risposto la ragazza del terzo piano “siamo qui al sicuro in attesa che passi il terremoto“.
In fede mia, non mi ero accorto di nulla. Sterminare zombies distrae dalla realtà quotidiana.
Beh, ma è passato, no? Mica sento la terra tremare
Nient’affatto. Deve ancora arrivare. Dicono che ci sarà alle cinque e mezza“.
Stranito, ho provato a pensare a come sarebbe bello poter evitare tragedie da centinaia di migliaia di morti, se i terremoti si potessero prevedere, addirittura dando un orario. Ma siccome le tragedie con centinaia di migliaia di morti più distruzione & disperazione si verificavano allora e si verificano tuttora, mi sorgeva l’insuperabile difficoltà di credere a quella storia.
Scusate tutti, dicono… chi? Chi è che dice che alle cinque e mezza ci sarà il terremoto a Cosenza?
Il Dipartimento di sismologia della facoltà di geologia dell’UNICAL“, mi ha risposto il quartiere con un’unica solenne voce corale.
Il… il dipart… ho capito bene? Il dipartimento di…
…Di sismologia della facoltà di geologia dell’UNICAL.”
Lo avrei trovato più credibile se mi avessero raccontato che la voce non era una voce ma un comunicato serissimo e ufficiale del dipartimento di Cthulhulogia della facoltà di Grandianticologia della Miskatonic University di Arkham, Massachussets.
Le cinque e mezza divennero le sei, poi l’apocalisse fu spostata alle sette meno un quarto, poi alle sette e mezza, infine la gente del quartiere (e di tutta la città, parimenti riversatasi in strada in attesa del Giorno del Giudizio) si convinse che probabilmente era una bufala.
Io non ero intanto più tornato nel mio garage riadattato a garçonniére a sparare agli zombies, ma solo perché la ragazza del terzo piano era bona & ricca.


Cosenza non ama la vita piatta.
La vedi, è una città moderna, una metropoli in miniatura, la guardi e ti appare placidamente incatenata al solito trantran come qualunque mondo di provincia, da nord a sud – ma sotto la cenere del quotidiano arde una brace di sete d’avventura e novità che negli anni si fa sempre più inestinguibile.
Cosenza indaga, scruta, cerca. Cosenza sa che c’è sempre qualcosa dietroCosenza mica la freghi.
Cosenza, da tempo, segue con passione e interesse vivissimo l’epopea magistrale di un radiodramma in puntate velocissime (da trenta secondi a un paio di minuti l’una), che si trasmette viralmente via whatsapp, godendo della diffusione garantita oggi dalla tecnologia informatica moderna. Un’opera straordinaria, un capolavoro di comunicazione moderna, una visione immaginifica che – quando e se mai finirà – dovremo raccogliere tutta, puntata dopo puntata, in un unico CD da vendere in tutte le edicole, per poterne ammirare totalmente il completo splendore, che è ben più che la somma delle sue singole parti.
Qual è stata la prima puntata? Nemmeno si sa. Io stesso posso soltanto citare quelle (poche) che sono arrivate fino a me, sotto forma di audio whatsapp. Ne ricordo una, non la prima certo, ma abbastanza significativa: più o meno un anno / un anno e mezzo fa, con accento cosentino, una voce maschile – che a me, audio dopo audio, sembra sempre la stessa, ma chi sono io per mettere in dubbio la genuinità della pluralità delle fonti? – diceva che “un mio amico che lavora per un grosso studio legale di Milano mi ha detto <so che sei tifoso del Cosenza, voglio farti un regalo: sai chi sta per comprare il Cosenza?>, e beh, io lo so già che non mi crederete, ma vedete come ve lo dico, pensate quello che volete ma ve lo dico lo stesso qual è il nome che mi ha fatto: Moratti“.
La riprova della viralità di simili files sta nel fatto che io stesso, per divertimento, l’ho girato ad alcuni amici – e il giorno dopo altri amici, ignari, lo hanno girato a me. E chissà che identica cosa non sia successa persino allo stesso autore dell’audio, che si sarà visto recapitare come notizia certa il suo stesso file.
No, un attimo, che è questo scetticismo? Specifico: sono senza dubbio tutte notizie certissime.


In questa meravigliosa epopea popolare si è innestata negli ultimi tempi una saga particolare, quella di Luca Garritano. Luca, mezzala di talento, si presta perfettamente al ruolo per vari motivi: gioca proprio nel Chievo indiziato di fallimento – con conseguente ripescaggio in B del Cosenza -, è di Cosenza (il che renderebbe verosimile che lui di passaggio in città dalla famiglia vada a fare la spesa alla Conad) e tifosissimo dei Lupi, e soprattutto per giunta nella clamorosa salvezza della stagione 2019-2020 ha ricoperto il ruolo più significativo, anche se già militava nelle fila dei veneti: ha segnato lui al Pescara il gol che ha dato la matematica certezza della salvezza diretta. Poesia. Un cosentino nato a cento metri dallo stadio, nel quartiere San Vito, che come nelle storie più dolorose di questa terra emigra al nord per lavoro (e come si fa a dire di no? Verona è parecchio a nord e lui è lì per lavoro, no?) segna in Chievo-Pescara, a due minuti dalla fine (!!!), il gol che condanna gli abruzzesi ai playout e regala la salvezza al Cosenza.
Il tutto mentre Rivière contro la Juve Stabia finiva di mettere in mostra con la nostra maglia il suo fantascientifico repertorio di meraviglioso fuoriclasse finito per un anno chissà come a Cosenza.
Luca si presta, dicevo. Sembra fatto apposta per le vibranti, emozionanti sceneggiature di questi files audio. Inizia così la Saga di Garritano, altrimenti intitolata Garritano mi ha detto, che in varie, appassionanti puntate (Garritano alla ConadGarritano alla EssoGarritano a Corso MazziniGarritano al telefono con suo cuginoGarritano e le Miniere di re SalomoneGarritano alle Montagne della FolliaGarritano colpisce ancoraGarritano alla riscossaGarritano contro tutti) racconta le varie evoluzioni e soprattutto le tribolazioni del Chievo che non ha un euro e non paga gli stipendi, il tutto garantito dalla stessa voce maschile di sempre – oh, a me sembra sempre la stessa, che ci posso fare? -, evidentemente un amico di Garritano e forse anche un dipendente della Conad o almeno un assiduo cliente, a cui Garritano (da bravo cosentino infiltrato presso i clivensi) svela il tragico futuro della società di Campedelli e dunque quello roseo del Cosenza, prossimo al ritorno in B mediante ripescaggio.
Cosenza non la freghi. Cosenza sa cosa c’è dietro.
Il Chievo deve fallire. E’ giusto così. Ci mancherebbe pure. E che, non pagano gli stipendi, li stanno salvando da anni perché sono incriccati col Palazzo, e ancora deve andare avanti questa porcheria? Figuriamoci, mò basta. E poi è tutto vero, lo dice Garritano, lo ha giurato a quello dell’audio su whatsapp.
E’ come quel famoso terremoto profetizzato a inizio anni 2000, quello che sembrava uscito dalle quartine di Nostradamus, quello che ancora non c’era whatsapp ma in qualche modo la voce si è diffusa in un lampo ugualmente. Tutta la città in strada a scongiurare il rischio che la casa cadesse sulle nostre teste. Del resto, lo ha detto il dipartimento di Sismologia della facoltà di Geologia dell’UNICAL.
Guarascio sa tutto, ovviamente. No, non del terremoto – del fallimento prossimo del Chievo, ecco di cosa sa tutto; ed ecco perché è tutto fermo. No, non prende allenatore e DS perché prima vuole aspettare di essere ripescato. Ed ecco anche perché ha resistito a tutte le offerte per rilevare il Cosenza: mica è fesso che vende oggi una società di serie C al prezzo relativo di una società di serie C, se poi tra qualche settimana diventa una società di serie B. E che, ci va a perdere i soldi così? No, no, è tutto fermo perché lui aspetta, come un volpone.
(A me l’immagine evoca più uno sciacallo, ma transeat).

Io vorrei scriverci un libro, su tutto questo. Altro che soldi di Guarascio, ci farei.


Mercoledì, 30 giugno 2021
a firma
NubeDT

 

TRATTATO DI ITTIOLOGIA SATIRICA. IL PESCE SPAZZINO

 

L’ondata di caldo estivo è ormai arrivata. E con essa la voglia di mare. Pur restando ancora confinato in luoghi cittadini, lontano dalle amate terre calabresi, sono sicuro che i cosentini avranno iniziato a fare le prime balneazioni. Ma non credo che queste siano ancora sufficienti per sedare la collera dei tifosi. E come dargli torto? Non solo si è assistito ad una delle più pietose stagioni della Storia dei Lupi, ma la farsa del silenzio messa in atto dalla Società aumenta ancora di più il sentimento collera “idrofoba” (intesa come virus della rabbia, non come la paura dell’acqua)! E sale ogni giorno di più. Al momento siamo impotenti nel poterla sfogare adeguatamente. Ma Noi, i conti li sappiamo fare “sul serio”. E visto che – come disse il poeta Stanislaw Lec – «La rabbia impotente fa miracoli», nell’attesa che si possa giungere ad una soluzione che ci faccia sfogare adeguatamente – e rendere il responsabile di questo scempio consapevole che il suo tempo a Cosenza è finito (ma qualcosa forse ha già capito)  sfrutto questo spazio per riempirlo con un po’ di salutare satira. Di quelle che fanno passare il tempo e aiutano il proverbiale ingegno cosentino a trovare nuovi modi per insultare il bersaglio delle nostre giuste critiche. Del resto, se per il grande Norman Douglas «non vi è altra città sulla faccia della terra che possa competervi per originalità e perspicacia di pensiero» quando parla di Cosenza, bisogna mantenere salda questa tradizione! L’altra volta avevo commentato la foto del Presidente a Roma in termini critici. Questa volta farò uso di termini ridanciani, e anche pseudoscientifici. Se osservate bene la foto sotto

potreste avere l’impressione di vedere una persona sulla battigia intenta a parlottare. Niente di più sbagliato! Dopo varie ricerche ho stabilito che non si tratta di un normale essere umano, bensì di un pesce. Proprio così, un pesce. Nella fattispecie un Parente dei loricaridi, detto Ancistrus Guarascianus. Tale specie è volgarmente nota come “pesce spazzino”. Ne parla in maniera edotta il famoso Ittiologo Marcus Elieser Bloch, in uno dei suoi famosi trattati intitolato Naturgeschichte der ausländischen Fische (letteralmente “Storia Naturale dei pesci stranieri”), e dedica un capitolo molto approfondito a questa strana “specie”. I pesci spazzino sono notoriamente pesci d’acqua dolce, dediti alla pulizia dei fondali, che si utilizzano negli acquari per mantenerlo pulito. Sono capaci di mangiare ogni sorta di rifiuti, dalle alghe ai residui alimentari, fino agli escrementi degli altri ospiti in vasca. Vengono anche definiti dei piccoli aspirapolvere in quanto non necessitano di particolari cibi. Ma l’Ancistrus Guarascianus si differenzia dai suoi “Parenti”. Innanzitutto la forma piccola rotondeggiante lo rende più portato ad essere anfibio. Lo scarso crine laterale alla testa, gli permette di “respirare” in qualsiasi condizione, anche le più improbabili. Sopravvive in qualsiasi acqua, dolce o salata che sia. Inoltre è capace di emettere suoni che hanno un’emissione vaga, simili ma di fatto incomprensibili all’orecchio umano. Ma, a differenza delle specie d’acqua dolce, il Guarascianus necessita di maggiore nutrimento all’interno di un ecosistema predisposto per lui. E qui, l’esimio Dottor Bloch, introduce un altro pesce, l’Oblada melanura detto volgarmente Pesce Occhiata. Nonostante scientificamente non ci siano molti casi confermati, pare che l’occhiata tenda a “favorire” il nutrimento dell’Ancistrus. L’Oblada del resto – in quanto sparide – è un pesce che ha grosse capacità “nutritive”, quindi è in grado di fornire un ecosistema adeguato al Guarascianus. Il problema è che la presenza di tale pesce tende ad impoverire l’ecosistema circostante, rendendolo parassitario e venefico. Pare siano accertati anche casi di allucinazioni “doppie” e di solco linguale allungato e salivoso nelle persone che ne vengono a contatto troppo spesso a contatto. Fortunatamente, questa categoria ha bisogno però di essere “tutelata”. E’ noto infatti che tali pesci muoiono facilmente per malnutrizione con la pancia incavata. Ergo, non è difficile sbarazzarsene con una continua mirata “dieta privatrice”. Bisogna armarsi solo di pazienza. Detto ciò, auguro a tutti una buona balneazione. Tranne, ovviamente, al pesce spazzino.

martedì 29 giugno 2021
a firma
Sinn Feìn

RADICI

Amici miei, ci eravamo illusi e siamo purtroppo dovuti tornare alla dura realtà: grazie alla promozione in serie B eravamo tornati ad abbracciarci sugli spalti delle città del centro/nord dello stivale, al seguito del nostro amato Cosenza, mentre ora tocca tornare a vedersi molto saltuariamente, quando ci riesce di organizzare – com’è successo oggi (ieri, ndr) – una “ciambotta di protesta”.

Certo che ci si è messa anche la malasorte: dei tre campionati disputati in cadetteria, siamo riusciti a sfruttarne per il nostro redblue tour appena uno e mezzo, per via della pandemia, da un lato e della dissennata gestione operata da Guarascio, dall’altro!

Eh già, l’ultima trasferta al seguito dei Lupi risale al lontanissimo – ormai – 16 febbraio 2020, in occasione di quel Livorno – Cosenza un 0-3, impreziosito dalla pregevole sforbiciata di Asencio (e chi se la scorda?); fu la prima trasferta con Pillon in panchina, dopo l’esonero di Braglia. Nel frattempo, da allora, ne è passata acqua sotto i ponti: siamo riusciti a salvarci miracolosamente una prima volta, per poi retrocedere in malo modo in quest’ultima stagione appena conclusa. 


Così a noi, esuli dalla nostra terra e sfegatati tifosi rimane, più che a chiunque altro, il cerino in mano. Già, perché oltre al danno della retrocessione (le invettive al presidente si sprecano), la beffa di non potere più seguire i rossoblu perché le trasferte in C diventano proibitive per le distanze, quindi, di non poterci incontrare, di non poter continuare a rinsaldare vecchie amicizie. Non ci rimane che organizzare, di tanto in tanto, giornate come quella odierna, in cui ciascuno di noi si sobbarca chilometri su chilometri solo per vedere i fratelli del branco: le partite live, quelle, almeno per un po’, ce le scorderemo! 


Scrivo ciò per trasmettere per l’ennesima volta, a chi non riesce, fa finta, o non vuole capire, il forte senso di appartenenza e l’enorme passione che guida chi vive lontano dalla propria terra, dalle radici cui si è indissolubilmente legati. Questo aspetto – la lontananza – non di rado, nel confronto con altre anime della tifoseria, viene addirittura indicato come un fattore che quasi sminuirebbe lo “status” di appassionati, di tifosi, di malati d’u Cusenza, tant’è che spesso ci si sente rinfacciare il fatto che, non vivendo più in città o in provincia, certe dinamiche ci sfuggirebbero e non sarebbero – per noi emigrati – comprensibili (come se non fossimo in grado di accedere, come tutti, alle informazioni; o come se non avessimo amicizie e parentele che ci permettono di avere le notizie e persino le voci di quartiere, in tempo reale!). Allo stesso modo, ultimamente, mi è capitato di leggere sui social persino che, il non poter partecipare a riunioni o a manifestazioni in loco, costa l’appellativo di tifoso da tastiera o da divano.

No, non ci sto!

Qui abbiamo almeno pari dignità, se non di più! Prendo ad esempio le iniziative che alimentano la protesta contro Guarascio fatte registrare dappertutto, anche all’estero, come quella inscenata oggi (ieri ndr) qui, nel modenese, con gli amici dell’Armata Bruzia (foto): hanno forse meno importanza o fanno meno clamore rispetto a quelle portate avanti a Cosenza? Oppure il gruppo Facebook, Tifo Coerenza – Sparuta Minoranza, a cui ha recentemente dato vita un noto ultrà – Piero Lato – per raccogliere la protesta proprio di chi è lontano da Cosenza, ha forse meno peso di qualsiasi altra pagina social nata per iniziativa presa da chi vive nel capoluogo bruzio? Ed ancora, le firme della petizione raccolte online da Cosenza nel Cuore che sono state consegnate in Comune dalla stessa associazione, c’è da giurarlo (la mia c’è!) provengono anche da chi vive fuori: valgono, forse, di meno?

A ben vedere, semmai, è l’esatto contrario: chi vive fuori potrebbe avere meno condizionamenti, interessi e peli sulla lingua, quindi godere addirittura di maggiore libertà ed obiettività. Ricordo, ad esempio, sul Forum Cosenza United, una lettera aperta scritta proprio da cosentini emigrati indirizzata al presidente Guarascio che, sebbene fosse datata 14/8/2020 – quasi un anno fa – prefigurava bene i rischi che si correvano per la dissennata gestione della Società. Una voce che veniva da fuori Cosenza, che io convintamente sostenevo poiché analizzava, in modo imparziale e senza filtri, la penosa situazione, mentre nel capoluogo silano regnava il silenzio più assordante. Anzi, l’anno scorso ricordo, nemo propheta in patria, tantissimi che da Cosenza continuavano a criticarmi per la mia posizione – giudicata estrema – volta a stigmatizzare la scellerata impostazione imprenditoriale di Guarascio. Così mi sono sentito replicare – com’è successo ad altri – frasi tipo: “ma come fai a criticare?… ha i conti a posto… paga i giocatori… non è mai retrocesso… se va via lui chi? Nessuno vuole il Cosenza… che investimenti pretendi, vuoi un nuovo fallimento?”. Et cetera, et cetera!

Alla fine il tempo è stato inesorabile giudice ed ha dato ragione purtroppo a me ed a quelli che la pensavano come me. Se la tifoseria fosse stata compatta, almeno l’anno scorso, dietro all’idea di una conduzione dignitosa del club e quindi della costruzione di una squadra degna, di investimenti e di dotazioni di infrastrutture, forse non parleremmo oggi di retrocessione e non si penserebbe addirittura allo spettro dell’ennesimo fallimento . 


Insomma, in conclusione, voglio dire che per me è sbagliato assumere atteggiamenti volti a ritenere una determinata voce del tifo superiore ad un’altra o viceversa, perché bisognerebbe al contrario cercare, soprattutto in un momento delicato come quello che stiamo vivendo, unità d’intenti e coesione contro l’unico comune nemico, €ugenio Guara$cio (passatemi questo stratagemma morfologico: spiega anche graficamente, attraverso l’applicazione al nome del patron del simbolo di valute, la sua ormai proverbiale avidità!) con l’obiettivo di fargli lasciare la gestione della nostra comune passione. 


#ioboicottoguarascio  #guarasciovattene

lunedì, 28 giugno 2021
a firma
Sapiens

 

SQUARTO POTERE

 

…E così, sono stati quattro i giornalisti, su cento partecipanti (più o meno pare di aver capito questi numeri) ad aver deciso per dignità di abbandonare il gruppo whatsapp dedicato alle comunicazioni Cosenza Calcio / Stampa, per protesta contro il temporeggiamento e poi il silenzio – che sono seguiti alle sacrosante richieste di poter avere in una conferenza stampa il Presidente Guarascio – per sentirlo rispondere finalmente a domande e illustrare passato e soprattutto futuro del Cosenza: richieste a cui è seguito, invece del passato e del futuro, questo immutabile presente fatto di assenza.
Di tre di loro conosciamo i nomi perché lo hanno fatto presente loro stessi – uno di loro (Eliseno Sposato) ha ricavato poi da questo un pezzo apparso sulla testata online per la quale scrive (solocosenza.com). E ci sta, sono 45 giorni che non c’è assolutamente nient’altro da scrivere sul Cosenza che non sia la solita sfilza di nomi più o meno veri o verosimili (quelli oggi in auge sono Argurio come DS e Boscaglia come allenatore), di qualcosa per buttare giù due righe si dovrà pur parlare. Eliseno Sposato, già che c’è, indulge intanto anche con un’appassionata difesa della categoria, ingiustamente bistrattata da molti (“se attacchi la società sei tagliature, se non la attacchi sei lecchino“) e a questo ci accompagna velatamente, senza mai fare veri riferimenti, la solita (unica) critica che chi ci attacca rivolge a questo blog: il fatto che qui ci siano nickname a firmare i pezzi, e non nomi e cognomi.
Sarà un caso, ma lui scrive la stessa cosa di chi non ci trova piacevoli, e se la prende genericamente (mi perdonerà se io mi sono sentito chiamato in causa, e come me il resto della nostra redazione) con chi “si sente depositario del vero tifo” ma senza scrivere “con nome e cognome“.
E sì che lo riportiamo chiaramente a inizio pagina, che non siamo una testata giornalistica. Da che mondo è mondo, o se preferite da che web è web, sui blog, nei forum, persino su Facebook (che pure teoricamente pretenderebbe identità reali) ci si firma con pseudonimi; da noi, unici nella storia di internet, si pretenderebbe che ci mettessimo il nome.
Ma noi qui intanto scriviamo soprattutto opinioni, e lo facciamo su fatti pacifici e da tutti conosciuti e considerati veri: costa tanto, a chi non ci gradisce molto, discutere l’opinione in sé? Ci deve per forza associare un nome?
In ogni caso, che ce l’avesse con noi (come parecchi, d’altro canto) o meno Eliseno Sposato, io non sono qui a parlare di questo né ce l’ho particolarmente con lui per questa questione.


No, il punto di cui voglio discutere è un altro – e attiene proprio all’allontanamento volontario dei giornalisti, Eliseno Sposato in testa, dal gruppo whatsapp di comunicazione con l’addetto stampa. Allontanamento, come detto, scelto e operato perché alle reiterate (si fa per dire…) richieste dell’incontro pubblico con Guarascio, sia seguito in risposta solo un vi faremo sapere, prima, e un comunicato in cui si comunicava che si sarebbe comunicato più in là, successivamente. Poi il nulla.
Pieno stile Guarascio, non c’è che dire. E siccome Guarascio è così, lo sappiamo come fa – frase che abbiamo sentito ripetere alla nausea e che è stata sovente utilizzata dai giornalisti stessi per glissare sulle mancanze terrificanti del presidente anziché fare fuoco e fiamme contro una simile condotta – allora i nostri, come detto, hanno deciso per dignità di abbandonare il gruppo, tanto esserci o non esserci, sembrano voler dire, è lo stesso, Guarascio si comporta così comunque, ma almeno andandocene salviamo la nostra dignità professionale.
Orbene, alla loro dignità professionale io tengo particolarmente, e non scherzo. Non fosse altro perché tengo particolarmente alla dignità professionale (e lavorativa in generale) di chicchessia. Non amo il lavoro e sono ben lungi dal credere che nobiliti l’uomo (frase fatta che serve a schiavizzare il prossimo col sorriso): il lavoro fa sudare, è faticoso (fisicamente, intellettivamente o entrambi), è certamente utile alla società ma io preferirei che fossero gli altri a svolgerlo, amando di più le vacanze. Ma proprio perché non amo il lavoro, tengo molto alla dignità professionale del prossimo mio: se uno lavora (anziché essere in vacanza) sono solidale con lui e reputo che debba essere pagato fino all’ultimo centesimo per quello che fa. E che quello che fa e la sua persona debbano essere rispettati. Quindi, quanto alla dignità professionale e umana di Eliseno Sposato, giù le mani, Guarascio in primis.
Premesso questo, devo dirmi in totale disaccordo con la fuga del quattro giornalisti dal gruppo whatsapp che per me rappresenta, e lo dico senza paura di usare espressioni forti, semplicemente una diserzione.


Parliamoci chiaro: chi fa parte di un gruppo whatsapp in cui è possibile chattare con l’addetto stampa del Cosenza Calcio e avere un rapporto comunicativo con la società e, sia pure indirettamente, col presidente, per quanto mi riguarda è un privilegiato. Io una simile possibilità non ce l’ho – e non ce l’ho, giustamente, perché non mi spetta – non essendo io un giornalista. Giusto così.
Però far parte di quel canale comunicativo è uno di quei privilegi giusti, dunque, che in quanto tali (giusti) sottendono degli oneri. Questo, in particolare, non è un privilegio che si ha per sé, ma per i tifosi. I tifosi, tra cui io, non possono avere una chat dedicata in cui poter parlare col Presidente o con chi per lui, e quindi per poterlo fare devono agire indirettamente, appoggiandosi a quei giornalisti che – per sacrosanto diritto di chi fa il loro mestiere – questo mezzo ce l’hanno e devono utilizzarlo anche facendosi portavoce della tifoseria. La tifoseria – e qui mi permetto di parlare a nome di tutti, certo che l’intera Cosenza sarà d’accordo con me – è interessata tutta a questa conferenza stampa. Ha una irrefrenabile voglia di assistervi. La tifoseria vuole Guarascio davanti a un microfono a rispondere a domande precise. E pretende anche rassicurazioni sul futuro, visto che sono 45 giorni che non si muove foglia, mentre il resto del mondo sta già programmando la prossima stagione!
E chi ha questo privilegio cosa fa: se ne va? Vi rinuncia? Abbandona il gruppo whatsapp?
Ma nemmeno per idea! No, io non posso giustificare, nemmeno per la loro dignità, il gesto dei quattro giornalisti. Hai chiesto questo sacrosanto incontro stampa / Guarascio, ti è stato risposto mò vedo, riferisco al presidente, vi faremo sapere. Settimane di silenzio dopo hai bussato di nuovo e ti è stato risposto oggi uscirà un comunicato in cui vi faremo sapere. In serata esce un comunicato per dire che il comunicato che vi avevamo promesso non esce, ma uscirà un comunicato poi, non si sa quando. E tu te ne vai?
Lo sappiamo che Guarascio è così, e alla luce di ciò stare in questo gruppo o non starci è la stessa cosatanto lui non ci risponde… e ve ne andate così? Starci o non starci la stessa cosa, e quindi non ci state?
Non è la stessa cosa.
Lo ripeto da sempre, io non ne posso più di sentir coprire lo sporco nascondendolo sotto il tappeto con lo sappiamo che Guarascio è cosìCerto che Guarascio è così, ma questo non è un buon motivo per (non) reagire con inania, inerzia e lassismo. E sorrisini di compassione verso il presidente, persino. Cosa cazzo c’è da compatire? Cosa avete da compatire uno che vi ha pubblicamente insultato professionalmente? In quel caso la dignità non ve la siete sentita toccare?
Ma soprattutto, visto come e dove siamo finiti, cosa c’è da sorridere?


Signori della stampa. io vi dico una cosa, una cosa sola.
Io vi posso giurare che, se fossi all’interno di quel gruppo whatsapp, legittimato a tanto e a richiedere in quanto giornalista un incontro pubblico con Guarascio, questa richiesta la presenterei all’addetto stampa ogni santo giorno, tre volte al giorno. La notifica di un nuovo messaggio whatsapp diventerebbe un incubo per il nostro povero, malcapitato giapponese. Tre volte al giorno, tutti i giorni.
Hai chiesto al presidente? Che ti ha detto? Ci hai parlato? Come si trova a fare il bagno a Cetraro? Quando ci parli? Come ha trovato le caldarroste di Roma? Quando esce il comunicato di cui ci dicevi? Quando possiamo sentire Guarascio in conferenza? Quando possiamo chiedergli conto di tutto quello che è successo?
Tre volte al giorno, cari signori, altro che abbandonare il gruppo whatsapp – tre volte al giorno, ve lo giuro, tutti i giorni. Festivi compresi.
Avete presente un martello? Ecco.

Domenica, 27 giugno 2021
a firma
NubeDT

LOTTA AD OLTRANZA

Da quando ho iniziato a scrivere per questo blog, qualche amico mi ha chiesto perchè usi questo pseudonimo, l’eternauta rossoblu. Lo pseudonimo con cui firmo questi brevi scritti l’ho scelto andando a scavare nei ricordi di ragazzo divoratore di fumetti. L’Eternauta fu quello che mi piacque maggiormente. L’ho sempre adorato, ed ancora oggi lo ritengo di estrema attualità, accostandolo a tutte quelle realtà in cui c’è un tiranno ed un popolo che si ribella.

La storia è molto bella. Una notte di un giorno imprecisato della seconda metà del XX secolo un uomo si materializza improvvisamente a casa di uno scrittore di fumetti di Buenos Aires: si chiama Khruner, ossia “il vagabondo dell’infinito” e spiega di essere “l’eternauta”, un pellegrino dei secoli che vaga alla ricerca della sua epoca e del suo mondo. Khruner inizia quindi a raccontare allo scrittore la propria storia. A seguito di una “nevicata” di origine aliena viene decimata la popolazione di Buenos Aires. I sopravvissuti si organizzano con tute e respiratori per sopravvivere. I militari organizzano la difesa contro gli invasori alieni raggruppando i sopravvissuti nello stadio monumentale della città. Dopo vari attacchi da parte di insetti-robot telecomandati e di un’astronave aliena, prende avvio una guerra di logoramento psicologico dove gli assediati nello stadio incominciano ad avere allucinazioni provocate da una nuvola bianca artificiale. Khruner e altri escono in esplorazione e si imbattono in alcuni uomini ai quali gli alieni hanno applicato degli apparecchi per ridurli all’obbedienza. Così si ritrovano faccia a faccia con uno degli invasori, noti come Kol, che riescono a prendere come prigioniero. Questi rivela che i Kol non sono i veri invasori: per sottometterli ai propri voleri, i veri invasori hanno innestato ai Kol una ghiandola che li fa morire nel momento in cui provano paura. I veri invasori, che nel fumetto non si vedranno mai ma tutti chiameranno “LORO”, hanno sottomesso anche i Gurbos, mostruose creature che fanno parte anch’esse dell’avanguardia dell’invasione aliena. Khruner torna allo stadio per riferire quanto ha scoperto. I militari decidono di attaccare gli invasori ma vengono decimati dagli uomini-robot e dai Gurbos. Khruner con altri arrivano nel quartier generale dell’invasione aliena dove neutralizzano il congegno che comanda a distanza gli attacchi e dopo riescono a lanciare una testata nucleare che sembra aver sconfitto gli alieni. Ma poco dopo riprende a nevicare. Ascoltando la radio il gruppo scopre che ci sono altri sopravvissuti in altre parti del mondo e si stanno organizzando centri di raccolta dove i nostri si dirigono, ma risulta trattarsi di un inganno, dal quale però Khruner e la sua famiglia riescono a salvarsi. Per sfuggire Khruner riesce a rifugiarsi nell’astronave degli alieni e, tentando di manovrarla, aziona casualmente una sorta di macchina del tempo e si ritrova a vagare per mondi paralleli. Qui finisce il lungo racconto allo scrittore. Khruner crede di essere riuscito a tornare nel suo universo e ritrova la sua famiglia. Lo scrittore intuisce invece che quello che gli è stato raccontato corrisponde a ciò che accadrà alla Terra e la storia si conclude con il fumettista davanti alla casa di Khruner, preoccupato per quello che succederà in futuro, e si domanda come potrà evitare tutto questo orrore, forse pubblicando tutto ciò che l’Eternauta gli ha raccontato, sotto forma di fumetto.

Il fumetto fu scritto da Hector Oesterheld e disegnato da Francisco Solano Lopez, argentini entrambi, ed uscì per la prima volta nel 1957. Fu allora ed è più chiara oggi che la storia fu una chiaroveggente metafora della dittatura militare che da lì a poco sconvolse, e per molti anni, l’Argentina. Hector Oesterheld, insieme alle sue tre figlie, pagò con la vita la sua opposizione al regime andando ad ingrossare le fila dei migliaia di desaparecido.

Ma cosa c’entra tutto ciò coi Lupi? Apparentemente nulla, ma per me è una chiara rappresentazione del momento che stiamo vivendo ed i personaggi ci sono tutti. C’è l’invasione silenziosa e letale degli “alieni” (Guarascio, notoriamente non tifoso, spuntato fuori nel 2011 in modo inatteso), ci sono i mostruosi Gurbos (le truppe cammellate del presidente operanti sui social con bugie, mistificazioni e false notizie), gli uomini robot (la maggioranza dei tifosi assuefatti, sino ad ora, al modo di agire dei Kol). Il Kol rappresenta il presidente che guida l’invasione, che dirige le operazioni, che decide, che comanda. Personaggio spietato, ma utile e funzionale allo scopo. E poi ci sono i “LORO”. Chi sono i loro? Non lo sappiamo, nel fumetto non si vedranno mai, e nella nostra realtà possiamo solo immaginarli. Ma sappiamo bene una cosa. Ci sono, ci sono sempre stati, nel passato e nel presente e che guidano il kol e ne indirizzano le sue decisioni. Ma il Kol ha un punto debole. La Paura. La lotta che stiamo conducendo deve portare ad infondere nel presidente la paura di restare solo, lui ed il giocattolo che altri gli hanno regalato, toccandolo su quello che ha di pù caro: il portafogli. La lotta è appena iniziata dobbiamo tenere duro e boicottare il presidente sotto qualsivoglia aspetto della sua gestione. Botteghini, sponsor, gadget, abbonamenti tv, striscioni, volantini, manifestazioni, cercando in tutti i modi di essere uniti, perchè abbiamo un nemico in Comune…. Non dobbiamo mollare. E non dobbiamo farci prendere dallo sconforto o dalla frenesia, magari pensando ad improbabili cloni del nostro Cosenza. “La storia si ripete sempre due volte: la prima volta come tragedia, la seconda come farsa” (Karl Marx).

Sabato 26 giugno 2021
a firma
Eternauta Rossoblu

ASPETTA E SPERA…

L’ultima volta che abbiamo sentito pubblicamente la voce del patron Guarascio è stata tra il primo ed il secondo tempo della partita di Empoli quando – alla prima domanda del telecronista Rai – ha esordito in maniera grottesca pronunciando l’insensata ed imbarazzante frase “siamo in linea con la pandemia”. Come ricorderete, la partita terminò con una disfatta senza attenuanti. Ciononostante, i risultati altalenanti delle altre squadre invischiate nella lotta per la salvezza, come il gol di Tutino a Pordenone ecc. lasciavano ancora aperte le porte ad una clamorosa possibile salvezza. Ma i miracoli calcistici non accadono sempre, e l’illusione di un altro prodigio è tramontato, miseramente, dopo qualche giorno attraverso le ennesime apatiche prestazioni di capitan Corsi e compagni. Con la bruciante retrocessione, senza nemmeno l’ultima chance offerta dai playout (quasi un record negativo per la serie B), nella triste giornata a Lignano Sabbiadoro.

Da quel 4 maggio dicevamo, il patron Guarascio ha dato pubbliche notizie di se solo attraverso uno striminzito comunicato (senza metterci la faccia!) al quale ha affidato le sue strane scuse per l’epilogo della stagione, con la promessa di un pronto riscatto per ridare lustro ed orgoglio agli “sbiaditi” colori rossoblù. Sono trascorsi invece più di 40 giorni infruttuosi e di silenzio assoluto. Nel frattempo la società del Cosenza ha fatto notizia solo in negativo: I soldi persi per il minutaggio degli under Italiani (unica squadra a dover restituire circa 900 mila euro!) , il mancato riscatto di Antzoulas (tra i più forti dello scorso anno e di sicuro avvenire), nessun nuovo Ds e nuovo allenatore. Di vendere il Sig. Guarascio non ci pensa nemmeno. Eppure i possibili acquirenti si sono palesati, anche da fuori regione (i Salernitani ad esempio, di cui noi avevamo dato in anteprima la notizia). Invece il Parentese – o Lametino – con la costanza dell’uomo tutto d’un pezzo, va avanti per la sua strada. Forte di non si sa che cosa, visto che il blog La Bandiera Rossoblù ha anche dimostrato – attraverso l’esame contabile del bilancio – come la situazione economica è meno florida di quello che si è sempre “mitizzato” fino a poco tempo fa con il mantra sui “conti in ordine e senza debiti”. Anzi, alcune situazioni risultano poco chiare ed avrebbero richiesto un approfondimento quantomeno giornalistico.

I tifosi dal canto loro hanno già espresso la loro posizione, attraverso l’affissione di cartelli con l’ormai noto slogan “Guarascio Vattene” esposti dappertutto, persino fuori dai confini nazionali. Negli ultimi giorni parte degli storici ultrà hanno appoggiato una mezza idea di costituire una nuova società in serie D con l’acquisizione del titolo sportivo della vicina Rende. Tralasciando il discorso del titolo sportivo (ancora? Ma non si impara mai?), ma i nomi accostati a questa ipotetica nuova seconda squadra hanno risvegliato in chi scrive quella fastidiosissima orticaria colinergica che credeva ormai debellata da tempo, ed accantonata insieme agli antistaminici utilizzati nel 2003 ed ancora nel 2011. E non solo! Un dejavù allucinante, degno del miglior Dario Argento per chi ha vissuto da vicino questa categoria. Solo chi ha seguito per troppi anni l’ex campionato dilettanti, tra improponibili derby ed inventate rivalità con Catrovillari, Corigliano, o Rossanese , sa di cosa si parla. Il derby dei due Cosenza come punto più basso della nostra storia calcistica. Ed ancora Sibille Cumane, Gelbison , Fincantieri Palermo ed Eboli… Come dimenticare Eboli? Una scampagnata pacifica di torpedoni con donne, ragazzi e meno giovani che per poco non finiva in tragedia. A quanto pare però la sciagurata ipotesi delle due squadre sembra essere scongiurata e le parole del detentore del marchio del “Cosenza1914” il Sig. Giuseppe Citrigno appaiono, per fortuna, una pietra sepolcrale sul progetto!

Rimane in piedi l’ipotesi del possibile ripescaggio in serie B ai danni del Chievo, che palesa problemi economici. La tifoseria però è compatta, e con “Gargamella” ancora al suo posto allo stadio non si entra, neanche in cadetteria! Non ci sono scuse, il Patron con la messa in piega laterale si è dimostrato sempre inaffidabile. Lo spreco dei tre anni di serie B sono un’ingiuria ed un affronto insanabile per chi ama questo sport. Con lui al comando, il destino è segnato! Sappiamo benissimo che la serie B attraverso il ripescaggio servirebbe esclusivamente alle sue tasche! Calcisticamente invece, sarebbe un altro anno di sofferenza per noi tifosi, che porterà all’epilogo certo ed assoluto: una nuova, cocente delusione!

Poi si sa, il calcio resta sempre lo sport preferito dai Cosentini, e a certe latitudini è più di un fenomeno sociale. La pandemia quest’anno ha sottratto per troppo tempo anime e cuori sognanti dal sacro tempio che è il nostro Stadio, ed un ulteriore “periodo sabbatico” per molti risulterebbe sicuramente insopportabile. C’è da giurarci pertanto che, alla lunga, una rappresentanza del tifo locale potrebbe ripresentarsi sugli spalti. Agli altri non resta che disertare, continuare ad oltranza la protesta e prolungare l’assenza dal “Marulla”. Nell’attesa, si alzi sempre più in alto il coro “Guarascio vattene”, e se ne unisca un altro, cantato tempo fa dagli ultrà, e purtroppo tornato terribilmente attuale! Alla fine cambia solo il soggetto, sulle note di una canzone del gruppo americano dei Village People “Go west” del 1979, ripresa dai Pet Shop Boys nel 1993 si torna mestamente a dire: “ieri eravamo in B, oggi siamo in serie C, domani un ci simu chiù…”

Giovedì 25 giugno 2021
a firma
Bart S.

 

 

LA ZONA MORTA #7 – MA LA STAMPA COSA (O PER CHI) STAMPA?

 

«Stampando una notizia in grandi lettere, la gente pensa che sia indiscutibilmente vera Questa frase è stata pronunciata da uno dei più grandi scrittori del ‘900 – Jorge Luis Borges – autore di racconti dove sapeva mescolare abilmente la fantasia con la realtà. Ed in molte sue storie, dove la metafora e l’allegoria la facevano da padrone, la fantasia superava spesso la realtà. A volte volutamente. Basta leggere qualche racconto del suo famoso «Finzioni» per capirlo. Quello che però il maestro non poteva immaginare era che – con la creazione e diffusione e del cosiddetto web journalism – si sarebbero ingarbugliate ancora di più le cose nella società odierna. Questo oggi porta sovente i ruoli – di chi la informazione la dovrebbe fare e chi la deve ricevere – ad essere più che mai portati a confondersi. E non per una questione prettamente culturale, ma semplicemente perchè l’informare la gente dei “fatti” oggi è passato in secondo piano, di fronte alla possibilità di monetizzare con quello che si scrive!
Tale particolarità non è stata impostata dagli organi di informazione, ma dai social che ormai imperversano nella vita quotidiana. A questo poi va aggiunto la voglia da parte dei lettori di avere sempre qualcosa su cui parlare (o sparare), tirando fuori ogni giorno un argomento diverso. E la stampa ormai sembra quasi obbligata a “dargli in pasto” una nuova notizia. Altrimenti rischia di perdere i suoi lettori. Quindi ormai non è il contenuto in sé e la sua utilità per chi legge che è importante, bensì il fatto che – dopo che si è pubblicato – lo leggano più persone possibili! Quello che c’è scritto (a volte anche male) a molti non importa quasi più. Perchè entrano in gioco le visualizzazioni, la pubblicità e la monetizzazione ma soprattutto la “tempistica” dell’uscita a rendere l’autore più accettabile e gradito al pubblico, comprese le critiche o l’analisi per ciò che si è scritto.

Questo discorso (ahimè) oggi vale ormai per tutti i settori dell’informazione, anche se non bisogna generalizzare. Nessuno discute che ci sono ancora dei professionisti che seguono tuttora la deontologia ed i sacri principi dell’informazione, è solo che al giorno d’oggi la visibilità regala più soddisfazioni “terrene”. Quindi molti hanno capitolato, o si sono adeguati. E le distanze con i lettori nel ruolo si sono fatte più labili. A volte si percepisce quanto sia il lettore a dettare indirettamente la scaletta con cui i media devono presentare la notizia, non il contrario. Inoltre – come già detto – gli stessi lettori tendono sempre di più a premiare la visibilità che il contenuto. E soprattutto a personalizzare la parola scritta da alcuni esponenti più gettonati, che quello che scrivono. Morale, spesso non è la notizia in sé ad essere interessante, ma il fatto che ne abbia scritto il giornalista Tizio o Caio, che è cool.
Sicuramente vanno fatte delle distinzioni. Perchè è chiaro che, in un ambiente come quello calcistico, il titolo sensazionalistico o lo “scoop” su una trattativa o un acquisto sono all’ordine del giorno. Ed attirano più interesse, indipendentemente se vengono confermate o smentite dai diretti interessati. E magari, anche se uno dovrebbe di regola mantenere la cosiddetta “giusta distanza” (vale a dire l’obiettività nell’analizzare una situazione o persona), ci sono altri fattori. Come avere comunque un “dialogo” con la Società, o anche una linea diretta per comunicare. Quello che veramente conta alla fine della fiera, è se si è pubblicata la specifica notizia perchè era vera (quindi c’era una fonte) o solo perchè si voleva attirare l’attenzione. Ma anche il periodo ed il modo in cui vengono presentati.

Perchè tutta questa lunga premessa? Perchè è necessario fare chiarezza. Più che mai su questa stagione e sul ruolo della stampa. La prima immagine della nostra retrocessione che mi passa per la mente è la voce di Patrizia de Napoli – rotta dal pianto – che annuncia alla radio la nostra ufficiale perdita della Serie B e del fatto che è stata una stagione del «Tutti contro tutti». Immagine emblematica. Come mai? Perchè è corretta come affermazione. Ritengo che quest’anno sia risuonata una critica (del resto, se è un tutti contro contro tutti, nel calderone c’è molto spazio) verso l’informazione cosentina come non si era mai vista. Un critica sintetizzata con la frase Ma la stampa, per chi o cosa stampa?
La prima risposta sarebbe “per l’informazione”, vale a dire per informare i lettori di cosa succede, casomai si fossero distratti. Ma, le variabili che illustravo prima, mostrano come non sia sempre così. E questo porta alla confusione generale di cui sopra. Perchè, se è vero che sicuramente molti giornalisti abbiano probabilmente trattato con troppa leggerezza l’ennesima campagna acquisti ridicola e ritardata, il ritiro farsa, gli evidenti ritardi di preparazione e affiatamento imposti dalla politica Guarasciana, il budget ridicolo, la lite estiva col Ds in scadenza di contratto, i limiti tattici e le dichiarazioni aziendalistiche di Occhiuzzi (e, su di lui, le leggerezze sono state molto grosse e faziose)… ecc, è anche vero che dalla tifoseria che “leggeva” non c’era molta reazione a questo scenario tragicomico.

Da quasi un anno coltivo un hobby. E devo dire che nella fattispecie si è dimostrato molto utile. Lo faccio da quando decidemmo di uscire dal Forum Cosenza United con la famosa lettera a Guarascio (se non l’avete letta, potete trovarla qui, merita). Seguo e salvo tramite screenshot tutte le discussioni che avvengono sui Social. Fu una reazione istintiva quando un corpulento (e per me incompetente) “massmediologo” si permise – in diretta televisiva – mentre leggevano la nostra lettera, di interrompere tagliando con un solenne «ciotariddri!». Da lì ho iniziato a monitorare con più attenzione come la gente reagiva nel leggere cose poco confortanti sulla nostra squadra. Generalmente gli screen shot occupano poco spazio nella memoria del cellulare, io però sono riuscito a raggiungere i 6gb di spazio. 6 gb che mostrano come – da Settembre – ogni lieve alito di vento contrario contro questa gestione fosse irrimediabilmente bollato dalla maggioranza come esagerazione, disfattismo, opinioni dei soliti immarcescibili “tagliaturi”! La situazione non si è fatta nemmeno calda durante il mercato di riparazione dove, magicamente, è sorta la setta dei devoti al “Se”. Su tutte, la corrente che era legata al Se Mbagoku torna quello di tre anni fa merita senza dubbio la palma di più resistente. Ma, nel calcio come nella vita, con i se non si combina molto.

E la Stampa? Qualcosa aveva iniziato a muoversi, visto che a Gennaio con le famose domande a Guarascio da parte di 20 giornalisti (non tutti, eh?) aveva cercato di aprire un canale preferenziale per avere chiarezza su dove si voleva andare a parare. La risposta piccata (e anche arrogante, in alcune trasmissioni ) del Patron, aveva dato il fischio d’inizio verso un graduale raffreddamento – di un rapporto già non idilliaco – che avrebbe portato alla situazione odierna. Una situazione dove l’eccessivo silenzio della stampa viene bollato come complicità. E devo riconoscere che Roberto Barbarossa – che in fondo con Guarascio non era proprio tenero, e che è stato il promotore della conferenza pubblica col Presidente che i giornalisti non hanno ottenuto – ha mostrato notevole presenza di spirito nel rispondere garbatamente a queste insinuazioni sui social. La sua motivazione non la trovo condivisibile (il silenzio aiuta SOLO Guarascio, come avevo scritto una settimana fa) ma fa parte di una scelta ponderata. Inutile per accendere la miccia in tempo, sia chiaro. Io stesso, nella seconda puntata di questa rubrica, avevo sottolineato come qualche articolo veemente non bastasse, ed il fatto che abbiamo pubblicato qui sul blog delle analisi sul bilancio – senza ricevere un ulteriore approfondimento da chi scrive sulle testate d’informazione locale – non depone a favore dei giornalisti.

Ma, arrivati a questo punto, come di consueto, entriamo nella Zona Morta. E nella Zona Morta, come anche nella realtà, non dipende dalla Stampa se si deve portare il proprietario della Squadra a cederla. E’ mai successo che un titolo a caratteri cubitali contro una Società abbia indotto il diretto interessato a vendere? Quale sarebbe l’effetto di leggere GUARASCIO VATTENE su un quotidiano? La rabbia generata da questa gestione non ha bisogno di essere alimentata ulteriormente, se le premesse che l’hanno innescata sono solide. Ed in questo caso le definirei granitiche! Non sono certo un paio di colonne nella sezione sport a fare la differenza! E nemmeno vedere un programma televisivo che sottolinea, punto per punto, cosa Guarascio non ha fatto per il Cosenza. Noi stessi non siamo giornalisti, eppure ogni giorno troviamo un buon riscontro in quello che pubblichiamo, perchè siamo tifosi. E, come già detto a suo tempo, sta ai Tifosi che subiscono questa oltraggiosa situazione portare avanti la battaglia. Alla stampa il compito di informare, come sempre. E se vuole farlo. Se poi qualcuno proverà a nicchiare, tranquilli che una protesta corposa e ad oltranza li costringerà ad “informare” con maggiore dovizia di particolari la volontà dei Tifosi di chiudere i ponti con questa proprietà una volta per tutte! Concentriamoci esclusivamente su questo, non su un grosso titolo della Stampa o su quello che secondo noi dovrebbe scrivere per darci più coraggio. Quello, insegnava Borges nei suoi racconti, sono solo finzioni.

Mercoledì 24 giugno 2021
a firma
Sinn Feìn

THE GUARASHOW MUST GO OFF!


Non solo dedica e tributo ma anche un’esortazione a loro stessi, in qualche modo spronarsi, non arrendersi, farsi coraggio e andare avanti perché, nonostante le speranze, ultime a morire, in cuor loro sapevano che la fine del loro amico era ormai prossima. E, mi perdonino dunque Brian May, l’anima di Freddy Mercury (riposi in pace, spero non si stia rivoltando nella tomba) e tutti gli altri se in questa occasione prendo in prestito il titolo del loro capolavoro storpiandolo, consapevole, ahimè, del sacrilegio che sto per compiere, aiutato anche dalla pronuncia inglese della parola show (sciou) che per fonetica è identica alla parte terminale del cognome del presidente del Cosenza Calcio Eugenio Guarascio ma il gioco di parole è necessario per rendere l’idea del sentimento che pervade non solo il mio animo ma quello di tanti altri: Guarashow must be off! Ovvero, lo “spettacolo” di Guarascio deve finire! Dove, ovviamente, avrete sicuramente capito che spettacolo è un’antifrasi.

Deve conlcudersi e, aggiungo, il prima possibile. La sua gestione a Cosenza è ai titoli di coda e questo lo sa anche lui. Arrendersi e passare la mano. Oltre un mese dalla mesta e annunciata retrocessione – io personalmente ho elaborato il lutto dopo la sconfitta a Pisa – e tutto ancora tace. Il presidente è “latitante” (in realtà ci sono alcuni scatti che lo immortalano a Roma – sembra sia in attesa di incontrare qualcuno o si è semplicemente appostato alle spalle di un venditore ambulante per sgraffignare delle caldarroste approfittando di un suo momento di distrazione – e al mare a godersi il sole). Lecito, per carità. La libertà, quella che purtroppo ci è mancata per ovvi motivi di salute pubblica nell’arco dell’ultimo anno e mezzo, è sacra. E ognuno, nel suo privato, è libero di fare ciò che vuole. Può andare liberamente a mangiare un gelato in compagnia, magari sul corso principale della città, o andarsi a svagare un po’, sempre con la stessa compagnia, all’autoscontro in occasione di un noto evento popolare autunnale. O ancora a farfugliare e blaterare parole senza senso quando gli si mette un gelato (questa volta non quello che si mangia ma il microfono) davanti la bocca. Del resto non contano le parole ma i fatti (già, i fatti…)Ma non è libero di prendersi gioco della passione dei tifosi, con il suo immobilismo e le sue innumerevoli “uscite a vùoto“, come disse a mo’ di scherno in diretta con accento partenopeo in un indimenticabile “duello rusticano” Enrico Varriale all’allora allenatore del Catania Walter Zenga accusandolo, di fatto, di avere sulla coscienza l’eliminazione della nazionale nel mondiale delle Notti Magiche.

Dopo 11 anni cosa ha costruito? Il nulla. Il patron si è ritrovato in cadetteria senza neanche capire come, in 3 anni non ha cambiato di una virgola il suo modus operandi e invece di programmare per tempo e assestarsi e strutturarsi in una categoria che permette di fatturare oltre 10 milioni a stagione ha lasciato che le cose andassero alla deriva da sole confidando nella dea bendata, come se nel mondo del calcio bastasse solo la fortuna, e dilapidando così il patrimonio della Serie B.

L’eredità di Guarascio è una società praticamente senza asset: assenza totale di strutture societarie, parco giocatori ridotto all’osso e insufficiente anche per affrontare un torneo di calcio a 5 tra amici, senza una guida tecnica (ah no aspe’… Occhiuzzi è a libro paga ancora per 2 anni) e senza una guida dirigenziale (ah no aspe’… Vuoi vedere che a Trinchera, scartato a destra e a manca, non è rimasta che la proposta di Guarascio? Sì, ma quale proposta? Quella a parole fatta a febbraio davanti ai nuovi acquisti “ci siederemo attorno ad un tavolo aveva detto“). Probabilmente il presidente non aveva dato al ds prossimo alla scadenza indicazioni precise sulla location e non si sono semplicemente trovati.
Perché non è più tollerabile che un personaggio, che in passato ha etichettato il Cosenza come un passatempo, “un hobby” (sì, lo ha dichiarato pubblicamente lui) tenga in ostaggio una città intera con il suo ostruzionismo (vedi trattative fatte fallire prima che ci si potesse sedere attorno ad un tavolo) e con il suo immobilismo che ha caratterizzato la decade di sua presidenza, il tutto in un silenzio assordante (sì, oggi sono in vena di figure retoriche) che continua a riecheggiare nelle stanze di Via degli Stadi.

What are we living for?” recita la prima strofa del brano. Per cosa stiamo vivendo? Che campionato sarà quello che ci vedrà ai nastri di partenza della terza serie del campionato italiano? Ma soprattutto che futuro ci aspetta considerato che, grazie all’impegno di “qualche tifoso di strada” (anche questa mi è toccata sentire) e non di certo di addetti ai lavori, è ormai sfatata la leggenda metropolitana del “il Cosenza non ha debiti e i conti sono in ordine e che si sia, la nausea solo a balenarla come idea tanto da dover ricorrere agli antiemetici, gettata in pasto ai social la proposta di creare una nuova società in contrapposizione a quella guidata oggi da Guarascio e quindi avere, come nel 2004/2005, due Cosenza anche se in questo caso in categorie differenti? Ci siamo passati già una volta, errare humanum est, perseverare autem diabolicum dicevano i latini.

No, questa volta non sarà come cantavano i Queen. Questa volta, the show must go off! Che il sipario cali, una volta per tutte su questo grottesco scenario. Perchè lo spettacolo, questa volta quello vero, quello dei nostri Lupi deve andare avanti.

Martedì, 22 giugno 2021
a firma
Maelstrom

COSA SUCCEDE IN CITTA’

I miei ricordi vanno indietro nel tempo, il liceo appena terminato, le partite in casa e trasferta a seguire la squadra del cuore, i concerti negli stadi gremiti, le nottate trascorse in macchina con gli amici a parlare dei Lupi (…ma quest’anno finalmente saliremo? Cosa darei per vedere il Cosenza in B… invece devo accontentarmi solo dei racconti di mio padre!) ed ascoltare musica mentre l’autostrada scorreva sotto le ruote dell’auto per l’immancabile caffè notturno…

A distanza di 36 anni, posso dire che il mio sogno è stato esaudito, ho vissuto momenti calcistici entusiasmanti e sono addirittura arrivato, ahimè, ad essere insoddisfatto della serie cadetta, quando era diventata patrimonio ormai definitivamente acquisito.

Poi sono ritornati i momenti bui, i fallimenti, i distruttori dei sogni di noi tifosi, quelle parentesi che non vorresti mai vivere, ma tant’è, elabori il lutto e vai avanti, sempre con la speranza nel cuore di un domani migliore.

Oggi lo spettro di una Waterloo societaria si ripropone, gli indizi ci sono tutti e, come dice qualcuno, più indizi fanno una prova.

Il presidente è assente ingiustificato da 40 giorni, non una dichiarazione d’intenti, nessun messaggio di scuse ai tifosi… ma cosa sto dicendo, mi perdoni signor presidente, Lei è quello del “io non ho commesso errori” e “la mia storia parla per me”, allora merita fiducia incondizionata e quando afferma che nel bilancio di una società ci sono “entrate e uscite” che nessuno osi pensare che le uscite, in realtà, sono attinenti, in buona parte, a voci che nulla hanno a che fare con la gestione prettamente calcistica.

Ma, in realtà, cosa succede in città?

La tifoseria è da tempo sul piede di guerra e non accetta di essere ulteriormente dileggiata da un presidente che apostrofa dispregiativamente i supporters come “tifosi di strada”, sol perché contestano, a giusta ragione e con dati di fatto inconfutabili, l’incapacità manageriale ed organizzativa di un soggetto che non conosce neanche la forma della sfera di cuoio.

Il Patron, dal canto suo, non vuole cedere la società e non capiamo il perché… forse difficoltà a illustrare ai promissari acquirenti i capitoli di spesa che potrebbero aver prodotto un deficit economico-patrimoniale problematico da sanare?

Conta, si, il denaro, quando ne ho

Me ne accorgo soprattutto quando

Quando non ne ho

Il problema, però, è che il denaro inizialmente c’era… almeno 10 ml. di euro nelle poste attive di bilancio, poi però, come d’incanto, tra un credito non esigibile ed una transazione a scapito della società di via degli stadi in cui la controparte del presidente è un certo Eugenio Guarascio (“presidente quest’anno ho difficoltà a pagare la sponsorizzazione… Non preoccuparti Eugenio, ne faremo a meno, tanto la squadra è forte e ci salveremo senza alcun dubbio, anzi, alzeremo l’asticella degli obiettivi stagionali!”), il tutto aggravato spropositatamente dalle spese per consulenze ed oneri diversi di gestione, è terminato!

Anzi, molto probabilmente siamo in rosso, considerato anche il deficit sancito dal bilancio al 31.12.2019 e le prospettive economico-finanziarie non certo positive del periodo 2020-2021, senza incassi al botteghino e con sponsorizzazioni certamente minori!

Ad esempio, è di comune esperienza che il presidente non sia aduso saldare nei termini contrattuali i debiti con fornitori e collaboratori, si legge sulla stampa che alcuni abbiano dovuto ricorrere alla giustizia ordinaria al fine di recuperare le giuste spettanze vantate, ma si vocifera che questa sia soltanto la punta dell’iceberg. Perché, dunque, ostinarsi a non corrispondere il dovuto ed imbarcarsi in contenziosi senza via d’uscita (ricordate le famose “nottue” portate dal legale della società come motivo ostativo all’attecchimento dell’erba sul rettangolo di gioco che ci fece ridere dietro tutta Italia?) aggravando i bilanci societari di ulteriori spese legali? Non sarebbe meglio cercare una transazione abbattendo capitale ed interessi e dilazionando i pagamenti?

Ed allora…

Cosa succede

Cosa succede in città?

C’è qualche cosa, sì

Qualcosa che non va

Siamo noi, siamo noi

Quelli più stanchi

Siamo noi, siamo noi

Che dovremo andare avanti

Ebbene si, siamo noi quelli davvero stanchi, sfiancati da questo teatrino dell’assurdo, noi che dovremo andare avanti, avanti nella contestazione senza sosta verso un presidente che non ci rappresenta, recidendo ogni filo che lega i suoi interessi economici riposti nel Cosenza calcio e costringendolo a cedere la società.

E le Istituzioni?

Il sindaco dopo le dichiarazioni di rito sembra scomparso dalla scena, non basta certo un semplice invito a valutare l’opportunità della cessione societaria ad adempiere al ruolo di rappresentante di una comunità cittadina che chiede a gran voce di essere liberata dal giogo di un padre-padrone.

La mission della politica si estrinseca nell’impegno di affrontare i problemi di una comunità e nella capacità di trovare delle soluzioni risolutive, sicché, la domanda sorge spontanea: perché la politica cittadina non intende intervenire in questa faccenda, attesa la rilevanza sociale che gli stessi cittadini hanno inteso attribuirle attraverso le manifestazioni fisiche e d’intenti sempre più pressanti?

È proprio di ieri la richiesta di una nota associazione di tifosi che invoca, per l’ennesima volta, l’intervento della politica locale nella persona del sindaco e dell’On. Roberto Occhiuto, candidato alla Regione per il centro-destra.

Siamo coscienti che nessuno può obbligare, con la forza, Guarascio a cedere il Cosenza, ma è pur vero che la politica, proprio per il delicato e rilevante ruolo che svolge, ha il sacrosanto dovere di convocare la primula rossa di Parenti e chiedere conto delle sue intenzioni.

Attendiamo, dunque, che anche la Politica, una volta tanto, si rimbocchi le maniche e si metta al lavoro a tutela dei propri amministrati e dell’elettorato tutto, il popolo rossoblù non può più essere mortificato dal pressapochismo di un uomo solo al comando.

Lunedì 21 giugno 2021
a firma
Il Cigno di Utrecht

LA ZONA MORTA – #6 SENTI CHI PARLA!

Cosa ti spunta fuori in un periodo di mutismo totale? Un audio di Braglia – che poi è stato confermato da più parti, ma non dal diretto interessato – che ci racconta molti retroscena di quella stagione. Retroscena non molto carini. Non solo, l’audio ci permette di ipotizzare e mettere insieme dei tasselli che ci hanno lasciato sempre perplessi in quel periodo. La stagione, se ricordate, parte male. Braglia si lamenta già in ritiro (bontà sua) che siamo «in mezzo ad una strada», salvo poi mordersi la lingua e accettare la solita gestione Guarasciana. Il campionato parte malissimo, e la sensazione è che stavolta si dovrà fare molto di più a Gennaio. Il Cosenza perde punti, alcuni inspiegabili, altri dovuti a ritardi di condizione, ed a Gennaio tutti pensano che sia spacciato. Salta incredibilmente Omeonga, va via Greco, e arrivano Casasola e Asencio. Ma sono due giocatori fermi per motivi legati al rapporto con le Società dove giocavano, che hanno bisogno di tempo e allenamenti con minutaggio per carburare. E noi non ne abbiamo. Braglia resiste in sella ancora un pò, Guarascio addirittura dichiara che non è in discussione, salvo poi cacciarlo. Il resto è cosa nota.

Attenzione però, se si rilegge bene la trascrizione di quello che dice nell’audio che gira, il tecnico che ci ha riportato in B non si sofferma tanto sul suo esonero, quanto sul suo possibile richiamo. Si, avete capito bene. Il richiamo. Rileggete cosa dice: «Io sono fermo alla telefonata che poi ci siamo detti… che si doveva riparlare no? Io aspetto la sua telefonata… ma è chiaro che se non tira fuori i soldi, se non parla con i tifosi, se non ricuce le cose, se non fa una squadra importante a me non mi vede a Cosenza, questo è poco ma sicuro… Capito? Anche perché io non voglio certo farmi rinchiappettare come ha fatto due anni fa, dove mi ha preparato il piatto col signor Occhiuzzi, Leone e qualche vecchietto di lì dentro.»

Se state attenti, nomina Occhiuzzi e Leone. Sul perchè nomini il secondo – come ipotesi – ci arriveremo dopo, intanto concentriamoci sul primo soggetto. Occhiuzzi. Quando Braglia viene esonerato – se ricordate bene – non è Occhiuzzi che deve prendere il timone al suo posto. Dirige gli allenamenti in attesa di come si evolva la scelta, ma all’epoca è risaputo che non sarà lui. Infatti Trinchera è già al lavoro, e dopo un po’ tira fuori dal cilindro Pillon. Ergo, Braglia parla della fase successiva. Cioè quando, col covid iniziato e tutto fermo, Pillon rinuncia a scendere di nuovo a Cosenza, rassegnando le dimissioni per motivi familiari. Cosa succede allora? Che si paventa l’ipotesi di un ritorno di Braglia!

Ora, è risaputo che Braglia non è un tipo facile. Nessuno mette in dubbio le sue qualità come tecnico, ma in molti – soprattutto nella stampa – non vanno facilmente d’accordo con lui. Il motivo è semplice. Braglia è uno diretto, anche troppo, nel dire in faccia le cose! Fu lui stesso a dichiarare una volta: «Attiro molte antipatie, perché dico sempre quello che penso. E se mi girano…»

 

Chiaro? E questo a volte ha creato grosse frizioni, anche all’interno degli spogliatoi che ha diretto. Già da inizio stagione infatti girava voce che alcuni giocatori del Cosenza avessero rotto con lui. Solite voci tacciate come malignità – che effettivamente emergono sempre quando le cose vanno male – eppure il sospetto si fa sempre più grosso. Resta il fatto che alcuni atteggiamenti non convincono. E la situazione non sembra migliorare, anche quando giocatori come Riviere entrano in forma. Il pubblico rumoreggia, la posizione di Braglia vacilla, e si pensa già ad un cambio. E quando viene esonerato, si parla di Occhiuzzi, che nello spogliatoio sarebbe ben visto da alcuni senatori. E qui probabilmente entra in gioco Leone. O meglio, quello che Braglia pensa che Leone abbia fatto. Che fra i due non corra buon sangue è risaputo. Ma è anche normale. Non sta scritto da nessuna parte che bisogna volersi bene per forza. Ma è chiaro che se non c’è apprezzamento, e le cose vanno male, è facile rincarare la dose. Inutile tirare fuori tutta la rassegna stampa, basta citare qualche frase di articoli del periodo caldo. Scriveva infatti il 10 Febbraio su Tifocosenza «Ma un po’ di cattiveria agonistica se non la trasferisce un allenatore, chi dovrebbero farlo? Magari i soli tifosi che anche domenica sera non hanno mai fatto mancare il loro sostegno? Una squadra senza un’anima. Questa, purtroppo, è l’amara realtà….È proprio vero: la squadra riflette sempre il carattere del proprio allenatore. E oggi Braglia è un allenatore che dà l’impressione di avere deposto le armi. Ma da tempo. Diverso tempo

Braglia viene esonerato, arriva Pillon. Ma non va benissimo. E durante il lockdown si dimette. Quindi si deve scegliere di nuovo. Ma non può tornare Braglia? Per alcuni sarebbe la soluzione ideale, ed è anche una cosa già vista nel calcio. Invece salgono le “quotazioni” della soluzione Occhiuzzi. E qui Leone, per Braglia, ci mette realmente lo zampino. Il 19 Marzo lancia un sondaggio su Tifocosenza «Chi preferite al posto di Pillon? Richiamare Braglia o il giovane Occhiuzzi?» Tecnicamente ci sarebbe da obiettare che Occhiuzzi non è abilitato ad allenare la Squadra, ma la cosa sembra passare in secondo piano. Fatto sta che la soluzione interna alla fine vince.


Il 17 Aprile interveniva anche il capitano, Angelo Corsi (uno dei “vecchietti” di cui parlava Braglia? Chissà...), a supporto di Occhiuzzi. E Leone dava ampio spazio alla cosa «Angelo Corsi, capitano del Cosenza, intervistato dalla Gazzetta del Sud, ha parlato di mister Roberto Occhiuzzi, prima vice allenatore e poi nominato tecnico della prima squadra dopo le dimissioni di Pillon: “Mister Occhiuzzi rispetto a Braglia e Pillon è un allenatore di un’altra era. C’è sempre un ricambio generazionale nel calcio e Occhiuzzi ha delle idee in linea con quello moderno. E’ molto preparato, mi fido di lui come di pochi altri, ma non perché ora è allenatore del Cosenza. Lo direi anche se non mi facesse mai giocare.»
Il 25 Aprile azzardava anche un confronto (che personalmente ritengo forzato visto la breve parentesi di Pillon) fra la gestione Braglia e Pillon. «Entrambi sono tra i sette allenatori che non sono riusciti a raggiungere la media di un punto conquistato a partita. Per Braglia 0.86 punti ottenuti a gara, inferiore invece la media di Pillon: 0.80 punti a partita. Vengono considerati ovviamente anche i match nei quali gli allenatori non erano fisicamente in panchina perché squalificati.» E poi chiudeva con Occhiuzzi: «Il Cosenza, in caso di eventuale ripresa, vedrà alla guida un terzo allenatore, Roberto Occhiuzzi. Vedremo se il giovane tecnico, promosso alla guida della prima squadra dopo essere stato il secondo dei due precedenti coach, riuscirà a ottenere una statistica migliore.»

Come detto, l’impressione è che Leone in questa vicenda ci finisca dentro per quello che Braglia ha percepito dall’esterno (oltre al rapporto non idilliaco), e nient’altro. Resta il fatto che tutta questa storia lascia una scia di tensioni, rabbia e livori repressi nell’ambiente che sicuramente hanno fatto parte anche della stagione appena conclusa. E la figura di Occhiuzzi, dello spogliatoio e di tutto il contorno, non poteva certo generare qualcosa di positivo. Soprattutto se il “golpe” è andato come ha confidato Braglia. Ma noi lo sappiamo ora. Certo, è curioso che qualcuno si prodighi a chiedere le dimissioni del Team Manager – Kevin Marulla – e quando si tratta dell’allenatore di Cetraro parli di contratto che va rispettato. Anche ora! Un Team Manager non è figura che ha i poteri esecutivi che qualcuno immagina, un allenatore invece si! Ma ognuno coltiva il suo “orticello”, e i suoi interessi è bene che non vadano in contrasto con la vulgata. Certe persone vanno difese, altre tutelate. Evidentemente Occhiuzzi è uno da tutelare per questa gente. E chi se ne frega se questo ci è costata una retrocessione! A monte comunque rimangono le responsabilità di Guarascio, e le sue ridicole manovre. Non ultima quella di contattare un tecnico che aveva esonerato («io non ho commesso errori»), e con cui ha ancora delle pendenze che sta risolvendo in tribunale.

Ma forse Braglia aspettava anche questo. Un altra frase per cui è famoso recita «Questo mondo non mi piace, è falso. Non esiste riconoscenza». Piaccia o meno, su questo ha effettivamente ragione.

Sabato 19 giugno 2021
a firma
Sinn Feìn

L’OCEANO ADRIATICO


La mia Pescara (ognuno di noi ne ha una, no?) è cominciata dall’alba del giorno prima della finale.
Pescara, già. A Pescara a giocare una gara da dentro o fuori, con supplementari e rigori in caso di parità: un film già visto, un ricordo ancora dolcissimo, un segno di buon augurio. Se il Cosenza giocasse a Pescara tutte le gare di campionato (o quantomeno tutti gli spareggi), avrebbe già un paio di scudetti nel palmares.
Sono partito con gli amici fin dal giorno prima, perché il programma era di fermarci a pernottare a Roma, dal fratello di uno di loro, per recarci all’Adriatico poche ore prima della partita.
E così abbiamo caricato la macchina grande e siamo partiti in tre – recuperando a Roma il fratello di cui sopra – e saremmo diventati in quattro sugli spalti in terra abruzzese. Mezza Italia d’asfalto ci è scivolata sotto le ruote mentre le ore di viaggio si accavallavano. Guardavamo intellettualoidi film d’essai impegnati sul lettore di DVD portatile (sostanzialmente tutto il ciclo dell’Ispettore Giraldi di Tomas Milian) e ascoltavamo le partite dei Mondiali del 2018 alla radio. Io mi ero giocato gran parte dei miei averi (due euro) sulla soffiata di un losco informatore che mi aveva garantito come sicura la vittoria dell’Argentina sull’Islanda. Molti ricorderanno quel clamoroso pareggio colto dalla cenerentola islandese contro i sudamericani, con Messi che fallì anche un rigore. La mia rovina economica di quel giorno fece sì che per lungo tempo aleggiasse su di me il nero spettro della miseria.
Cenammo a Roma, come a Roma pranzammo il giorno dopo. Della cena, del desco e di ogni altro pasto o particolare di Roma ricordo pochissimo. Tutta la memoria si concentra sulle ore dell’Adriatico, dalla partenza da Roma a tutta l’atmosfera della finale.
Capimmo di essere in zona quando, a un certo punto dell’Italia, ci lasciammo l’anonimo e indistinto paesaggio autostradale per ritrovarci all’improvviso dentro un immenso fiume rossoblu di pullman e auto – vessilli, sciarpe, bandiere, i colori più belli del mondo ci salutavano fieri da una carovana di amore e persone dentro cui eravamo confluiti, come sospinti dal destino. Già da un po’, ben lontani dalla meta ma comunque in Abruzzo, ci eravamo imbattuti in cartelli improvvisati – TIFOSI DEL COSENZA PER DI QUA-> o qualcosa del genere – e tutto quel fiume rossoblu, che di chilometro in chilometro si ingrossava fino a diventare oceano, si incanalava seguendo quelle frecce. Casa era lontana centinaia e centinaia di chilometri, ma la lingua che si sentiva risuonare in aria, da dentro le altre vetture, da dentro i pullman, nelle piazzole di sosta, nelle stazioni di servizio, era la stessa che odono i vari co’ e fra’ quando si sentono appellare sotto i cieli del nostro amatissimo Bruzio.
Un popolo intero scendeva in campo a riconquistare la sua storia, a ritessere i fili di un sogno spezzato.


Pescara. Cosa ricordo del prima? Una pineta, una struttura museale e boschiva dedicata a D’Annunzio, lontano l’urlo dell’Adriatico, il tutto fuori dallo stadio, a qualche centinaio di metri dal teatro che avrebbe cullato i nostri sogni. Un panino con dentro sa Dio cosa, un chioschetto davanti all’ingresso della nostra curva – perdonaci tutti, Tonino, Mago del Panino, ma siamo in trasferta. L’oceano rossoblu che si riversa senza fine. Altre bandiere, altre maglie, le stesse che vediamo sotto casa. Sensazioni già vissute molte altre volte, ma ogni volta il cuore batte più forte.
Sembra cambiato un po’ l’Adriatico – lo stadio – da quel giorno benedetto in cui Gigi, basta solo il nome, Gigi, attraversò come una nube di tempesta la difesa della Salernitana. L’Adriatico, il mare, invece è sempre lì, quasi sembra arrivi a noi l’odore aspro dello iodio, non è mai cambiato fino a oggi ma oggi, proprio ora, sembra diventato oceano anch’esso, perché noi siamo il Cosenza e il Cosenza oggi vuole solo la grandezza.
Oggi è tre anni fa quasi precisi, 16 giugno 2018. Da qui in poi la Pescara di ognuno diventa la Pescara di tutti, la memoria condivisa, persino da chi non c’era e l’ha vista in TV. Tranne magari, consentitemi, qualche piccola differenza: chi l’ha vista in TV, nella gloria dell’alta definizione ma senza una versa prospettiva 3D, chi non era fisicamente lì all’Adriatico certamente sa lo stesso che il tiro di Tutino è finito all’incrocio, ma non può sapere di quanto sia finito all’incrocio. Non può sapere che davvero tra il pallone scagliato da Gennaro e l’incrocio tra la traversa e il palo ci passavano due, massimo tre centimetri.
Quanti eravamo? I biglietti venduti ufficialmente ai tifosi del Cosenza, tra la disponibilità della curva e gli stock vari, erano circa undicimila, tutti polverizzati. Ma allo stadio abbiamo scoperto di essere di più, quando al primo LUPI LUPI abbiamo visto alzare le bandiere e accompagnarci anche almeno metà delle due tribune ai nostri lati, chi viene da fuori, studenti e lavoratori al nord, non si è fatto scoraggiare dal sold out della curva e ha comprato il biglietto dei settori dedicati ai neutrali tifosi di casa (assenti). Tredicimila? Quindicimila? Quanta Cosenza c’era, a seicento e passa chilometri da casa? E forse negli anni Ottanta o Novanta saremmo stati quasi il doppio.
Uno spicchio bianconero, laggiù. Un dettaglio della nostra festa. Non c’è nulla per loro, oggi non corrono Oca e Tortuca, oggi sono solo comprimari invitati alla festa. LUPI LUPI, dodici tredici quindicimila a urlare, ebbri di gioia, e l’urlo dell’Adriatico a fare da eco. I boati ai nostri tre gol hanno squassato l’aria al punto che ho follemente creduto che davvero l’onda d’urto potesse sollevare il mare.
Bruccini, un lampo improvviso che ha trasformato la gioia tesa del tifo in un’esplosione quasi incredula. Sì, siamo venuti qui per vincere e tornare in B, ma è tutto vero, siamo davvero in vantaggio? Cioè, ci stiamo riuscendo? Davvero?
Sì, davvero. Quasi non è nulla quell’urlo rispetto a ciò che succede quando Tutino manda il pallone a sfiorare di due, tre centimetri l’incrocio – dalla parte della porta, però. Con la rete a pochi metri da noi che si gonfia, proprio sotto i nostri occhi. Abbiamo urlato, allora? Certo che sì. Deve essere così, perché ricordo che ho pensato che stessero per scoppiarmi le orecchie. E la gola, perché urlavo anche io, nel delirio.
Il solito rigore. Quasi da copione quel passaggio dalla sofferenza, dal timore di cadere dalla torre delle illusioni. Ma il Siena non c’è mai stato, né prima né dopo l’estemporaneo gol di Marotta dal dischetto.
Quando Baclet entra di prepotenza nel tabellino anche di questa partita mancano solo tre minuti alla fine e stavolta l’urlo – il mio? Quello del popolo dei Lupi? La somma di tutto? – mi fa rimbombare le tempie. Non avrò voce per giorni. Per minuti e minuti, quelli che mancano al fischio finale – recupero compreso – l’Adriatico Oceano riecheggia da lontano, divertito, il coro del Mojito. Pure i senesi lo avranno imparato a memoria, anche se dall’alto del nobile lignaggio di Piazza del Campo manco sapranno cosa sia, Piazza Fé.
E solo dalle immagini di Eleven Sports del giorno dopo scoprirò che a un certo punto, a fine partita, abbiamo pure alzato al cielo una coppa. Sacrosanta, in fondo, ci abbiamo messo nove partite a arrivare fin qui, mai nessuno c’era riuscito e quel record è ancora oggi imbattuto in serie C. Io ero lì, su quegli spalti, e giuro che della scena della coppa non mi sono minimamente accorto. Urlavo ancora, urlavo ancora gol. Urlavo ancora inarticolatamente, senza senso, urlavo per sfogare una gioia lacrimata che sembrava infinita, più urlavo e più dovevo urlare.
Ritorno a Roma, pernottamento, strada verso il sud la mattina dopo, una meravigliosa mattina di sole. Pranzo a Salerno in un localino vicino al lungomare dove mangerò – all’aperto, in una bellissima piazzetta -, coi due amici coi quali ho affrontato l’avventura, un biscotto di grano con cozze & fagioli di cui vanamente, da allora, ho tentato di riprodurre a casa la ricetta. C’era anche un astice in un acquario, ma ahilui è finito nel piatto di un commensale del tavolo accanto al nostro, lo ricordo ancora. I casi della vita, lui in pentola e io in serie B. Meno male che non sono nato astice, ricordo di aver pensato.


A cosa serve tutto questo?
Perché proprio ora, seppure con la scusa del terzo anniversario e dell’obbligo della rievocazione?
Guarascio, lo ricordo, c’era già allora da sette anni. Era presidente già all’epoca e lo sappiamo tutti. Certamente se ne ricorda anche lui. Si ricorda dell’oceano rossoblu all’Adriatico, dodici, tredici, quindicimila, si ricorda dei ventimila col SudTirol e degli altrettanti la sera dopo la finale, a festeggiare la squadra di ritorno da Pescara in un San Vito notturno vestito a festa. Se ne ricorda, ma putroppo il ricordo non lo ha mai smosso né sembra smuoverlo ora.
Però quel ricordo esiste. Quegli eventi ci sono stati. Quel popolo, quelle moltitudini, quella festa.
Come racconterebbe – magari con aulici accenti più filosofeggianti dei miei, ma del resto lui si è visto assegnare il Delfino di Smeraldo – Søren Gænnar Houllemand, questa, o almeno anche questa, è Cosenza. E a volte rifugiarsi nel passato glorioso non è mera nostalgia per sfuggire alle miserie dell’oggi, perché chi un passato glorioso ce l’ha può scappare dalla realtà nascondendosi nello struggente ricordo di esso, ma può pure guardare a quel passato per costruire il futuro.
Forse un futuro costruito da Guarascio per il Cosenza non c’è, né glorioso né di altro tipo – in questo non indulgo all’ottimismo, e sfido sempre il presidente a smentirmi coi fatti e mi farebbe felice come quella sera di tre anni fa. Ma il Cosenza è il Cosenza dal 1914 e Cosenza è Cosenza dall’ottavo secolo a.C. o anche da prima – anche se il suo nome, Consentia, è quello che le dava l’antico nemico, l’altra città sorgente su Sette Colli, non quello con cui lo chiamavano i primigeni abitanti né quello con cui l’avranno poi chiamata i Bruzi conquistatori nostri antenati (se ancora abbiamo qualche goccia di sangue bruzio nel sangue romano che ci scorre nelle vene). Non è il suo nome vero, Cosenza – era Kos o Cossa, come sostengono oggi le tesi storico archeologiche più gettonate? – ma è il nome con cui abbiamo imparato ad amarla fin dal nostro primo vagito.
Un amore che è esploso mille e mille volte dal 1914 a oggi, eppure non abbiamo mai sollevato al cielo una Coppa dei Campioni, un amore che è esploso anche quella sera di tre anni fa a Pescara. Un amore che ancora arde sotto cumuli di brace e macerie – e sempre arderà – pronto a ravvivarsi alla prima benevola fiamma di speranza.
Oggi in quel passato, Guarascio o non Guarascio, io voglio vedere il futuro.
Buon anniversario, Cosenza.

Venerdì 18 giugno 2021
a firma
Nubedt

EPPUR (NON) SI MUOVE

Scrivevo: “7 giorni sono passati dalla retrocessione”, esortando il Patron ad accelerare i tempi per riorganizzare la macchina rossoblù, sgonfiata da quanto si era consumato in quel di Lignano. Non potevamo permetterci di perdere tempo. La risposta guarasciana era stata chiara dall’inizio: pausa di riflessione.

Subito dopo lo scarno comunicato emesso il giorno successivo alla disfatta, il Presidente si era trincerato dietro a queste 3 semplici parole: pausa di riflessione. Forse come reazione alle contestazioni che imperversavano in città e in tutta la Provincia cosentina? Forse per valutare se continuare o cedere la società? O forse, più semplicemente, perché così ha sempre fatto Guarascio. Come dicevo nella “puntata precedente”, i “tempi di Guarascio sono sempre gli stessi, da 10 anni a questa parte”.

Questa volta, credo, si stiano allungando anche più del solito, iniziano ad essere tempi lunghi anche per chi si è distinto come Temporeggiatore massimo. Tempi così allungati da far pensare che ci sia qualcosa dietro…

Ebbene, dopo 36 giorni dalla retrocessione, nulla è cambiato. Nessuna comunicazione ufficiale, nessuna conferenza stampa, nessuna nomina di ds e allenatore (a proposito, ancora non è stato nemmeno formalizzato l’esonero del Predestinato di Cetraro), niente di niente. La cessione societaria è passata in secondo piano, Guarascio ha rifiutato (o almeno così sembra, nel mistero che avvolge la città sita alle pendici della Sila) ogni possibile incontro, da IGreco alle altre cordate che via via si erano dimostrate interessate. Trattative durate dalla sera alla mattina, se mai effettivamente partite.

Eppure, non si muove. Mi perdonerete questo gioco di parole, una citazione storpiata ad un grande della scienza del passato, che ben calza e ricalca il comportamento del Patron.

Eppur non si muove, colui che in modo forse scientifico (eccola qui, la scienza) si è chiuso in un silenzio tombale, lasciando il mondo pallonaro cosentino in un fastidioso limbo dal quale sembra molto arduo uscire; e ogni giorno che passa, questo limbo si fa sempre più oscuro, nebuloso, lasciando il popolo bruzio fra coloro che son sospesi. E con esso, aumentano le ansie, le paure, i timori verso un futuro prossimo che appare già sbiadito, come un quadro di scarso valore ammuffito in cantina. E il tempo passa, quello sicuramente scorre e si muove, non C aspetta.

La C, terza lettera dell’alfabeto, che ritorna e sembra assumere tutti i connotati dell’Inferno. Se queste sono le premesse…

Venerdì 18 giugno 2021
a firma
Lupo del nord

BOY SCOUT

Torniamo alla figura dell’osservatore calcistico per capirne un po’ di più. Un professionista talent scout si occupa di individuare, monitorare e analizzare ragazzi promettenti e giocatori con capacità idonee ad assecondare esigenze di schema e di gioco di una squadra, oltre che di stilare relazioni tecniche sui calciatori visionati, per poi valutarne assieme alle componenti tecniche societarie, l’eventuale acquisto. L’attività di scouting in genere parte da segnalazioni che arrivano da procuratori amici e dalla fitta rete di conoscenze che ciascun buon osservatore deve avere. Altri strumenti essenziali derivano dalle ormai imprescindibili tecnologie multimediali (video, piattaforme come WyScout ed anche software ed app informatiche) cui seguono, infine, le classiche osservazioni in situ, vale a dire l’osservazione in presa diretta, durante partite ed allenamenti, dei calciatori attenzionati. Quindi una figura che è tutto, fuorché banale, anche perché oltre che sugli aspetti squisitamente tecnici, in genere è preparata anche su quellli burocratico/amministrativi. Peccato non la pensi così anche Guarascio il quale, a precisa domanda, aveva recentemente giudicato per niente strategico e centrale il ruolo degli osservatori, a suo dire facilmente sopperibile mediante la semplice visione di filmati da reperire su YouTube. Attività che per lui, dunque, potrebbe fare chiunque, compreso il tanto a lui caro, tifoso di strada!

Se questa è la sua idea, però, davvero mi è difficile capire un’incongruenza – una delle tante, a dire il vero – che si vive in seno alla Società di via degli Stadi. E vengo così a chiarire anche il titolo di questo articolo, boy scout, che niente ha a che spartire con l’associazionismo dedicato ai giovani, già fondato da Baden Powell. Ebbene, la cosa singolare è che, a stare con quanto riporta il sito ufficiale del Cosenza Calcio, parrebbe che al coordinatore del settore giovanile, Sergio Mezzina, sia stato concesso quanto è invece stato a muso duro negato a Trinchera. Infatti, leggiamo con stupore che dell’organigramma societario del Cosenza fa parte il sig. Benedetto Pugliese (foto tratta dal sito ufficiale del Cosenza Calcio), vale a dire il responsabile scouting del settore giovanile (parafrasando l’osservatore dei ragazzi, ecco il boy scout). Viene indicato addirittura come responsabile, quindi, verrebbe da pensare che ci sia una rete di osservatori al servizio delle giovanili del Cosenza, coordinata dal buon Pugliese. Bene, anzi, benissimo se questo fattore può, ad esempio, aver contribuito a determinare il buon 7º posto in classifica dei lupacchiotti della Primavera. Sicuramente un risultato ben più di successo, rispetto alla laconica retrocessione fatta registrare dai “grandi”. 

Concludo questo pezzo lasciando al lettore lo spunto di riflessione su quanto detto finora ed un quesito – uno dei tanti misteri che avvolge il Cosenza di Guarascio, incapace di comunicare e di muoversi in trasparenza –  al quale io non sono stato in grado di dare una risposta: perché alle giovanili si è concesso di strutturarsi in modo più o meno (mancano sempre le infrastrutture eh, non ci si illuda troppo!) adeguato ed invece per la prima squadra, quella attorno alla quale girano i soldi veri, è stata rifiutata un’organizzazione che ne permettesse la crescita? Ai posteri l’ardua sentenza!

 

Giovedì, 17 giugno 2021
a firma
Sapiens

L’UOMO CHE ASPETTA. NEL SILENZIO DELLA DERIVA

Dei nomi e delle “trattative” che leggiamo in giro sul web ed i giornali, alla fine non abbiamo riscontro da nessuna parte. Per carità, alcune saranno anche vere (vedi Trocini) ma la modalità con cui si svolgono è incerta. Perchè se poi stanno andando tutte come le ha raccontate il buon Brunello (“mi ha contattato, ho chiesto delle garanzie, non si è fatto più sentire”) faccio fatica anche a chiamarle trattative! Quelle solitamente si possono definire così quando ti siedi al tavolo per definire e trovare un accordo. Questo sembra più un sondare il terreno. Il problema è, per cosa? Dovendo tirare le somme, non c’è sicuramente un progetto chiaro dietro. E questo si sapeva. E’ la regola per la gestione Guarascio, non l’eccezione. Ma stavolta l’impressione è che non abbia più nemmeno sponde su cui appoggiare le sue ormai note ed astruse teorie sulla direzione del Club di cui è proprietario.

E devo dire che le due notizie di ieri sono abbastanza emblematiche della situazione. La prima è l’ “indiscrezione” – perchè, visto che la Società come al solito non conferma o smentisce nulla, questo è l’unico termine corretto da usare adesso – secondo cui il luogo del ritiro per la prossima stagione potrebbe essere annullato. Questo, pare, per le continue proteste. Non ultimo lo striscione che già si trova esposto sulla tribuna del campo di allenamento. Anche qui, si attendono conferme. L’altra cosa non è nemmeno un’indiscrezione, ma un’immagine che è girata sul web.

Ritrae il Presidente del Cosenza Calcio fermo (ma forse sarebbe più giusto dire appartato) a Piazza di Spagna che osserva qualcosa. Che cosa? Intanto una piccola precisazione, necessaria. Vivo a Roma, e vi garantisco che gli ambulanti delle caldarroste lì si trovano anche a fine Luglio! Quindi, chi pensa non si stata scattata di recente, la smetta di dire così (anche perchè basta guardare l’abbigliamento di chi gli sta intorno per capire che non è certamente stata fatta ad Ottobre!). Ma anche se quell’immagine è di ieri o della settimana scorsa, direi che alla fine ha un valore simbolico non indifferente. La metto qui sotto per chi non l’ha ancora vista.

Osservatela bene. E’ l’immagine di un uomo che, nella città più bella del mondo, con tutti che sono indaffarati a fare qualcosa – anche solo muoversi e godersi la bellezza del luogo– rimane lì. Fermo e immobile. E nessuno sa cosa fa! Non ci è dato sapere, possiamo soltanto immaginare.

La sua è la classica postura con cui abbiamo imparato a conoscerlo, con le “mani in tasca”. Imperscrutabile. Giuro, se questa foto me la fossi ritrovata davanti in una mostra di fotografie, con un bel bianco e nero contrastato, il titolo perfetto per me sarebbe stato “L’uomo che aspetta”. E vi garantisco che non solo io, ma tutti i visitatori si sarebbero affollati ad osservare a lungo questa foto, cercando di capire l’attimo che l’autore aveva colto in questo scatto.

L’impressione generale ormai è che siamo alla deriva. Una di quelle che non portano a niente e di buono. Perchè quando sei alla deriva vuol dire che non c’è nessuno alla guida della “nave”, e ti trovi in balia degli eventi, senza poter fare qualcosa per evitarlo. Puoi solo ascoltare “l’inquietante silenzio” che ti avvolge. Ho un solo dubbio, e me lo ha fatto venire proprio questa foto. Ma Guarascio è dentro la nave che aspetta con noi, o è già sceso e ci sta osservando andare via?

Mercoledì, 16 giugno 2021
a firma
Sinn Feìn

C RISIAMO!

 

Prima di entrare nel vivo di questo mio scritto, una premessa è doverosa: il fatto che tratti, in questo articolo, del prossimo campionato di serie C, non significa che io mi sia assuefatto e rassegnato alla condizione in cui ci troviamo, cioè al fatto che a guidare il Club per cui tifo, ci sia un “signore” che non solo non tifa per il Cosenza, non solo non è un intenditore né un imprenditore di calcio, non solo non investe del proprio, ma reiteratamente con i suoi comportamenti irrispettosi nei confronti della piazza e della tifoseria, oltre che con i suoi atteggiamenti avulsi dal mondo del calcio (ma anche in generale) ha fatto fare (e, ci giurerei, continuerà a fare) ad un’intera collettività figure sbarbine, sporcando – nell’opinione pubblica nazionale – la nomea di una provincia intera! Ergo, è sempre valido l’hashtag già lanciato qui sul blog #ioboicottoguarascio, così come resto un grande sostenitore del sempreverde Guarascio Vattene! Nel mio piccolo, non sosterrò in alcun modo la Società del presidente: una cosa è la maglia (che sosterrò sempre!), altra cosa i libri sociali contabili. Ciò significa che non andrò più, finché lo scapigliato di Parenti rimarrà in sella, al San Vito-Gigi Marulla; non pagherò abbonamenti per seguire in TV o in streaming le partite (chi se li aggiudicherà? Eleven Sport, Sky, Rai… ma, in fondo, chi se ne frega!); non acquisterò alcun gadget né maglie ufficiali online o agli store; boicotterò gli sponsor che vorranno sostenere nella prossima stagione la Società di Guarascio. Insomma, la battaglia per riottenere dignità non si chiude qui, non molliamo neanche di un centimetro!

Tutto ciò premesso, andiamo a vedere cosa si delinea all’orizzonte del prossimo campionati di serie C, dove il Cosenza dovrebbe disputare il suo prossimo campionato, il 44° in questa categoria (escludendo quindi C2 e seconda divisione di Lega Pro). Intanto c’è da dire che la Lega presieduta da Ghirelli ha deciso, un paio di settimane or sono, di confermare il classico criterio orizzontale (Nord/Centro/Sud) per motivi di sostenibilità economico/finanziaria, con buona pace dei sostenitori dei Lupi residenti al Nord Italia, che vedranno sfumare, loro malgrado, la gran parte delle trasferte che avrebbero voluto sostenere al seguito della squadra. Questa scelta, con ogni probabilità, dovrebbe determinare, tenendo conto di retrocessioni, promozioni e conferme (fatti salvi problemi societari da parte di qualcuno) una composizione del girone che grosso modo dovrebbe annoverare le seguenti 20 squadre: Avellino, Bari, Campobasso, Casertana, Catania, Catanzaro, Cosenza, Foggia, Juve Stabia, Messina, Monopoli, Monterosi, Paganese, Palermo, Potenza, Taranto, Turris, Vibonese, Virtus Francavilla, Viterbese. I dubbi sono solo su Monterosi e Viterbese, i cui posti potrebbero essere occupati da Pescara e Teramo, a seconda che il girone venga sbilanciato sul versante tirrenico, piuttosto che su quello adriatico… a breve se ne saprà di più! A ben vedere, un girone di ferro, una B2 come si suol dire, fatto di blasonate o nobili decadute, se preferite, con 8/9 squadre ad aver calcato, nella loro storia, i campi di serie A e quasi tutte le altre, tranne qualcuna, ad aver disputato campionati cadetti. Intanto, si riaffacciano in serie C, dopo ben 32 anni di attesa (c’è chi è stato molto peggio di noi!) i molisani del Campobasso. Poi, dopo nove stagioni sofferte, delle quali otto trascorse tra i Dilettanti ed una fugace apparizione, nella stagione 2016/17, in Lega Pro – a seguito di ripescaggio – rientra tra i professionisti il Taranto. Aritmeticamente, tornerà ad essere rappresentata in C anche la Città di Messina: c’è solo da stabilire – mentre scriviamo, il campionato è ancora in corso – se si tratterà della storica ACR (con grande probabilità visto il vantaggio di 4 punti in classifica) o del nuovo, agguerrito FC. Il girone sarà rinnovato per sei squadre su venti (immaginiamo la sorpresa di Eugenio Guarascio, che non si capacitava ed era strabiliato per il fatto che in B ne cambiassero addirittura sette ogni anno!) ed ai nastri di partenza vedrà davvero molte pretendenti alla promozione diretta. C’è da chiedersi se tra queste ci sarà anche il Cosenza, visto che di solito chi retrocede è da sempre annoverato come squadra tra le pretendenti al ritorno in cadetteria. Purtroppo, il silenzio assordante del nostro presidente non solo non ci dà indicazioni, ma ci fa presagire male (come abbiamo già spiegato in questo articolo). Inoltre, a stare con le indiscrezioni di stampa, i pali presi finora dal presidente (Gilardino Trocini, Braglia (?) come allenatori; Valoti, Giammarioli, Grammatica, Fracchiolla Perinetti come DS e chissà, magari altri!) se da un lato denunciano (cfr. intervista a Trocini) il classico metodo adottato dal patron rossoblu di non riuscire a prendere impegni concreti – le cosiddette garanzie – dall’altro lasciano ulteriori ombre: non è che chi è addentro al mondo del calcio sente già puzza di bruciato (o di futuri vrusci) attorno alla Società di Via degli Stadi? E mentre noi esperiamo sondaggi, i club che si presenteranno ai nastri di partenza con grandi ambizioni sono già attivi ed agguerriti più che mai. Il solito Bari; un Catanzaro reduce dal 10º playoff fallito (sì, stavolta abbiamo rischiato grosso: abbiamo scampato lo psicodramma!); quel Catania che ogni anno tradisce le aspettative dei suoi tifosi. Senza dimenticare piazze importanti come Palermo o Foggia, che provano a riaversi dopo i recenti fallimenti, o la Juve Stabia ed anche l’Avellino che – anche se potrebbe rimanere orfano di Braglia – la squadra ce l’ha e vorrà riprovare l’exploit tentato nella stagione appena conclusa.

Altro aspetto interessante si verificherà con il ritorno del pubblico sugli spalti: riprenderanno fascino, nel prossimo campionato i tanti, sentitissimi, derby. Intanto i pugliesi, a partire dal ritrovato Bari – Taranto, che manca da 28 anni, così come quelli con il Foggia (senza contare quelli minori con Monopoli e Francavilla). Quelli arroventati siciliani, con i tre principali capoluoghi di regione, Palermo, Catania e Messina che daranno battaglia e spettacolo. Ancora, i derby campani, che vedranno opporsi gli avellinesi ai casertani, gli stabiesi a quelli di Pagani o Torre del Greco: tutte piazze caldissime. E poi noi che, se non verrà allestita una squadra almeno decente, rischieremo nuovamente gli sfottò dei catanzaresi, se non addirittura l’onta di essere derisi persino dai vibonesi!

Un’altra curiosità: a disputare il girone più a sud della serie C ci saranno – noi compresi – ben sei formazioni che vestiranno il rossoblu. Ed escludiamo il Catania che per colori è affine, ma di fatto non uguale, essendo le loro divise rossoazzurre ed il Monterosi, che ufficialmente veste il bianco ed il rosso, ma spesso fa suoi, per le sue divise, proprio i colori dei Lupi. A proposito di Lupi: neanche nel logo deterremo l’esclusiva, perché il fiero e selvaggio animale da branco è pure il simbolo dell’Avellino e del rossoblu Campobasso (i telecronisti, quando li affronteremo, c’è da giurarci, avranno difficoltà con gli aggettivi!).

Insomma, C risiamo: ancora una volta dovremo affrontare il campionato che nei nostri 107 anni di storia, almeno per partecipazioni, ci appartiene di più, ma – incredibilmente – il tempo passa e, mentre gli altri si muovono, noi non sappiamo in che condizioni andremo ad affrontare questo impegnativo campionato. O meglio, ad oggi sappiamo che non abbiamo un obiettivo dichiarato, siamo senza un DG, privi di un DS, con un allenatore esonerato in pectore, senza squadra e persino senza tifoseria. L’unica componente che c’è, il presidente, è ciò che, per ironia della sorte, non ci dovrebbe essere, reietta dalla piazza. Se il buongiorno si vede dal mattino, che campionato 2021/22 possiamo mai aspettarci? Che il fato ci assista!

Martedì, 15 giugno 2021
a firma
Sapiens

CHI BRAGLIA PAGA

 

Innegabilmente, ha fatto abbastanza scalpore in città la notizia – da più parti confermata, e anche io la considero molto probabile – che il presidente Guarascio, lungi dall’abbandonare il timone come gli chiede la piazza, avrebbe contattato personalmente l’ex allenatore dei Lupi Piero Braglia, l’artefice dell’incredibile cavalcata playoff di tre anni fa verso la serie B. Senza dubbio la notizia ha del clamoroso: certamente perché almeno in apparenza Braglia e Guarascio – esonero a parte – non si erano lasciati benissimo, visto che il tecnico ha dovuto fare ricorso al tribunale del lavoro per ottenere il pagamento delle sue spettanze (un giorno qualcuno dovrà scrivere un pezzo anche sulla pervicace resistenza di Guarascio a pagare i debiti, preferendo ricevere decreti ingiuntivi a pioggia, impugnarli e poi regolarmente perdere davanti ai giudici); ma l’altro motivo per cui una simile lieta novella suscita indubbiamente un enorme scalpore a Cosenza è che il nome di Braglia, e questo non si può negare, almeno in teoria rappresenta quello forse più spendibile quando una società voglia mostrare ai tifosi di voler vincere il campionato, come stiamo tutti chiedendo (io in testa, attraverso questo blog).
Da questo punto di vista, Piero Braglia è una garanzia quantomeno di serietà: nessuno può offrire la certezza al 100% di riconquistare la serie B, ma certamente ingaggiare il tecnico toscano dovrebbe rappresentare una dimostrazione affidabile che Guarascio dovrebbe fare sul serio, quantomeno provandoci.
Ma allora perché si resta inchiodati all’uso del condizionale?


Ottima domanda. Le risposte sono tante.
Punto primo, ovviamente, la veridicità della notizia. Su quella, però, pare ci siano sufficienti certezze: il presidente avrebbe effettivamente fatto la fatale telefonata – c’è chi dice per prendere due piccioni con una fava, ovvero offrire a Braglia la panchina rossoblu con la scusa di chiamarlo anche per offrirgli una soluzione conciliativa alla vertenza che li sta vedendo contrapposti, e in cui l’allenatore si è già aggiudicato i primi due round. Braglia avrebbe chiesto tempo per riflettere, nonché – ovviamente – garanzie.
E qui, punto secondo, il primo scoglio da superare. Guarascio le garanzie ai suoi allenatori ha sempre dimostrato di saperle dare solo a parole, e proprio Braglia ne sa qualcosa: assai difficile che oggi il tecnico si accontenti di quelle. E francamente, senza ancora nemmeno un DS, io non vedo come il presidente possa offrire qualcosa di diverso dai suoi soliti verbi coniugati a un futuro che non arriva quasi mai. La cosa quindi potrebbe anche morire sul nascere (la vecchia si frega soltanto una volta, no?) e ciò rappresenterebbe un colpo durissimo per lo stesso Guarascio, la sua malconcia immagine pubblica, ma anche per il Cosenza stesso, che se perdesse il treno Braglia – e se lo perdesse per l’ennesima mancanza di volontà di investire del presidente, con la consapevolezza di questo che serpeggerebbe nella tifoseria già oggi imbufalita – vedrebbe spalancarsi davanti a sé, per la prossima stagione affatto lontana, un baratro che oggi nemmeno possiamo immaginare.
Dall’altra parte, ci sono anche gli ottimisti che vedono nella scelta di Braglia l’ennesimo indizio che Guarascio sa che sarà ripescato (?) e quindi intende dotarsi fin da subito di un tecnico da serie B.
C’è anche un punto terzo, giusto perché – come gli attenti lettori di questo blog sanno già – io in redazione sono l’addetto agli scenari distopici: ovvero, la possibilità che Braglia, che non ha moltissimo più da chiedere al calcio (da tempo ormai ripete che ancora un anno e vado in pensione), venga convinto ad accettare una cifra da allenatore di alto lignaggio per la serie C (quale egli è) con l’aggiunta di tutte le spettanze che, come detto, sarebbero sue di diritto e che il Cosenza non gli ha ancora versato (e che si troverebbe in tasca senza passare da ulteriori atti esecutivi e quindi senza aggravio di spese legali e perdite di tempo); il tutto, in cambio di accondiscendenza rispetto all’allestimento di una rosa che vedrebbe proprio la voce “stipendio dell’allenatore” come unico vero esborso serio, passando per il resto dalle solite mezze figure a parametro zero, infortunati cronici e prestiti per pietà delle altre società. Incassando il sì di Braglia, Guarascio potrebbe calmare la piazza e ottenere una tregua, per il tempo necessario a varare la nuova stagione e finire di incassare l’incassabile, risparmiando pure sui palloni.
Paga Braglia, ma solo Braglia. Tutto il resto è risparmio, e il risparmio, si sa, è soldo intascato. Intanto ci sono gli ultimi soldi pesanti da incassare, la seconda rata di Baez, il paracadute, Falcone, la valorizzazione di Kone, eccetera. Pagare Braglia varrebbe bene un sacrificio economico, rispetto alla possibilità di far entrare in cassa tutto il resto senza spendere poi nulla, con la tifoseria anestetizzata dal nome del tecnico e poi ridestatasi troppo tardi.
Ricordiamoci, però, che questo è solo uno scenario distopico, di quelli che mi diletto a inventare. Braglia si presterebbe mai a un simile giochetto? La sua storia sembrerebbe dire di no, anche se negli anni di Cosenza un minimo di aziendalismo lo ha pur sempre dimostrato.


Già, e la piazza?
In molti da settimane stanno intasando i social con accuse di impostura verso la Guarascese, rifiuto di considerare l’attuale società come “Cosenza Calcio” e addirittura richieste al sindaco di negare lo stadio finché ci sarà Guarascio alla presidenza. In questo contesto, una minima parte della tifoseria si farebbe convincere alla tregua dal nome di Braglia, rimasto ancora nel cuore di tutti; moltissimi altri stanno però già scrivendo online che il tecnico toscano, se accettasse, sarebbe considerato alla stregua di un fiancheggiatore di Guarascio e perderebbe di colpo tutta la stima che qui può vantare.
Io francamente non sono d’accordo con queste visioni estremistiche. Per me non esiste la Guarascese, non esisterebbe con Braglia o con Trocini o con un quivis de populo qualunque in panchina. Per me esiste solo il Cosenza Calcio 1914. E il Cosenza Calcio 1914 è tale a prescindere da chi sia il proprietario della società e da quanto io possa considerare in ostaggio di chicchessia la società stessa. Ho avuto modo di ripetere spesso, nei miei pezzi sul blog, che a mio modo di vedere la gestione societaria di Eugenio Guarascio può fregiarsi di essere tranquillamente definita scellerata: ma per quanto scellerata sia (e lo è oltre ogni dire), resta la gestione societaria del Cosenza.
Del mio Cosenza.
Ognuno è libero di non andare allo stadio finché ci sarà Guarascio, e anche di levare il saluto a Braglia – se verrà a fare da parafulmine a Guarascio – con o senza squadrone per vincere il campionato. Ma non chiedetemi di non chiamare Cosenza la squadra che scenderà in campo col Lupo sulla maglia rossoblu, in qualunque categoria giochi e chiunque siano – campioni o bidoni a costo zero – i giocatori che schiererà. Non chiedetemi di non amarla, di non soffrire per le sue vicissitudini, anche se sarà ancora – come sembra molto probabile – Eugenio Guarascio a guidarla (a questo punto spero meglio da qui in poi che nei dieci anni passati) alla presidenza. L’ho fatto in ogni categoria.
La fuga meglio liberi all’inferno l’abbiamo già sperimentata una volta, e finora reputavo che tutti avessimo imparato qualcosa da quell’esperienza. Io già so che se Guarascio continua così all’inferno rischiamo di finirci retrocedendo sul campo (per quanto difficile sia retrocedere dalla C alla D per il Cosenza, pur facendo tutte le cose da bendati: abbiamo sbagliato tutto lo sbagliabile in B eppure sarebbe bastato vincere a Pordenone per provare almeno a salvarci ai playout, figuriamoci in C che è un campionato enormemente più scarso); ma proprio per questo, e considerato che come detto se il presidente continua così rischiamo abbastanza di nostro, reggere pure la falce alla nera signora sarebbe da idioti.

 

Lunedì 14 giugno 2021
a firma
NdT

IL DG NELL'EPOCA GUARASCIO, UN RUOLO (VOLUTAMENTE) IGNORATO

 

Coordinare e ottimizzare. Due sole, semplici parole per un ruolo complesso e delicato. Ed i molti casi CARDINE per una Società di Calcio. Sono queste le funzioni che un Direttore Generale deve avere, dato che si tratta di una figura che viene assunta e risponde solo al Presidente ed è responsabile di tanti altri settori, che sono a lui subordinati. Una figura che assume in sé tante responsabilità e poteri, al punto che a volte i confini che li tratteggiano non sono ben definiti.

Ci possono essere DG che hanno anche vasta mobilità per quanto riguarda la gestione prettamente sportiva della società, e chi meno. Dipende dalle scelte presidenziali, oltre che dalle attitudini proprio del dirigente. A volte può infatti capitare che il DG vada anche a a ricoprire il ruolo di DS, gestendo quindi in prima persona le operazioni di mercato. In una recente intervista, uno dei DG più famosi del calcio Italiano – Fabrizio Lucchesi – affermava questo:

“Se un DG è una figura fondamentale? Provo a spogliarmi di queste vesti, per cercare di essere il più oggettivo possibile e non solidale con la categoria. Direi che un coordinatore sia necessario non solo in una società calcistica, ma in ogni società ben strutturata, che voglia impostare un discorso basato sulla programmazione. Se tutti i reparti funzionano bene è merito di chi sa gestirli per loro, e poco importa se alla fine sia un Amministratore Delegato o un direttore generale: il ruolo è praticamente lo stesso, cambia solo il nome.“

Impostare e programmare. Altre due parole chiave, che nei 10 anni di Guarascio non si non mai viste! Eppure, dal giorno del suo insediamento, lo stesso Presidente non aveva fatto mistero di non sapere nulla di calcio. E allora? Come mai, non essendo del settore, non ha ritenuto necessario circondarsi ed affidarsi da SUBITO a persone adeguate a gestire una Società di Calcio? In realtà all’inizio sembrava che un’impostazione ci fosse, anche se non c’era comunque un DG. Ma la Società aveva almeno un Responsabile dell’area tecnica, cioè Stefano Fiore. Una garanzia, se consideriamo la storia calcistica e le origini (nato a Cosenza e prodotto del settore giovanile che impostò l’ultimo DG vero del Cosenza, Gianni di Marzio) della persona. Eppure non c’è voluto molto perchè le distanze (soprattutto culturali e di gestione) fra i due venissero fuori. Già a Febbraio 2012, Fiore – dopo un’importante vittoria – dichiarava: “Non dobbiamo stare qui a ribadire gli stessi concetti…. Spero con tutto il mio cuore che non sia il campionato dei rimpianti.”

Il primo campionato si chiuse effettivamente con un rimpianto. Cioè con i playoff vinti, ma con la promozione negata dal ripescaggio dal Presidente della C di allora. Ma il rimpianto più grosso si stava consumando dentro le stanze della Società. Con uno strappo insanabile. E quello strappo era un segnale che doveva farci già capire come si intendeva “gestire” la Società negli anni che sarebbero venuti. Perchè di lì a poco Fiore se ne sarebbe andato sbattendo la porta, seguito dopo qualche anno anche da chi gestiva la comunicazione della Società (questi ultimi, abbiamo scoperto di recente, per avere pagate le loro spettanze sono dovuti pure passare dal Tribunale) che sarebbe diventata sempre più lacunosa. Ma, intanto, come si andava avanti di anno in anno nella gestione Societaria? Senza un Direttore Generale. Quindi senza un’organizzazione chiara e precisa.

Fino al 2015 perciò la figura del DS (a cui dedicheremo un articolo a parte) al Cosenza sarebbe servito anche da collante fra i vari reparti, ma non colmando le tante (troppe) lacune che hanno caratterizzato la gestione di Guarascio. Perchè, come detto prima, un DG può fare anche il DS. Ma un DS non può fare il DG! Tali e tante sono le cose da seguire e coordinare nei vari reparti che compongono una Società che ha chiaro cosa si sta programmando per il futuro. Peccato che il proprietario non ne voleva minimamente sapere cosa si doveva programmare!

Nel 2016, con l’arrivo di Cerri come DS, si sarebbe cercato di mettere la proverbiale (e inutile) pezza, promuovendo il Dott. Carlo Federico come DG. Peccato che quest’ultimo – non avendo nessuna preparazione pregressa e competenze sul campo – si sarebbe dimostrato superfluo (nonostante il suo noto e riconosciuto attaccamento ai colori). Questo nonostante il solito cortigiano – senza arte né parte nel mondo pallonaro – che frequenta i salotti televisivi nostrani, s’inventi addirittura (senza guardare il periodo, e con che durata e risultati) che abbia svolto grandi compiti all’epoca! Infatti oggi Federico ricopre il ruolo di Responsabile delle Relazioni Istituzionali in Società, ruolo più specifico (e probabilmente anche più consono) alle sue reali capacità.

E arriviamo al Novembre 2019 dove, reduce dalla sua entrata nel mondo politico in prima persona, Guarascio nomina DG un personaggio che lo aveva seguito e supportato per tutta la sua campagna. Luca Petrone. Ex osservatore di varie squadre di calcio, Petrone non si presenterà – non avremo infatti modo di avere una sua conferenza ufficiale con la stampa – e verrà messo alla porta dopo due soli mesi con qualche riga che ne annuciano la scadenza di contratto. Non prima però che Guarascio – in una memorabile e ridicola intervista esclusiva ad Attilio Sabato – non avesse esaltato le sue capacità, annunciando addirittura che avrebbe fatto coppia con Trinchera nel mercato di riparazione!

E oggi, gran parte del vuoto creato dalla mancanza di una figura del genere in Società sono – assieme all’assenza di altre (DS e allenatore) che non vengono annunciate – la risultante di una scelta voluta dalla proprietà. Una scelta che ha creato e continua a creare scompensi e situazioni al limite del grottesco, che soprattutto adesso poteva servire per chiarire e risolvere questi silenzi, e che alimentano paura e malumore. E che, ogni giorno di più, rende questo atteggiamento di Guarascio inaccettabile.

Domenica, 13 giugno 2021
a firma
Sinn Féin

 

 

TOCCA SCALARE IL MONTEROSI

 

Inutile negarlo: stimolate dalle misteriose speranze di Guarascio, e (forse) ancor di più dalle sibilline parole dei presidenti di Reggiana e Pescara – che in tempi non sospetti, a giochi salvezza ancora in corso, avevano sottolineato che fosse importante riuscire ad arrivare almeno quartultimi: fortuna che è poi toccata a noi… -, le voci di un possibile ripescaggio in serie B del Cosenza, ormai alimentate anche dalle difficoltà economiche del Chievo (al quale auguro le peggiori sciagure, e mi sembrerebbe giustizia poetica se alla fine venissimo ripescati noi in B per un fallimento che colpisse proprio loro), si fanno sempre più forti e insistenti. C’è un’aria particolare in città, contraddistinta dall’aggrapparsi paradossalmente a un concetto tipo varrà pur qualcosa essere arrivati almeno quartultimi, no?, come se il quartultimo posto, per giunta a più di cinque punti di distacco dalla quintultima – anzi, a ben dieci, nel nostro caso – da regolamento non valesse la retrocessione pura e semplice.

Ebbene, diciamoci pure chiaramente che ora come ora no, essere arrivati almeno (?) quartultimi non vale nulla e che al momento non c’è alcuna differenza tra il Cosenza e l’Entella arrivata ultima. Pare non valga addirittura nemmeno per partecipare alla Coppa Italia nobile, quella della Lega di serie A, originariamente esclusa per quest’anno alle società di serie C e poi ritornata inclusiva, sì, ma solo per quattro di esse (incredibilmente, oltre alla vincente della Coppa di serie C, le seconde dei tre gironi: follia pura, che esclude le quattro retrocesse dalla B che provenendo dal piano di sopra dovrebbero essere considerate gerarchicamente superiori a quattro società che la scorsa stagione erano in C, ma tant’è).

Eppure i più ci raccontano di un Guarascio in mistica quanto convinta attesa di un ripescaggio - qualcuno addirittura teorizza che il ritardo tragicomico con cui si sta procedendo alla scelta di DS e allenatore (ammesso che si stia davvero procedendo…) sia dovuto proprio a una presunta incertezza circa la categoria che si dovrà affrontare nella stagione entrante. Un DS e un allenatore da serie B per il piano A, un DS e un allenatore da serie C nel malaugurato caso in cui, eh, pazienza, una squadra retrocessa in serie C sia incredibilmente poi costretta a farsi davvero la serie C (che tempi! Dove andremo a finire?).

Certo, tra Giammarioli, Fracchiolla, se vogliamo anche Valoti, Tizio, Caio e compagnia, a me non è sembrato di leggere nomi da serie B, nel caso. Tutti DS di C o addirittura di serie D, categorie in cui, per carità, hanno anche raggiunto – pure recentemente – encomiabili risultati. Lo stesso dicasi per gli allenatori: dal Gilardino campione sì del mondo da giocatore, ma reduce da un’annata (ottima quanto si vuole) a Siena in D, per arrivare al figliol prodigo Brunello Trocini, mi è parso di leggere nomi di tecnici che la B, da allenatori, non l’hanno mai manco annusata.

Può non voler dire nulla: Occhiuzzi non aveva mai allenato in B eppure in dieci partite nel 2020-2021 ha salvato una squadra già spacciata, no? Però, sarcasmo a parte, io questa millantata suddivisione delle strategie societarie in Piano A e Piano B (ma meglio sarebbe dire Piano B e Piano C) non la vedo.

 

 

Quello che mi è chiaro è che, parlando di piani, contando dall’alto verso il basso siamo indiscutibilmente al terzo – e non più al secondo. Esattamente come ho scritto nel primissimo pezzo che ha inaugurato questo blog: siamo tutti in serie C. Noi siamo oggi un blog di serie C, come tifosi sosteniamo una squadra di serie C, gestita da una società di serie C (e qui sembra quasi di fare un complimento, in realtà, alla gestione Guarascio) e le cui imprese, sperando che ci siano, saranno raccontate da giornalisti sportivi di serie C. Categoria affatto ignobile (come ben sa chi si è dovuto portare il blasone fin sui campetti di periferia, costretto a masticare la polvere della serie D), nobilitata se vogliamo da piazze importanti e dal ritorno del derby infuocato di Calabria (infuocato almeno sugli spalti, mentre sul terreno di gioco troppo spesso negli ultimi lustri le squadre si sono adagiate sul pareggio senza farsi male), ma in cui ci toccherà probabilmente – la suddivisione dei gironi dovrebbe infine sancirlo ufficialmente – affrontare anche entità sconosciute come il Monterosi, appena nominata squadra simpatia dell’anno venturo.

Solitamente a noi le squadre simpatia portano pure via punti fondamentali (Chievo, Castel di Sangro, Lupa Roma, Sant’Antonio Abate… dalla B alla D la nostra aneddotica è piena di squadre simpatia, provenienti da luoghi talvolta sconosciuti, che poi si sono dimostrate squadre rompipalle oltre ogni dire), quindi figuratevi che voglia avrei di incrociare il Monterosi.

Eppure il Monterosi è lì – e ci aspetta.

Perché oggi come oggi siamo in serie C, e non sta scritto da nessuna parte che ci ripeschino. Per carità, magari Guarascio, essendo da presidente addentro la stanza dei bottoni – quella in cui si è sentito ridere dietro quando ha proposto di bloccare le retrocessioni… - sa qualcosa che noi non sappiamo, sul Chievo, sulla riforma dei campionati o su chissà cosa. Io non ne so nulla, al netto delle voci – certo fondate – di un Chievo in grossa difficoltà economica, ma a me sembra che un fallimento dei mussi volanti (che io, ripeto, saluterei stappando una bottiglia, non tanto e non solo perché vorrebbe dire ripescaggio per noi) sia ancora parecchi passi avanti rispetto alla situazione attuale dei veneti.

 

 

Diciamo pure, quindi, che a noi tocca fare la serie C – e battere il Monterosi, e possibilmente anche tutte le altre, Catanzaro in primis perché il derby è il derby. Diciamo quindi anche che noi la serie C la vogliamo vincere. E diciamolo pure a chiare lettere.

Questo deve essere un punto fermo ben inciso nella mente del presidente: vuole restare al timone della società? Padronissimo, è pur sempre sua. Però sappia che la responsabilità che si assume – non so quanto esplicitamente glielo abbia detto il sindaco – è quella di riportare il Cosenza in B immediatamente, già da quest’anno. Se ha la fortuna che lo ripeschino tra un paio di mesi, brava la sua fortuna (non me la sentirei di dire bravo a lui). Se questo non accade, c’è un campionato di serie C da vincere, come è d’obbligo per il Cosenza non solo in quanto tale – il Cosenza ai nastri di partenza della serie C deve partecipare per vincere – ma anche in quanto neoretrocessa, perché da che mondo è mondo le squadre retrocesse dalla categoria superiore sono sempre le prime favorite per la vittoria del campionato.

Succede perché, di solito, si portano dietro giocatori, tecnici, staff e organizzazione da serie superiore, ovviamente. Questo non è il caso del Cosenza, che sappiamo peraltro di giocatori averne solo sette? Assolutamente sì, ma questi sono problemi di Guarascio. Si risolvono nel modo di sempre: mani al portafogli e ingaggiare giocatori da vittoria del campionato.

Problemi suoi anche se a tutt’oggi non ha un DS e un allenatore. Quando li avrà, fosse pure a 24 ore dall’esordio in campionato, comunque non si faranno sconti: dovranno essere presi per vincere il campionato e quindi, ad esempio, il DS dovrà cercare e ingaggiare giocatori stavolta badando in via prioritaria all’aspetto tecnico-tattico, al limite scegliendo ogni tanto il meno costoso tra quelli bravi selezionati perché utili alla bisogna per il tal ruolo, ma non certo scegliendo il meno costoso in assoluto badando prima che sia il meno costoso possibile e solo dopo – se si può – al fatto che faccia o meno al caso del Cosenza e se abbia quantomeno idea di cosa sia una sfera di cuoio e quali regole della fisica segua nel rimbalzare su un piano erboso.

Credo che l’uso del grassetto sia sufficientemente esplicativo e metta abbastanza in risalto i concetti che vorrei fossero chiarissimi a tutti, presidente in testa, fin da ora. Per troppe volte ho ingoiato amaro quando, davanti alle pretese della piazza, chi aveva il potere e il dovere di riportare quelle istanze sacrosante – giornalisti sportivi in testa – ha glissato con una risata, non succederà mai, che ci volete fare?, lo sapete anche voi che Guarascio è così.

Da sempre, nel mondo del calcio, quando un presidente è così gli si salta (metaforicamente!) alla gola, non gli si dà tregua. Da sempre i presidenti così sono oggetto di contestazioni durissime, mentre la stampa li bastona in testa. Da sempre i presidenti così o cambiano metodi o cambiano aria. A Cosenza, con Guarascio, no: a Cosenza fino a oggi si è glissato con una risata. Si crede di ridere del presidente e dei suoi imperdonabili limiti e invece si ottiene l’effetto di lasciare tranquillo lui e ridere in faccia ai tifosi.

Bene, da oggi qui nessuno ride più – e nessuno glissa.

Da oggi questa piazza non solo pretende ma diventa anche legittimata a farlo.

Qui si sta scherzando col fuoco, e scherzando col fuoco siamo già finiti a Monterosi, con tutto il rispetto. Ma il fuoco siamo noi, e siamo inferociti, caro presidente e cara stampa sportiva. Qui oggi si smette di limitarsi a raccontare i fatti, che nel caso del Cosenza di Guarascio diventano barzellette in tutti i settori, dal calciomercato tra il ridicolo e il patetico all’organizzazione inesistente. Qui, d’ora in poi, se i fatti non vanno bene, altro che raccontarli con una risata!, sentirete la tifoseria e la città alzare la voce a un tale livello di decibel che vi tremeranno i muri di casa.

Cosenza pretende di tornare, nel volgere di un solo campionato, in serie B - e pretende dalla società che allestisca una squadra in grado di centrare quest’obiettivo immediatamente.

Responsabilità che sorge in capo a chiunque sia il presidente del Cosenza e/ il proprietario delle quote societarie. Oggi quel qualcuno è Eugenio Guarascio, per sua espressa volontà – non avendo ai accondisceso alle proposte di cessione giuntegli dalle varie cordate negli anni e negli ultimissimi tempi, oltre che alla volontà in tal senso di una tifoseria che non lo vuole più e nemmeno più riesce a sopportarlo.

Ebbene, finché resta sullo scranno, Eugenio Guarascio ha questa responsabilità. Il Cosenza deve tornare subito in serie B e lui come presidente e proprietario deve mettere a disposizione di un DS in grado di centrare l’obiettivo un budget tale da consentirglielo. Ora. È sconsigliabile agire diversamente, caro presidente. Sconsigliabile. Cosenza è diventata una polveriera e a te è rimasto un cerino acceso in mano – non c’è bisogno che dica che effetto può fare un cerino acceso in una polveriera.

 

Fai il tuo gioco.

 

Sabato, 12 giugno 2021
a firma
NdT

LA STORIA INFINITA

Da quel fatidico 10 maggio 2021 che ha decretato il ritorno dei LUPI in serie C è passato ben un mese, ma nulla è cambiato, anzi, per meglio dire, tutto è cambiato ma c’è ormai la certezza che non sia cambiato un bel niente.

É sotto gli occhi di tutti come l’atteggiamento di quella fetta di supporters rossoblù, sino ad allora prodighi nel pontificare Guarascio “il presidente più vincente della centenaria storia del Cosenza”, sia completamente mutato alla luce dell’evidenza, tali e tante sono state le manchevolezze e nefandezze perpetrate dal patron.

Buona parte del merito nell’aver contribuito a squarciare il velo di menzogne posto davanti agli occhi dei tifosi orbi ce lo prendiamo noi di questo umile blog, sì proprio NOI, soprattutto con gli articoli che hanno definitivamente sfatato la favola della solidità economica societaria e dell’assenza di debiti (primo, secondoterzo), surrogando, di fatto, quella stampa cittadina spesso asservita e mai pronta a fare giornalismo serio, d’inchiesta, viceversa continuamente assopita e succube di una situazione oltre i limiti dell’assurdo, di pura matrice kafkiana.

Noi non siamo giornalisti professionisti, ma, consentitecelo, per quello che si è visto finora nella città bruzia preferiamo di gran lunga rimanere liberi di gridare al mondo le nostre verità, sottese sempre da dati di fatto ben circostanziati.

Dicevamo, è cambiato l’atteggiamento dei tifosi cosentini verso la proprietà ed il del 99% dei supporters pretendono, ora, un passo indietro dal presidente, che ha dimostrato di trattare la nostra squadra alla stregua del proprio core business: L’IMMONDIZIA!

Il problema, però, rimane, poiché, a fronte dell’alzata di scudi del popolo rossoblù a difesa di una fede, Guarascio continua imperterrito a sollazzarsi nel proprio silenzio burlone, facendosi beffe di un’intera città, di una provincia, di tutti i tifosi sparsi dovunque nel mondo ed incarnando, senza vergogna, il tipico spirito gattopardesco del signorotto di provincia aduso al potere ed agli sberleffi verso il popolo.

Dopo le ultime vicende che hanno visto protagonisti ben 5 gruppi imprenditoriali accorsi al capezzale del Cosenza Calcio per rilevarne la proprietà, è chiaro non si voglia cedere la società, però, a differenza di prima ora si gioca a carte scoperte, non è più possibile rilasciare le solite stereotipate dichiarazioni stilate dall’ufficio stampa con le quali addossare la colpa del mancato trasferimento delle quote societarie ai “poco seri” promissari acquirenti od addirittura negare qualsivoglia offerta d’acquisto, ormai TUTTI hanno capito i giochetti del presidente, che avrà i suoi motivi per non cedere l’attività.

Non pensiamo, invero, che questa sua decisione sia solo una stupida ripicca perché non avrebbe alcun senso, di certo, dopo aver adeguatamente analizzato il modus operandi della gestione e (dis)organizzazione societaria che ha contraddistinto questo ultimo decennio, la ragione andrà anzitutto ricercata nell’interesse ad incassare i circa 2,5 milioni di euro di crediti in arrivo.

Tutto lecito, per carità, il proprietario di una società commerciale ha diritto di guadagnare dall’attività esercitata, infatti si parla propriamente di “società con fini di lucro”, ma parimenti ha l’obbligo di ripianare i conti in caso di default!

Il bilancio 2020 non è stato ancora depositato, quindi se ne ignora il contenuto – semmai fosse stato già approvato -, ma da un resoconto analitico di quanto abbiamo letto, compreso e dedotto dal bilancio 2019 – cui va ad aggiungersi come un macigno la corrente pandemia – non c’è proprio da stare allegri, tutt’altro!

Qualora il problema fossero i conti (usiamo il beneficio del dubbio perché non è ancora di pubblico dominio il bilancio 2020), caro presidente, facendo onore alla sua proverbiale ars oratoria che ha sempre magnificato il suo operato, la trasparenza della contabilità, la puntualità nell’adempiere alle scadenze fiscali, la puntigliosità nella gestione di entrate e uscite, metta mano al portafogli e adempia agli obblighi incombenti sulla proprietà, apportando i necessari correttivi alle voci di bilancio che ne necessitano, d’altronde in questi ultimi anni di serie B ha preferito spendere e spandere per non meglio identificati oneri diversi di gestione e spese amministrative e di consulenza, sacrificando sull’altare di una gestione societaria imbarazzante i sogni e le speranze di un’intera tifoseria. Noi non molleremo MAI, continueremo a martellare incessantemente su tutti i fronti e con ogni mezzo, machiavellicamente parlando, fin quando non comprenderà che il SUO tempo a Cosenza è irrimediabilmente scaduto, nessuno seguirà la Guarascese perché una squadra di calcio è dei tifosi, IL COSENZA SIAMO NOI… non lo dimentichi, MAI!

 

Venerdì, 11 giugno 2021
a firma
Il Cigno di Utrecht

La Zona Morta #5
Un altro Cosenza Calcio non esiste!

Se c’è una cosa che insegna l’esperienza è che quando commetti un errore, devi farne tesoro per il futuro, in maniera tale da evitare di ripeterlo. Nella Nostra Storia calcistica di errori ne abbiamo commessi parecchi. Molti in buona fede, altri con un evidente disegno perfido e sgangherato che pochi riuscivano a comprendere (forse nemmeno chi lo aveva ideato!). Ma la costante è che li abbiamo sempre pagati a caro prezzo. Resta il fatto che non ci vuole molto a capire quando stai per commettere di nuovo lo stesso errore. E noi un errore gravissimo lo abbiamo commesso in passato. E ce lo ricordiamo molto bene!

Tutto parte da quel maledetto fallimento del 2003. Si sta cercando di assemblare una nuova Società, e la prima stagione fra i dilettanti non va proprio bene. La stagione successiva è Storia recente, e basta andare su Wikipedia per ricordare cosa successe:

Intanto, nell’estate del 2004, il Cosenza Calcio 1914 S.p.A. fu riammesso in Serie D dopo una sequela di ricorsi alla giustizia ordinaria. Per la prima volta, quindi, la città di Cosenza avrebbe avuto due squadre cittadine nello stesso campionato, situazione che divise la tifoseria creando malumori e dissidi tra le due società. Inoltre il Cosenza F.C. e il Cosenza Calcio 1914 disputarono entrambe un campionato anonimo, chiudendo rispettivamente in ottava e nona posizione.

Per chi, come me, l’ha anche vissuta di persona, il ricordo è anche più brutto di queste quattro fredde righe. Ero presente quando le due “squadre” si incontrarono al San Vito. Si disputava lo scontro diretto e l’atmosfera era surreale, con picchi ambientali votati al ridicolo da gente assurda. E questo perchè era evidente che non si parlava più di calcio – nonostante si stesse per giocare una partita – ma di uno scontro di potere. Peggio, una battaglia di galletti! Non erano più Amore e Passione per quei colori le parole che facevano da sottofondo al Calcio in città, ma una vile e squallida lotta per la supremazia cittadina. Interessi, affari, accordi nascosti sul territorio. Di questo si parlava. Il resto era irrilevante, visto che, anche con gli stessi colori addosso, si cercava solo di gonfiare di più il petto.

Morale, la situazione “migliore” che ho vissuto in quella giornata è stato sicuramente il momento in cui dei Tifosi sono entrati in campo ed hanno sospeso la partita.Perchè quel gesto portava ad una domanda importante, se non proprio fondamentale.

A CHE GIOCO STIAMO GIOCANDO?

Il resto penso lo ricordiate tutti. Quelle squadre hanno fatto la fine che si poteva immaginare, nuova rifondazione (stavolta di una sola squadra) e di nuovo giù nel 2011!

E adesso sono passati già 10 anni. E, a fronte della evidente situazione che stiamo vivendo, con le solite pantomime di questa proprietà, a cui ci siamo tristemente abituati, ecco che a qualcuno viene fuori l’ennesimo “colpo di genio”!

Se non cede la Società, fondiamone una nuova ripartendo dalla D!

Non me la prendo con chi ha messo in giro questa bizzarra voce, perchè la maggior parte (non tutti purtroppo) è palesemente in buona fede. Ma vorrei che si riguardassero un po’ la Nostra Storia calcistica, anche facendo una veloce lettura su internet, prima di continuare a parlare. E non dovrebbe essere nemmeno necessario, visto che non è successo neanche molto tempo fa.

Le conseguenze si sa già dove porterebbero! Ripeto, l’esperienza insegna a non ripetere gli errori del passato. Poi, quale sarebbe l’utilità di questa ennesima “rifondazione” di un’altra squadra? Chiami Pagliuso (ancora? Ancora? ANCORAAAAAAAA?)? Magari convinci Citrigno – quello che è convinto di aver acquistato un decoder Sky, non il marchio del 1914; per la serie “ lo cedo gratis, ma voglio che mi si paghi il comodato d’uso” – ad essere magnanimo da lasciar mettere il “Lupo Giallo” (un giorno vedrò di schiarirvi le idee su quel logo e la sua effettiva nascita) sulle maglie? Chiedi di giocare solo tu al San Vito/Marulla? Per poi fallire come sempre? Ditemelo.

Stavolta nella Zona Morta non vi ci porto, perchè paradossalmente ci siete già. Ed è quella che è nella memoria di ogni vero tifoso del Cosenza. Il Cosenza di Zsengeller, Montez, Aldi, Sonetti, Di Marzio, Giorgi, Silipo, Zaccheroni, Braglia, Campanini, Tivelli, Marulla, Rizzo, Zaniolo, Negri, Lucarelli, Margiotta, Zampagna, Tatti, Okereke, Tutino, Lamantia, Riviere. Quello dello stadio Emilio Morrone, del San Vito ad una curva sola, che passa in vantaggio contro l’Udinese di Zico in Coppa Italia, della festa contro la Nocerina, dello 0-0 con la Juve, del palo di Lombardo, del gol di Marulla allo spareggio, dei 15000 a Lecce, dell’esodo a Pescara per la finale playoff. Di Gigino Lupo, dei Nuclei Sconvolti, delle coreografie indimenticabili, della partita in silenzio per la morte di Bergamini, delle lacrime per Catena, dei cori contro l’arbitro, delle partite che ci hanno rubato, ed anche dell’invasione per quella farsa dei due Cosenza. E tante altre persone, ricordi, gol ed emozioni.

Un’unica linea continua, che parte dall’anno 1914. Unica, come la Squadra, una sola squadra! E non importa se chi la possiede ora non lo capisce. Rimane sempre quella. Altre non ne esistono. Non è un vecchio marchio, una denominazione o un logo a renderla diversa. E chi ha organizzato petizioni, o fatto la protesta in piazza contro Guarascio lo sa benissimo. Se non se ne vuole andare ora, prima o poi se ne andrà. Forse tra un mese, forse tra un anno. E la Squadra rimarrà lì, sempre nostra. Come la fede che ci ha ogni volta riunito intorno a lei. Questo è l’unico errore che non ci possiamo concedere!

Giovedì, 10 giugno 2021
A firma
Sinn Féin

SLO FOOT

 

– Emmè… quello non è Andrea Montanini? Fermalo, così gli chiediamo che intenzioni ha il presidente.

– Andrea Montanini chi?

– Come, non lo sai? Lo SLO del Cosenza!

– Di che si tratta?

– Lo SLO è il Support Liaison Officer vale a dire il delegato della Società a curare i rapporti con la tifoseria.

– Ah, ecco perché non ne conoscevo l’esistenza!

Questo era uno scambio di battute che, alcuni giorni fa, tenevo con un mio carissimo amico – nonché malato d’u Cusenza come me – che mi introduceva ad una informazione di cui non avevo la benchè minima cognizione. Mi sono andato a documentare e… sì, è proprio vero! Incredibilmente, il Cosenza è effettivamente dotato di questa figura, come recita il sito ufficiale del Club www.ilcosenza.it/club/slo/ ed è una persona in carne ed ossa, nonostante lo conosca solo la mamma ed i suoi amici più stretti. Non certo i tifosi, con cui dovrebbe relazionarsi.

Ma possibile – mi sono chiesto – che il presidente Guarascio, dirigente di solito allergico al rapporto coi supporters rossoblu, sia stato così progressista e visionario, da concepire una figura di raccordo tra la tifoseria e la Società per favorire il dialogo? No, non può essere possibile e, dopo una semplice ricerca sul web l’arcano viene subito svelato: la Federazione Italiana Giuoco Calcio ha, dapprima recepito il contenuto dell’Articolo 35 all’interno del Manuale delle Licenze UEFA – Versione 2.3, ed in seguito, anche su impulso della Lega Nazionale Professionisti – Serie A, della Lega Nazionale Professionisti – Serie B e della Lega Italiana Calcio Professionistico, esteso l’obbligatorietà della figura del Supporter Liaison Officer a tutte le società professionistiche, inserendo tale previsione all’interno delle norme che disciplinano l’ammissione al campionato tramite il rilascio della Licenza Nazionale. Ergo, Guarascio non è un presidente illuminato che ci tiene ai rapporti con la tifoseria ma, semplicemente, per portare avanti il suo assai lucrativo business nel calcio (per lui il Cosenza questo è, altro che hobby!) ha avuto l’obbligo di dotare l’organigramma societario di questa figura. Un po’ come avvenuto, per il presidente, nel caso delle squadre giovanili, non vissute come un’opportunità (ma che imprenditore è?) ma addirittura un male necessario, una sorta di amarissima – per lui – medicina, costosa ma indispensabile per vivere!

Eppure, a leggere il sito ufficiale del Cosenza, sembrerebbe che – a parole – ci siano buonissime intenzioni sulla figura dello SLO il quale, recita testualmente il sito, “partecipa agli incontri periodici organizzati dalla società sul tema dei rapporti con la tifoseria” ed ancora, incarna colui che lavora alla “valorizzazione dei tifosi che devono essere considerati come risorse in un contesto di dialogo e di scambio costruttivo di idee“. Dicevo, a parole, che sia pur scritte, nero su bianco, non solo sono rimaste lettera morta (alzi la mano chi conosceva Andrea Montanini nel suo ruolo ufficiale), ma anzi sono state – e soprattutto ora, col clima di protesta che è montato, sono – disattese in malo modo. Farebbe bene, invece, il presidente ad interrogarsi su cosa anima il tifoso del Cosenza, da dove nasce l’amore viscerale per la squadra del cuore e perché in tanti sono disposti a spendere soldi ed a fare sacrifici per i propri colori. E non solo lui non si pone queste domande, ma addirittura manca di riconoscere il ruolo chiave e la centralità dei supporters. Uno dei motivi principali – questo – che sta allontanando il nostro club dal percorso virtuoso di sostenibilità (come ampiamente dimostrato i conti del Cosenza non sono a posto) nel lungo periodo.

Così siamo abituati purtroppo ad una gestione che manca clamorosamente la valorizzazione della relazione con i tifosi, che dovrebbe passare dalla comprensione delle esigenze su cui si basa la fedeltà dei supporters, da una comunicazione puntuale e presente, dalla natura del legame emotivo tra tifoso e club e dai significati profondi che questa relazione sottenderebbe. Tutto puntualmente disatteso dalla gestione Guarascio: la figura dello SLO, che tanto preziosa sarebbe nel nostro Cosenza, è volutamente vuota, scevra di significato se non quello di assolvere all’obbligo di Lega, formale, istituzionale. Già, perché per Eugenio Guarascio il tifoso è un semplice cliente e lo ha dimostrato ogniqualvolta lui, avaro – anche – di parole, si è invece sentito più e più volte, in questi suoi 10 anni di presidenza, in dovere di fare comunicati esclusivamente per invitare il popolo rossoblu ai botteghini, quando c’era da fare l’incasso. Purtroppo, il “nostro” manca di avvedutezza e lungimiranza imprenditoriale perché, a ben vedere, invece di cercare intesa con i suoi “semplici clienti”, ha sempre fatto il contrario, erigendo muri (hobby; daspo; tifosi da strada; querelle abbonamenti, etc.) nonostante recenti studi rivelino che un supporter coinvolto, invece, spende dal 20% al 40% in più di un cliente normale di qualsiasi altra azienda.

Ora, lui, il presidente, non è comunicativo e non riesce a metterci la faccia in modo costruttivo per evidenti limiti – anche culturali – personali. Eppure le figure per perseguire una strategia del coinvolgimento emotivo dei tifosi le avrebbe, a partire proprio dallo SLO, passando per l’addetto stampa (a cui abbiamo dedicato un articolo), il responsabile marketing e finanche sfruttando un beniamino come Kevin Marulla, estremamente gradito alla piazza. Attraverso questi collaboratori avrebbe potuto dialogare indirettamente coi tifosi per farli sentire non avulsi, ma parte integrante del Club, lasciar loro esprimere la propria identità, fare in modo che si sentissero parte del progetto Cosenza, non smorzarne gli entusiasmi ogni volta che si conseguivano dei successi e capire, una volta per tutte, che una squadra senza seguito (scenario che con ogni probabilità, a sentire gli umori della piazza, si verificherà nella prossima stagione) è un “prodotto” con poco appeal (lasciatemi usare questo termine con appropriatezza di significato e contenuti, stavolta!) poco vendibile!

Se, dunque, non si è voluto vendere il club finora ed il futuro promette un prodotto ancor più difficilmente vendibile, qual è il programma se non quello di accompagnare ad un triste destino – l’ennesimo fallimento – il Cosenza Calcio? Una cosa è certa: il presidente ed il suo Support Liaison Officer prima o poi andranno via, noi tifosi no. Saremo sempre lì a difendere con orgoglio la nostra passione, i colori, le bandiere, il Lupo, i riti, i cori, la storia, perché siamo noi supporter ad essere i legittimi proprietari morali del Cosenza, perché noi costituiamo il vero DNA del Club, ciò che rimane nel tempo e sopravvive a calciatori, allenatori, manager, presidenti e persino al “buon” Andrea Montanini!

Mercoledi 9 giugno 2021
a firma
Sapiens

L’ISOLA DI PASQUA

 

Sono gli anni Settanta inoltrati del secolo scorso.

Lì, oltre la baia di Pearl Harbour, oltre la Cina comunista, oltre le terre nipponiche dove quasi non splende più il Sol Levante del Trono del Crisantemo, lì oltre il mare filippino che trasforma in gorghi di sale le gigantesche onde del Pacifico, lì, su un’isola qualsiasi, nel fitto di una foresta impenetrabile oltre un piccolo villaggio filippino che da trent’anni vive nel terrore, lì c’è Hiroo Onoda che fa la guardia al nulla.

La seconda guerra mondiale è finita da trent’anni, ma lui non lo sa. Nessuno lo ha avvisato. Lui non sa di Hiroshima e Nagasaki, lui non sa che le anime dei suoi morti sono salite al cielo su una scala immensa a forma di fungo, lui non sa del trattato di pace firmato con gli americani che sancisce che l’Imperatore non è più un Dio. Hiroo Onoda da trent’anni ha soltanto un pugnale, e con quello terrorizza il povero villaggio filippino che ha la sventura di affacciarsi sulla sua foresta. Gli hanno ordinato di presidiare quella posizione, nel 1944, di non arrendersi mai – a costo della vita -, e nessuno ha mai revocato l’ordine, quindi Hiro Honoda lo esegue; e nelle sue intenzioni continuerà davvero a farlo finché avrà vita.

E ne avrà parecchia, di vita, perché quando lo trovano quasi non sembra nemmeno invecchiato. Dovrebbe avere cinquantadue anni nel 1974, quando il mondo viene a sapere di lui, ma sembra una giovane belva furente. La carne non ha ceduto, e lo spirito è forgiato nel ferro e nel fuoco, nella ferocia e nella disposizione alla morte che sono proprie dei samurai.

Ci vorrà del bello e del buono per convincerlo a cedere le armi, a uscire da quella foresta da dove seminava il panico, a rendersi conto che la guerra era finita da un pezzo. Dovrà riuscirci il suo diretto superiore di tanti anni prima, recandogli personalmente un dispaccio dell’Imperatore in persona, che lo sollevava dagli ordini ricevuti.

 

 

C’è un giapponese a Cosenza, uno a cui hanno ordinato di non arrendersi mai, a nessun costo, e lui pedissequamente esegue, fino a mostrare il petto alle fucilate nemiche facendo da scudo al suo diretto superiore - e da qui, dal nostro blog, oggi parte la spedizione di soccorso per cercare di salvare almeno lui. Non ha gli occhi a mandorla e non è giallo, ma ha l’inflessibile tenuta nervosa di chi non abbandonerà il posto assegnatogli nemmeno sotto i colpi della mitraglia. E i colpi arrivano, da tutte le parti: sono diretti più in alto, ma il giapponese eroicamente si lancia a corpo morto per fare da scudo con le sue stesse membra.

C’è un giapponese a Cosenza, l’ultimo.

Gianluca Pasqua è un professionista serio e corretto. Preparato, pure. Non bastasse, chiunque sa perfettamente che è tifosissimo rossoblu da sempre. Abbiamo imparato a conoscerlo negli anni, tanti ormai, di trasmissioni televisive accesissime e seguitissime – nonché sui gradoni del San Vito, da molto prima che si chiamasse Marulla.

Gianluca Pasqua è, oggi e da tempo, l’addetto stampa del Cosenza Calcio: il mestiere più ingrato del mondo, di questi tempi - assai più sacrificato di quello di Falcone, che pure ha trascorso un’intera stagione calcistica a respingere disperatamente i bombardamenti a cui è stata sottoposta la porta del Cosenza. Ma meglio, molto meglio stare davanti al plotone d’esecuzione degli assatanati attaccanti della serie B, lanciandosi da un palo all’altro e parando pure la metà dei rigori (che non sono stati affatto pochi) tirati contro i Lupi, piuttosto che fare da frangiflutti tra una tifoseria inferocita e una stampa sportiva avvelenata e incalzante da una parte, e l’ineffabile Fantomas che siede sullo scranno di presidente dall’altra.

Guarascio è sparito da settimane, lo sappiamo. Lo sanno pure a Chi L’Ha Visto. È stato avvistato l’ultima volta mentre discuteva in pubblica piazza col sindaco, e chissà cosa si saranno detti mai, dopo di che è scomparso dalle scene nonostante tutti richiedano a gran voce un confronto con lui, “il presidente più vincente della storia del Cosenza”.

E su chi si rovescia la valanga di strali e accuse che il mondo rossoblu vorrebbe riservare al presidente, quando questi si fa di nebbia? Sul giapponese rimasto nella jungla a presidiare le macerie. Sull’addetto stampa che sudando cerca di garantire che sì, ha ricevuto le richieste, ha visto i messaggi sul telefono, sì, ha avvisato il presidente, certo, il presidente sta prendendosi una pausa di riflessione terminata la quale, per carità, prenderà seriamente in considerazione l’ipotesi di tenere una conferenza stampa per spiegare tutto ciò che una città intera vorrebbe sentirsi spiegare - sì, certo, tempo qualche giorno, sì, richiamo io, sì, riferirò al presidente…

 

 

Gianluca Pasqua deve essere salvato.

È un uomo distrutto, un guerriero sfinito che non può issare bandiera bianca nonostante la sconfitta rovinosa incomba. È assediato e isolato. Asserragliato dentro l’ultima ridotta - una triste bandiera rossoblu che senza vento, crivellata di colpi, non sventola ma stancamente gli fa ombra da sopra la sua trincea, a vana testimonianza che c’è chi combatte ancora -, Gianluca Pasqua incarna un eroe archetipico di cui non avevamo bisogno (lui per primo non ne aveva bisogno) e che poi fondamentalmente non ci meritiamo. Soprattutto non se lo merita Guarascio, che lo lascia allo sbaraglio alla mercé di un branco di lupi inferociti.

Non ha armi, Gianluca Pasqua, non gli hanno dato manco quelle. Nemmeno il rudimentale coltello con cui Hiroo Onoda terrorizzò un’isola intera, lì oltre il Mare delle Filippine. Gianluca Pasqua ha solo la faccia che ci mette e il suo coraggio omerico, quando deve buttarsi nella fossa dei leoni per annunciare incredibilmente che il Cosenza andrà in ritiro il 20 luglio a San Giovanni in Fiore, in un impianto con il terreno di gioco da rifare e la tribuna inagibile.

Il Cosenza andrà in ritiro il 20 luglio a San Giovanni in Fiore”. Voi lo avreste il fegato di proclamare al mondo una simile frase, a rischio che il mondo se la prenda con voi che siete lì a portata di improperio – ambasciator magari non porterà pene, ma rischia di riceverne dai destinatari se il messaggio che reca non è gradito - anziché col presidente, che chissà dov’è?

Si alza uno e ti chiede, toh, che diavolo è il Cosenza?, tu che mi leggi lo avresti il coraggio di stare lì a parlare di ritiri e date correndo il rischio di domande del genere? Che diavolo è il Cosenza? Il Cosenza non esiste. Non si può parlare di squadra di calcio esistente, quando nella prima decade di giugno ancora ci sono sette giocatori in rosa, di cui uno di ritorno da un prestito e due che a quanto si dice avrebbero già manifestato la volontà di essere ceduti per restare in B. Che diavolo è il Cosenza? Difficile parlare anche dell’esistenza quantomeno della società, senza DG da sempre, senza DS da settimane (se non vogliamo dire da mesi), con un presidente che potrebbe insegnare le sparizioni ai migliori prestigiatori.

Che diavolo è il Cosenza? Se il Cosenza non esiste, ci vuole veramente un coraggio leonino per presentarsi al pubblico, da bravo addetto stampa, e dire una cosa tipo il Cosenza il 20 luglio va in ritiro.

Un coraggio che ha solo Gianluca Pasqua, l’ultimo giapponese.

Dobbiamo salvarlo.

 

 

Quando Hiroo Onoda depose le armi – il rudimentale coltello di cui sopra – fu riaccompagnato in Giappone, dove si preparavano a riceverlo con tutti gli onori. Gli magnificarono il destino del Paese dei Mandorli in Fiore, il suo grande balzo nel futuro, i suoi enormi progressi tecnologici. Della seconda guerra mondiale gli dissero solo che era finita da trent’anni – ma non come.

Una volta aperto il portellone dell’aereo che lo aveva riportato a Tokyo, Hiroo Onoda seppe com’era finita la guerra. Vide la gente che lo aspettava – ufficiali dell’esercito, dignitari, funzionari di Stato ma anche semplici cittadini – e li vide tutti uguali: tutti con giacche e cravatte, abiti di foggia occidentale, persino qualche jeans, non un solo abito tradizionale giapponese di seta antica e cotone. Li vide in giacca e cravatta – li vide vestiti come occidentali, li vide colonizzati culturalmente dall’Occidente – e capì che la guerra era persa.

Capì in un lampo, gli bastò uno sguardo – e per la prima volta dopo trent’anni pianse.

Noi dobbiamo salvare Gianluca Pasqua. Raggiungerlo su quell’isola perduta, in quella foresta, trarlo al riparo dai proiettili che fischiano rasente la sua testa, strapparlo dal giogo presidenziale che lo manda al massacro. Gli dobbiamo dire da subito la verità – guarda, Gianluca, non è drammatica come potrebbe sembrare ma devi saperlo, siamo un tantino retrocessi… ma non tanto, giusto un po’, e poi magari ci ripescano -, gli dobbiamo dire di essere forte. Gli dobbiamo mostrare il mondo, e soprattutto dobbiamo proteggere lui da quel mondo che ora come ora sta per mangiarselo vivo visto che non si può mangiare vivo il fantasma del presidente.

Lo dobbiamo rincuorare. Anche i suoi occhi si inumidiranno, come quelli di Hiroo Onoda a vedere i suoi connazionali vestiti come la midclass americana. Glieli dobbiamo asciugare. Coraggio, Gianluca, Coraggio. Vedrai che ce la faremo, vedrai che ci rialzeremo.

Lo abbiamo fatto sempre, in 107 anni che siamo al mondo – 107 anni di botte che prendiamo, ma ci siamo sempre rialzati – lo faremo ancora. E no, l’orco cattivo non ti terrà più prigioniero per sempre a scrivere comunicati deliranti e a fare da bersaglio alla contestazione dal vivo e via whatsapp, vedrai, lo manderemo via.

 

Coraggio, Gianluca, coraggio. Stiamo venendo a salvarti.

 

 

Martedì, 8 giugno 2021

a firma

NdT

BILANCIO TERZA PARTE. CONSIDERAZIONI E PENSIERI.

Abbiamo potuto constatare nei giorni precedenti – mediante le scorse “puntate” del nostro viaggio sorprendente nel bilancio del Cosenza Calcio che – con estrema facilità – le sole ragioni per le quali Guarascio veniva da molti sopportato a Cosenza e nel Cosenza sono venute meno.
Il “non ha debiti” e la “gestione oculata” nel Cosenza non c’è, e non c’è mai stata.
I debiti tributari si pagano, non si lasciano ai posteri. I debiti verso i fornitori di beni e servizi si pagano. I crediti si riscuotono. Questi ultimi, tra l’altro, non possono triplicare rispetto all’esercizio precedente per poi, alla fine dell’anno, essere il 70% del totale ricavato tra diritti tv e sponsorizzazioni.
Possibile che non ti paga nessuno?
I debiti verso fornitori sono aumentati di 4 volte rispetto all’esercizio precedente, e la Società in nota integrativa dichiara “che l’estinzione segue accordi tra le parti variabili in base alle disponibilità finanziarie“. In 30 anni di lavoro nel settore non ho mai visto un fornitore vendere un bene o un servizio con la seguente modalità di pagamento:” Quando tiani i sordi, m’i duni” (“mi pagherai quando avrai i soldi”).
Ripeto, i debiti tributari si pagano, non si lasciano ai posteri.
Molte cose le abbiamo già dette nella seconda “puntata” sul bilancio. Ma vorrei farvi capire alcune cose, spiegandole in maniera più semplice.

Premesso che quasi tutti i ricavi e i costi (tranne gli interessi pagati e riscossi) per la loro rappresentazione in bilancio seguono il principio della competenza e non di cassa (anche se non riscosso un ricavo è comunque un ricavo, così come può dirsi – al contrario – per una spesa), e ricordato inoltre che alcuni costi (ammortamenti ed accantonamenti) non danno luogo a reali uscite finanziarie, nel 2019 il Cosenza ha avuto un volume di ricavi pari a 11,4 milioni di €.
Se noi togliamo il totale dei crediti (ricavi non ancora riscossi), che risultano essere 3 milioni di €, viene fuori un flusso reale in entrata di 8,4 milioni.
Al contrario, il volume intero dei costi, detratti ammortamenti ed accantonamenti, risulta essere pari 10,9 milioni.
Se noi andiamo a detrarre il volume dell’intero ammontare dei debiti, e cioè 5,5 milioni, otteniamo un flusso reale in uscita di 5,4 milioni.
Il risultato porta ad un flusso positivo di 3 milioni.
Perché non sono state pagate le tasse? Perché non sono stati pagati i fornitori?
Perché non è stata rafforzata la squadra?
Cosa sono quei 1,8 milioni di altri oneri diversi di gestione?
Cosa sono quei 720 mila di altri costi del personale?
Piano piano ci arriveremo, non vi preoccupate, perché l’abbiamo già capito.

Considerazioni personali.
E’ evidente ormai che la gestione del Cosenza Calcio è improntata ad una visione temporale che di volta in volta non va oltre un anno. E questo è stato per tutti gli anni trascorsi con Guarascio. Iniziava il campionato con l’unica e sola prospettiva di portarlo alla fine. Non ha mai pensato all’anno successivo, ha sempre utilizzato il Cosenza per i propri scopi personali. Visibilità, consenso, guadagno.
In 10 anni non si è creato nulla.
Un settore giovanile, un centro sportivo (campetto, spogliatoi e docce, tutto qua), uno zoccolo duro di squadra. Abbiamo sempre galleggiato.
Nel forum CS UTD abbiamo coniato il termine “scatola vuota” per identificare patrimonialmente e finanziariamente il Cosenza Calcio.
Ma dobbiamo andare oltre. Quella scatola è piena, piena di macerie lasciate lì non da investimenti sbagliati (magari) ma da una gestione menefreghistica ed incompetente, volta non a sperperare per acquistare il Pettinari di turno (ovvero a impiegare le risorse, magari male, ma quantomeno per rinforzare la squadra di calcio che sottende alla società), ma a spendere e spandere.
In cosa ancora non si sa. O per meglio dire, è meglio non scriverlo, per ora.
E questo atteggiamento delle ultime settimane di Guarascio, come di un bambino offeso, è la chiosa a tutti i suoi anni di nulla assoluto.
Isolato, con l’intero popolo rossoblu – finalmente – apertamente contro, lui invece di sprecare mezz’ora per una necessaria pausa per riflettere sugli errori commessi ma in special modo per dare un seguito alle trattative per la cessione delle quote (i salernitani, più volte citati in questo blog, attendono risposta alla loro pec da 23 giorni), si arrocca! Isolato, nelle segrete stanze, noncurante di quello che accade attorno!
Ricominciando i suoi ridicoli casting per allenatore e ds, annunciando persino il ritiro (?) il 20 Luglio.

Mi riporta alla mente, ovviamente con le dovute distinzioni, Hitler nel bunker di Berlino, rinchiuso lì con la sua fedele Eva Braun, a pochi giorni dal tracollo.
E con le truppe sovietiche in città, intento ancora a spostare truppe inesistenti e a dare ordini a generali ormai sconfitti.
Completamente fuori dalla realtà, ad un passo dalla disfatta generale.
Se ne vada. Il più presto possibile!
In modo da scrivere, da parte nostra, la parola fine ad uno dei periodi più bui di tutta la storia del Cosenza Calcio.

Lunedì, 7 giugno 2021
a firma
Eternauta Rossoblù

GLI ANNI MIGLIORI LI ABBIAMO ALLE SPALLE

 

Da quando è cominciata l’avventura di questo blog e quest’ultimo sta diventando sempre più noto in città, molti – almeno tra coloro che mi conoscono e sanno che chi scrive è una delle menti dietro La Bandiera RossoBlu – mi chiedono addirittura del futuro del Cosenza, come se io o noi tutti della redazione potessimo avere chissà quale notizia da dietro le quinte. Ne approfitto allora in questo mio nuovo post per strappare il velo delle illusioni una volta per tutte: non c’è alcuna notizia e non ci sono più nemmeno le quinte. Il sipario sta calando e il teatro a momenti viene giù – e non per gli applausi. Questa è la situazione.

Che ci vogliamo raccontare, che è stato contattato Trocini?

Che mò arrivano Presta e Gerolin, Pagliuso, Vrenna, Di Donna, gli iGreco con Moggi?

Tutto ciò che ci circonda, dagli ultimi spifferi alle intuizioni che possiamo trarre per facta concludentia dall’atteggiamento del presidente Guarascio, non possono che farci propendere per un’unica conclusione: la società non è – e non è sostanzialmente mai stata – in vendita. Se poi vogliamo andare oltre e dalle conclusioni ci punge vaghezza di azzardare le previsioni, una ci viene amaramente facile: parliamo di una società senza futuro.

Quello che sta succedendo in questi giorni attorno al giocattolo del presidente più contestato d’Italia è abbastanza indicativo: una lunga teoria di nomi, ipotesi, DS e allenatori, tutti di passaggio dalle parti della sede sociale o da Lamezia, tutti – chi più navigato, chi meno, comunque tutti uomini di calcio – orientati al no grazie da sbattere in faccia a Guarascio ogni volta che costui mette sul tavolo le proprie carte e chiunque di costoro, da Giammarioli fino all’ultimo in ordine cronologico Brunello Trocini, si rende conto che un progetto non c’è.

Che non c’è nulla – e anzi peggio: attorno a questo nulla, a quanto pare, il presidente si azzarda anche a vagheggiare incredibilmente di ambizioni di vertice, di ritorno in serie B, di riscatto dell’ultima stagione. E chi viene a Cosenza a bruciarsi la carriera, con un presidente che lo carica della responsabilità di ambizioni altissime e gli fornisce, per raggiungere i risultati pretesi, mezzi da Caritas?

 

 

Diciamocelo chiaramente, magari partendo dal DS: cosa ci viene a fare un direttore sportivo a Cosenza, oggi? Uno bravo, meno bravo, uno sulla cresta dell’onda, uno in cerca di rilancio, fate voi, tanto ognuna di queste figure ha mille e un motivo per stare bene alla larga da un’avventura tecnica e societaria che oggi come oggi propende verso il disastro annunciato.

Se ancora vi votate all’ottimismo, analizziamo la situazione.

La rosa della squadra è a oggi composta di elementi in numero di sette, contando anche Moreo di ritorno dal prestito. Di questi sette, casomai non lo sapeste, due (Gerbo e Tiritiello) hanno richieste dalla serie B e hanno già gentilmente fatto intuire al presidente che gradirebbero restare in cadetteria anziché seguire i Lupi nell’inferno della serie C. Significa che dovrebbero e vorrebbero essere ceduti - ovvero che ciò porterà se non altro almeno denaro nelle casse del presidente, quindi nulla di più facile che siano accontentati. E scendiamo a cinque. Di questi cinque, detto di Moreo, uno è Corsi, l’altro è Bittante reduce da un infortunio gravissimo che lo ha tenuto fuori per mesi (unico motivo per cui resterebbe, altrimenti avrebbe anche lui mercato in B e saluterebbe la compagnia in un amen), poi c’è il buon Matosevic – a oggi distintosi soprattutto per la simpatia, ma di cui sappiamo a malapena che sia un portiere; a seguire Sueva, reduce a sua volta dal fallimento nella stagione che avrebbe dovuto lanciarlo.

Sostanzialmente una squadra da costruire completamente da zero. Con quali fondi? È facile prevederlo: con quello che Guarascio ha sempre stanziato di budget per la serie C (molto simile a quanto messo a disposizione, si fa per dire, per la cadetteria), detratta la tassa pandemia (tanto per restare in linea, no? Il presidente piangerà ancora a lungo i mancati incassi di serie B c’è da scommetterci), ulteriormente detratto il milione o quasi (novecentomila euro circa) bruciato non si sa come e per colpa di chi quando si è clamorosamente mancato il minutaggio dei giovani italiani ex legge Melandri.

Quanto resta, detratto il detraibile dal budget da serie C di Guarascio? Io ho paura a scrivere la cifra, paura e vergogna; diciamo pure che si tratterebbe di un budget pari circa a un sesto, a voler essere buoni, rispetto a quello che servirebbe per rendere realtà le favolose e mitomaniache ambizioni del presidente.

Vado oltre: quanti giocatori servirebbero, diciamo venti? Ebbene, con i soldi che presumibilmente Guarascio intende spendere per la squadra nella stagione entrante, non si riesce quantitativamente a prendere venti giocatori del Bisceglie appena retrocesso. Ripeto, non parlo di qualità, tant’è che ho preso a esempio una squadra come detto che ha perso la categoria: ma se tu oggi ne vuoi venti, venti qualsiasi, del Bisceglie, coi soldi che con ogni probabilità ti darà Guarascio non ce la fai – al massimo ne prendi la metà.

E torniamo all’inizio: fatte queste premesse, chi è il direttore sportivo che viene a suicidarsi sportivamente a Cosenza, oggi, con l’aria che tira?

E quale allenatore, se persino Trocini ha fatto sapere confidenzialmente alle sue amicizie in città che se Guarascio lo richiamasse declinerebbe l’offerta? C’è un motivo se Occhiuzzi non è stato ancora ufficialmente esonerato, e il motivo non è solo il fatto che non ci si trova d’accordo sulla buonuscita ma anche che, in tutta evidenza, davanti alla pletora di rifiuti il presidente potrebbe anche optare per mantenere in sella il condottiero della retrocessione, quello più bravo di De Zerbi.

Sì, lo so, bum!, non credete manco a questo. Io non dico che andrà così sicuramente, ma vi garantisco che ci sono serie possibilità che questo scenario si verifichi.

Per rinfrancare lo spirito della tifoseria – non che sia possibile, scusate: ma almeno provarci – il buon presidente dovrebbe quantomeno incontrare la stampa, come richiesto da tempo, e annunciare urbi et orbi le sue intenzioni e i progetti futuri del Cosenza. Il cosiddetto programma. È sotto gli occhi di tutti che ciò non avviene né avverrà mai: in tutta evidenza non esiste uno straccio di programma, non esiste un progetto futuro che non sia arrivare a domani e poi si vede, è chiaro che Guarascio non parla pubblicamente – e che non ne abbia la minima intenzione lo racconta in città, informalmente, la sua portavoce signora Scalise - perché non sa cosa dire e non ha nulla da dire, ma c’è dell’altro. C’è, e me lo si lasci dire, che rifiutarsi di parlare, di incontrare la piazza e i giornalisti, di assumersi le proprie responsabilità in questo sfacelo, di dimostrare che c’è una progettualità – rifiutarsi di battere un colpo in tutto questo significa in ogni caso infischiarsene di tutto e di tutti. Si pretende di non dover rispondere dell’ecatombe e nemmeno di dover chiarire il futuro. La maschera è finalmente stata gettata via: al presidente, a quanto pare, non si devono rompere le scatole.

Gli garantiamo collettivamente come redazione de La Bandiera RossoBlu che in questo non sarà accontentato, e pazienza se continuerà a nascondersi.

 

 

Un’ultima chiosa.

Stiamo assistendo in queste settimane a passerelle abbastanza fastidiose sulla pelle del Lupo e sulla pazienza dei tifosi. Noi per primi – e unici – vi abbiamo dato già ormai un mese e mezzo fa la notizia della trattativa con gli imprenditori salernitani, naufragata prima di nascere anche quella perché Guarascio non inviò mai loro la documentazione contabile richiesta. E del resto perché avrebbe dovuto, se non vuole vendere? I salernitani non sono mai venuti allo scoperto dopo il fallimento della trattativa – se lo avessero fatto, molti che ci hanno tacciati di diffusori di bufale si sarebbero ingoiati le loro parole. Gli imprenditori campani non avevano alcun motivo di parlare, a loro interessa – come detto – investire nel calcio e non per forza specificatamente nel Cosenza, e dunque spubblicare Guarascio avrebbe potuto gettare discredito anche su di loro e impedirgli nuove trattative per l’acquisizione di altre società.

Nessuno tratta con te se sa che appena la trattativa salta ti fa fare brutta figura con la piazza.

Ci dispiace che i salernitani non abbiano parlato, naturalmente, ma oltre a comprenderne i motivi li preferiamo così. Oggi invece assistiamo a tutta una serie di interviste e comparsate televisive di vecchi e nuovi potenziali acquirenti, tutti a raccontare che Guarascio non vuole, che Guarascio non vende. L’ultimo in ordine di tempo Lucio Presta. “Potete entrare solo come sponsor, non vendo la società, ho una squadra fortissima e un allenatore più bravo di De Zerbi”, la frase ormai celeberrima con cui l’estate scorsa Guarascio congedava il manager delle star e la sua cordata inaugurando con questa strepitosa ventata di ottimismo la gloriosa stagione della retrocessione.

Ebbene, intervistato nelle ultime settimane, Presta - oltre a ribadire queste affermazioni sconsiderate di Guarascio – ha sempre detto e ripetuto che il Cosenza oggi non gli interessa più e non lo comprerebbe mai, nemmeno se lo stesso Guarascio glielo chiedesse.

E allora, perdonate la domanda, perché mi devo ritrovare di nuovo l’altra sera Presta ancora in televisione, a ripetere gli stessi concetti? Personalmente ritengo il signor Lucio Presta, dal momento stesso in cui si dichiara non (più) interessato a rilevare il Cosenza – a salvarlo dal disastro che sta per arrivare, temo di dover dire -, interlocutore di interesse zero, anzi, non un interlocutore. Non mi interessa quello che ha da ripetere per l’ennesima volta su Guarascio, non mi interessa se avrebbe portato Gerolin come DS, non mi interessa se aveva in animo di conquistare la serie A, la zona UEFA e lo scudetto. Come non mi interessano, dal momento in cui dichiarano che la trattativa è saltata e non se ne fa più nulla, gli iGreco con Moggi, Pippo Baudo e Daniele Piombi all’ala.

 

Non volete rilevare il Cosenza? Benissimo, tutto legittimo, padronissimi, ma allora per cortesia toglietevi tutti da davanti alle telecamere.

 

 

domenica 6 giugno 2021

a firma

NdT

OH CAPITANO, MIO CAPITANO!

Oh capitano, mio capitano! il nostro viaggio tremendo è terminato; la nave ha superato ogni ostacolo, l’ambìto premio è conquistato…” così inizia la famosa poesia di Walt Whitman, recitata e resa ancora più famosa nel bellissimo film “L’attimo fuggente”. Nella metafora dell’autore, il viaggio tremendo richiama gli orrori della guerra di secessione americana ed il capitano della nave, che muore sul ponte di comando, rappresenta l’allora presidente americano Lincoln, che morì assassinato il 14 aprile 1865.

Bella immagine, quella di un capitano che muore sul ponte della propria nave per consentirle comunque di arrivare in porto e conseguire il risultato. Riportando la metafora al nostro Cosenza, dobbiamo registrare che purtroppo… no, il nostro capitano non si è affatto sacrificato e l’ambìto premio non è stato conquistato: il Cosenza, come tutti sappiamo, è miseramente e malamente (senza neanche passare dai playout) retrocesso. Il lettore, a questo punto, starà pensando: ma può essere colpa esclusiva del capitano? In un gioco di squadra può dipendere da un unico elemento? Le risposte, ovviamente sono, no e no! Perché l’enorme responsabilità di questa preannunciata retrocessione (sul forum.cosenzaunited.org eravamo, purtroppo stati facili cassandre) va certo ascritta prevalentemente al presidente – #ioboicottoguarascio, per non dimenticare! – passando per il DS, l’allenatore e quindi la squadra. Quest’ultima da chi dovrebbe essere rappresentata se non dal suo capitano?

Quello stesso capitano che, per tornare alla metafora di Whitman, mentre la nave beccheggiava pericolosamente tra i marosi della tempesta ed a metà campionato prefigurava già il futuro fragoroso naufragio, invece di preoccuparsi di compattare l’equipaggio (lo spogliatoio) si sentiva in dovere di uscire in conferenza stampa – era il 12 gennaio 2021 – per fare il piccato avvocato di se stesso. Così quando gli si chiedeva come mai la fascia destra, durante le sessioni di mercato fosse sempre oggetto di valutazioni, lui, invece di fare un po’ di sana autocritica (orsù, lo sappiamo e lo vedevamo tutti che il suo livello tecnico non fosse adeguato a disputare un campionato come la serie B) si sentiva in dovere di togliersi il sassolino dalla scarpa: “io penso che determinate persone, quando parlano di calcio è come quando io parlo di fisica nucleare… (omissis)… da qualche parte vedo un po’ di pregiudizio nei miei confronti e questo non va bene!”. Pregiudizio? Non ho voglia di enumerare tutte le topiche in cui quest’anno il “buon” Angelo è incappato, da errori tecnici in fase d’attacco propiziatori di capovolgimenti di fronte da parte delle squadre avversarie, alle irresponsabili espulsioni, alle innumerevoli palle perse per supponenza, limiti tecnici e scarsa propensione a marcare adeguatamente gli avversari, in fase difensiva, che ci sono costati sanguinose sconfitte e punti pesanti in classifica!

O ancora, quel capitano il cui utilizzo smodato (lo abbiamo visto schierato oltre che in fascia destra, ruolo che per lui inventò Roselli, persino sull’out sinistro, a centrocampo e e finanche in attacco!) a fronte della scarsa caratura tecnica ha finito inesorabilmente per pesare sul fatto che il Cosenza sia stato l’unico Club dell’intera serie B a non raggiungere il minimo dei 900 minuti di utilizzo di calciatori under 23 nelle 38 partite della stagione regolare. Un errore grossolano costato caro, ben 900 mila euro di contributi da restituire alla Lega. Su quella fascia avrebbe dovuto lasciare spazio all’under Devid Bouah, che tanto più scarso del n. 2 non dev’essere (rimane il condizionale perché con i lupi l’abbiamo visto davvero troppo poco) se è vero com’è vero che è dal 2017 nel giro delle nazionali italiane Juniores, cosa confermata dalla recente convocazione tra gli azzurrini under 20, appena pochi giorni fa. Questa probabilmente – starete pensando – è un’accusa da muovere più ad Occhiuzzi, piuttosto che a Corsi. Vero, anche se nessuno mi toglie dalla testa che le pressioni senz’altro esercitate da Corsi sul mister, in qualità di diretto interessato (in pieno conflitto di interessi – anche se in Italia, si sa, ciò non è una novità – ma questa è un’altra faccenda) di capo dei senatori dello spogliatoio (è il più longevo attualmente a vestire il rossoblu, ahimè!) nonché di capitano, abbiano avuto un peso determinante nelle scellerate scelte fatte dal trainer.

Infine, proprio quel capitano che non si è degnato di indire, dopo la squallida prestazione di Lignano Sabbiadoro, una conferenza stampa (stavolta sì che sarebbe stata opportuna!) per rammaricarsi a nome proprio e della squadra per l’amara retrocessione. Non si è neanche preso la briga di scrivere un trafiletto sui social (almeno, io non ne ho contezza e mi scuso sin d’ora qualora non fosse così) cosa che invece si sono sentiti in dovere di fare – per quel che conta – suoi compagni di squadra come Crecco (l’ultimo arrivato) Falcone (che colpe non ne ha, anzi!) e persino quell’ectoplasma di Schiavi (su di lui, mi aspetterei prossimamente, una puntata dedicata di Chi l’ha visto?).

Ecco, per tutto quanto scritto, oltre a chiedere a gran voce la cessione della totalità delle quote societarie al presidente #guarasciovattene, le dimissioni dell’allenatore (sul Blog ne parliamo qui) mi farebbe piacere se il signor Angelo Corsi chiedesse, per questioni di dignità, di essere ceduto evitando, quindi, di vestire ancora per un anno – tanto di contratto gli è rimasto – il Lupo sul petto. Né tantomeno la fascia, già indossata con orgoglio da Gigi Marulla: no, non ne è degno, non può essere ancora lui il mio capitano!

Sabato, 6 giugno 2021
a firma
Sapiens

QUALCUNO PARLA?

Ieri un amico mi ha scritto in privato facendomi notare che a breve saranno passati 30 giorni esatti. Cioè che da 30 GIORNI la Società del Cosenza Calcio non sta dando segni di vita. Logico quindi supporre che o non si muoverà niente, O NON C’E’ PIU’ NIENTE DA FARE. Le due ipotesi, per quanto simili, portano a due scenari totalmente diversi.

Il primo fa capire che l’attuale immobilità sarà destinata a protrarsi finchè il diretto interessato (Guarascio) non troverà il modo per uscire allo scoperto. E che continueremo con la solita solfa. Come ed in che modo, lo sa solo lui. E intendo veramente solo lui, perchè credo che nemmeno chi cura la sua comunicazione abbia ormai modo di capire cosa stia succedendo realmente. La riprova l’abbiamo avuta con quella specie di “comunicato che comunica che a breve ci sarà una comunicazione”. Che poi non era proprio un comunicato ma, ad ogni modo, la domanda a tale notizia non poteva che essere (per quanto possa sembrare grottesca!) E QUANDO CI VERRA’ COMUNICATO? Si aspetta un cenno, sperando che non venga annullata!

Il secondo scenario porterebbe a pensare che la situazione finanziaria sia più grave ancora di come abbiamo tentato di descriverla qui sul Blog, e allora si affaccerebbero nella mente di noi tifosi presagi e spettri dell’ennesima farsa! Perchè, scusate tanto, se una Società che dal primo giorno (2011) ha fatto del suo punto di forza il non voler “fare il passo più lungo della gamba”, e poi alla fine di “gambe” per reggersi non ne ha proprio, io un termine migliore non lo trovo!

Ad ogni modo questi due scenari non pare possano ancora prendere forma. Di sicuro non nell’immediato. E quindi farebbe gioco anche a chi pensa che la tattica sia solo volta a far scemare la contestazione prima di mettere di nuovo la testa fuori. Ma, a meno che per “scemare” non s’intenda che i cosentini siano diventati letteralmente “scemi”, anche questa idea la vedo difficile da accettare. O forse si vuole comprendere in questa visione il tanto strombazzato (da altri, perchè Guarascio non parla, eh?) ripescaggio che potrebbe sedare qualcosa e qualcuno? Mah.

Intanto il calcio va avanti. O meglio TUTTO va avanti! Tranne noi, ed il rapporto con la “nostra” Società. Il virgolettato credo ormai sia d’obbligo, visto che NESSUNO ha il coraggio di rivolgersi a noi per dirci cosa succede! Siamo come una coppia separata che vive nella stessa casa, e che non vuole rivolgersi la parola. Anche se in realtà è uno solo che si rifiuta di parlare. Ma prima o poi gli toccherà.

Ed intanto, quello che era nella testa del Presidente una “sparuta minoranza” di contestatori, tifosi da strada, gente che non si merita niente, s’ingrossa. Perchè, che abbiate firmato o meno la petizione lanciata dall’associazione “Cosenza nel cuore” su change.org, è inutile che fate finta essere indifferenti. Vi rode, non nascondetelo.

Tutti gli altri parlano, che vincano o che perdano, Noi mugugniamo, e ci lambicchiamo il cervello aspettando cosa verrà fuori alla fine della fiera. I ds e gli allenatori vengono annunciati come già dati e imminenti alla chiusura, per poi cadere nell’oblio del silenzio. E quindi si ricomincia sempre da capo ad aspettare che qualcuno parli. Ma l’impressione è che – quando lo farà – non ne saremo soddisfatti. E, del resto, come fai ad esserlo con chi preferisce far parlare gli altri di quelli che si pensa possa avere in mente di fare?

Ci tocca un girone di ferro, dove la vittoria del campionato o dei playoff sarà veramente un’impresa e, invece di essere una delle squadre favorite – ruolo riservato SEMPRE a chi retrocede – con noi già si parla di ridimensionamento (sempre per bocca di altri) e di TENERE IN VITA!

A voi non dà fastidio? O magari lo reputate normale? Prepariamoci all’inizio di un’altra strana estate, ma non come quella della Pandemia. Qui il virus lo conosciamo bene e ci siamo anche ampiamente “vaccinati” per gestirlo. Solo che non si capisce se vuole andarsene o meno. Si attende il responso, che prima o poi verrà fuori.

 

Alla fine qualcuno dovrà pur parlare, e dire come stanno esattamente le cose. Vediamo quanto ci vuole a “comunicare” correttamente.

Venerdì 5 giugno 2021
a firma
Sinn Féin

C'ERA UNA VOLTA UN PRINCIPE

Salvare miracolosamente una squadra e una città con 10 partite a disposizione, e riuscire dopo pochissimo tempo a distruggerla in un intero campionato.

Passare da 22 punti in 10 partite (media 2,2) a 35 in 38 partite (media 0,92). Eppure, il primo Agosto 2020, molte testate giornalisti che scrivevano testualmente che il Principe era destinato a diventare Re, un vero predestinato insomma.
Invece è accaduta una metamorfosi al contrario, incontestabile dal punto di vista del risultato sportivo.


Ebbene, le avvisaglie c’erano tutte, ad iniziare dai 5 pareggi di fila in avvio di campionato.
In particolare proprio il primo di questi, uno scialbo 0-0 casalingo contro l’Entella (per alcuni probabile ultima della classe, e poi confermatasi tale) avrebbe potuto spalancare gli occhi a molti che ancora dormivano beati, sognando un altro exploit del Principe.
Il 26 settembre 2020 infatti la squadra ligure si presenta a Cosenza senza 4 titolari (con infortunio ulteriore di Settembrini dopo 30 minuti) e con un nuovo allenatore, Tedino, agli onori della cronaca anche per la sconvolgente affermazione “Mungo è il calcio”.
Le dichiarazioni post partita del Principe sono incentrate su una squadra alla ricerca dell’equilibrio ed ancora in costruzione. Peccato però che il Cosenza scende in campo con 9/11 del campionato precedente e con lo stesso modulo.

Cosa c’è quindi da costruire?

Quale paura c’e nel cercare la vittoria?


Perché Bahlouli (fortemente richiesto), che pure ha svolto ottimamente il ritiro con la Sampdoria, resta in panchina tutta la partita (salvo poi giocare titolare la partita successiva)?
Cambi tardivi inoltre come di consuetudine, 82’-83’, ed uno effettuato al 57’ con ingresso di Gliozzi, appena arrivato, per Litteri, assolutamente inutile. Il capitano Corsi in campo tutta la partita (qualcuno dovrebbe spiegare le motivazioni di un biennale ad un calciatore assolutamente inadatto al 3-4-1-2) piuttosto che provare altre soluzioni in corso d’opera che avrebbero potuto spingere la squadra alla doverosa vittoria casalinga.

Si sarebbero potuti comprendere da subito (e qualcuno ci riuscì) i gravi difetti che sarebbero emersi nel corso della stagione come l’incapacità di leggere le partite, di valorizzare i giovani, di sfruttare al meglio i giocatori a disposizione e non ultimo, di motivare la squadra (chi meglio di un tifoso del Cosenza) garantendo sempre la voglia di vincere, di sbranare l’avversario come dei lupi.

Vero è che queste cose o le hai o non le hai, e i 2 pareggi fatti da giocatore con il Catanzaro in C2 – nell’anno in cui avresti potuto vincerli entrambi – e in particolare il timido tocco di fino tentato da solo davanti al portiere nel derby giocato in casa, la dicono lunga sulla cattiveria agonistica del Principe.

Il bacio al pallone, da lui tanto utilizzato, probabilmente altro non era che affidarsi alla sorte.
Sarà anche per questo che, forte del triennale ottenuto, manifesta tranquillità e soddisfazione del lavoro del DS Trinchera, nonostante il Cosenza completi la rosa in gran ritardo (con giovani scommesse o calciatori da rilanciare) e non svolga neanche il ritiro. La tifoseria d’altra parte e’ relativamente tranquilla perchè il Principe e’ un vero e proprio garante, un tifoso del Cosenza e si pensa che mai potrebbe commettere atti o omissioni che possano nuocere alla squadra.

Fra i nuovi arrivi, magari può esserci qualche gradita sorpresa, da valorizzare, come il centravanti rumeno Petre (a lungo studiato), il giovane terzino destro Bouah e il cetrarese Sueva.
Ma non va come dovrebbe andare, molti giocatori diventano oggetti misteriosi (appaiono sporadicamente per poi sparire subito, indipendentemente dal rendimento).

Giocano sempre gli stessi, e Bruccini, è tenuto palesemente ai margini.

L’unica ancora di salvezza si dimostra Falcone, che para tutto e rende addirittura la nostra difesa una delle meno battute della categoria, nonostante il bombardamento quotidiano a cui è sottoposto dagli avversari.

La squadra è asfittica, con un gioco d’attacco inesistente, con i centravanti utilizzati a centrocampo e con il miglior giocatore Baez, chiamato a finalizzare l’azione (doti da goleador inesistenti) invece di sfornare assist nel suo naturale ruolo di esterno. Unico schema la verticalizzazione verso Carretta o i passaggi tra quinti – vera e propria ossessione della sua idea tattica, scivolamenti compresi- belli da vedere, ma inutili in quanto gli esterni in organico non sono certo quelli dell’Atalanta!
Il Principe continua però imperterrito per la sua strada, a dire sempre le stesse cose in conferenze post partita senza un contraddittorio.
Si arriva al mercato di gennaio, alla cessione di Baez, unico giocatore in grado di spostare gli equilibri, e agli acquisti di Trotta, Crecco, Mbakogu (stendiamo un velo pietoso) Tremolada e Gerbo, e, non ultimo, il giovane greco Antzoulas. Ancora una volta il Principe si dichiara molto soddisfatto dei nuovi arrivi.

Le partite però passano e la situazione non migliora, anche se arriva la prima vittoria casalinga contro il Chievo, più per la legge dei grandi numeri che per altro.

A Salerno, partita in cui dopo 20 minuti il convalescente Mbakogu esce per un prevedibile infortunio, per puro caso, si scopre il giovane Antzoulas, schierato per il forfait di Schiavi, salvo poi sostituirlo inspiegabilmente nella partita successiva alla fine del primo tempo.

Gli errori continuano, i gol subiti da calcio d’angolo non si contano più e il Principe non è in grado di predisporre nessuna contromisura, continuando solo ad ostentare sicurezza con 2 frasi ad effetto:
“Nessuno sa meglio di come si affrontano le ultime partite”, e “I conti si fanno alla fine”.


La vittoria in casa contro l’Ascoli sembra essere effettivamente l’inizio della riscossa, anche se il gol decisivo è realizzato da Kone, subentrato all’infortunato Petrucci. Sarà quello l’ultimo ululato, la squadra sparisce letteralmente dal campo e perde le successive partite senza fare un tiro in porta.
Spariscono le conferenze prepartita ed ai tifosi non restano altro che le dichiarazioni post partita, in particolar modo in quella post Venezia , persa 3-0, il pensiero alla “società che fa sacrifici” lascia basiti e attoniti, anche solo pensando alla pesante cessione di Baez.

Con il senno di poi, inoltre, tale affermazione mal si concilia con i 900 mila euro persi incredibilmente per il minutaggio dei giovani.
Molti tifosi sostengono che la squadra è così scarsa che qualsiasi altro allenatore farebbe peggio, ma una speranza ancora c’è, anche a sole quattro partite dalla fine.

Bisogna però dare una scossa alla squadra, ma il Principe non viene mai minimamente colto dal dubbio delle dimissioni e si presenta all’allenamento, anche quando il giorno prima viene di fatto esonerato.

Il Presidente aspetta che si faccia da parte e lui aspetta l’esonero, perchè la squadra non la molla.
Continua a baciare il pallone, come quando esulta in maniera forsennata sul gol del Venezia contro il Pordenone (poi annullato) mentre si sta perdendo in casa con il Monza.

Questo perchè si può giocare anche l’ultima partita e ancora millantare che la squadra giocherà da veri lupi, fino alla fine.
Il Principe, d’altronde, il 27 aprile 2008, in occasione della partita vinta 2-0 in casa contro il Bacoli, che sanci’ la promozione in C2, sfoggiò una maglietta rossoblu con la scritta : “Finché morte non ci separi”.
Ma bisogna morire per separarsi? Il Cosenza non è una propria conquista, ma è di tutti, non di Occhiuzzi, non di Guarascio, e se lo si ama non lo si lascia morire.
Però un lavoro è lavoro e le dimissioni nel calcio non le dà nessuno.

E’ vero, ma anche questo mal si concilia con quanti in questi giorni stanno chiedendo a Brunello Trocini di non firmare per il Cosenza.
E perchè mai? In questo caso non è un lavoro?

La differenza riguarda la dignità dell’uomo e la passione del tifoso.
Il bacio al pallone da solo non basta, anche perchè in questo caso somiglia molto ad un bacio di Giuda, una consegna consapevole alla crocifissione del popolo rossoblu.

 

 

Venerdì 5 giugno 2021
a firma
FLS (Forza Lupi Sempre)

La Zona Morta #4
L'assurda parabola del vero tifoso

Siamo alla solite. Inutile che facciamo finta di non capire. E’ chiaro a tutti quello che succede – ma soprattutto – anche quello di cui i tifosi del Cosenza hanno bisogno.

Eppure, non venendo MAI meno ad una strana e contorta tradizione cosentina, invece di cercare un punto in comune, i punti di vista si moltiplicano!

Risultato? Confusione, voci che si sovrappongono (ed il più delle volte dicono la stessa cosa!) alimentando e confliggendo senza motivo, ed il tempo passa.

Perchè? Perchè ognuno vuole mantenere la sua posizione, senza cercare di farsi una idea condivisa che possa aiutare a districare la massa e di giungere ad un tema comune. Anche se il tema, o meglio l’obiettivo comune, c’è già. Vale a dire che GUARASCIO SE NE DEVE ANDARE! Però, per arrivare all’obiettivo, sembra che si debba affrontare una giungla!

Una giungla fatta di silenzi, commenti piccati, allusioni, interpretazioni, fraintendimenti e autoincensamenti (cosa mi tocca leggere!) che si mescolano al solito filosofico atteggiamento cosentino. Del tipo: “Eh, ma adesso ci siete arrivati?…..eh, io lo dicevo tempo fa……ma guardate che non è solo questo…..non avete idea, proprio non avete idea……E fosse solo questo!..

E’ un dato di fatto, quando le cose si dovrebbero districare, Noi (perchè – da Cosentino – sindacalmente appartengo anche io alla categoria, mica lo dimentico!) siamo bravissimi a gettare ulteriore fumo nella confusione generale, e ad ingarbugliare le cose ancora di più! Alcuni per difendere i propri interessi (Dividi et impera, ricordate?), altri perchè hanno l’impellente necessità di non finire “in fondo alla fila” nella discussione. Perchè non sia mai che, a fronte di un argomento che coinvolge tutta la città, rimango zitto ad ascoltare e faccio mancare il mio importante contributo. Qualunque esso sia, e dovunque porti!

E allora il GUARASCIO VATTENE – concetto che dovrebbe essere sempre al centro della discussione – si perde. Si svuota di significato, si allontana dalle innumerevoli parole che riempiono le discussioni ed i social, e che pretende che siano scolpite nella pietra della storia Cosentina calcistica, altrimenti non vale. Telesio non credo approverebbe. O capirebbe.

Si sa che la gente ama dare consigli, sentendosi come Gesù nel tempio” si canta nella bellissima Bocca di Rosa di Fabrizio de Andrè. Ecco, facendo un paragone che scomoda mio malgrado il grande Maestro, ai cosentini piace dare alla verità tante forme – soprattutto vantandosene con gli altri – senza però mai entrare nel merito del contenuto!

Sembra sempre che, anche dietro la cosa più banale, ci debba essere una sovrastruttura che tutto governa e con cui non si può interferire! Vienimi dietro, che io la so lunga….

Si crea un’atmosfera simile al film JFK di Oliver Stone, e tutti pensiamo che alla fine incroceremo un Signor “X” che ci rivelerà, in una innocente passeggiata a Corso Mazzini, cosa sta veramente succedendo. Ma è così oscura ed intricata la verità che si sta cercando? Io credo di no.

E’ solo che ci siamo persi nella nostra solita iperbole in salsa bruzia, che tanto ci gratifica. E una iperbole è l’insormontabile muro dove questa (giusta) contestazione rischia di andare a sbattere. Perchè di questo si tratta, dell’alterare in quantità e contenuto la situazione attuale, andando a gonfiare o a indirizzare le cose verso un contraddittorio sterile e vacuo. Ingigantendo delle cose (quelle il più delle volte inutili) e sminuendo quelle che alla fine sono le più importanti.

Qualcuno potrebbe obiettare che già la contestazione è – di per sè – una iperbole. Ma sinceramente, se andiamo a ritroso fino al 2003 e analizziamo tutti quegli anni fino ad oggi cosa abbiamo assaporato e subito noi tifosi (bocca taci!), una iperbole è sicuramente la naturale reazione.

Se ne sono viste troppe, non si può negare. Ed ogni volta a ricostruire dalle macerie. NOI TIFOSI! E poi, da quando in qua le sorti della Squadra sono passate inosservate nella nostra città? Perciò questa volta è più che legittimo mantenere la giusta pressione ed attenzione, indipendentemente da come la interpreti chiunque si trovi a passare da qui, anche per caso. Comunque vada, è bene concentrarsi sul qui e l’ORA! E sinceramente gli spunti ci sono già stati.

L’idea di far arrivare il messaggio con l’extrema ratio del boicottaggio (oltre a quello che avevamo proposto qui con la campagna #IOBOICOTTOGUARASCIO) di presenze allo stadio è già una notevole risposta, se verrà attuata. E, paradossalmente, anche questa è una iperbole.

Una iperbole assurda, ma anche necessaria visto il momento. Una scelta da vera tifoso, per quanto dolorosa. Di solito, se vuoi contestare la Società, è proprio con la presenza allo stadio, – mentre contesti o esponi striscioni contro la proprietà – che ti fai sentire di più. Anche a livello mediatico.

E poi un tifoso non diserta, soprattutto quando le cose stanno andando male. Ma stavolta è diverso. Perchè si è ormai capito che si ha a che fare con un sordo! Che non vede, non sente e non parla. O forse è più corretto dire che sembra si diverta a far parlare gli altri. Tanto poi fa sempre come ha deciso lui! Cioè male.

E allora, quale risposta migliore se non ripagare con la stessa moneta chi non reputa necessario dialogare con la tifoseria? Uno stadio vuoto lancerebbe certamente un messaggio più comprensibile a chi sembra non interessarsene, nemmeno quando i tifosi vanno davanti al Comune per protestare.

E’, come detto più volte, una iperbole. E non porta mai a niente di buono per nessuno. Ma di giusto. E, se si avvererà, ecco come la vorrei vedere nella Zona Morta:

E’ la prima giornata del campionato 2021/22, il giorno più importante per la città. Da sempre, come ogni anno da quando il calcio è entrato a far parte della sua storia. Ma l’atmosfera è diversa, i botteghini allo stadio sono vuoti, non c’è fila. Il solito capannello di tifosi che anima lo spazio intorno nell’attesa dell’acquisto, è scomparso. Gli addetti alla biglietteria sonnecchiano annoiati, in attesa di chiudere.

Quasi un’ora prima della partita però, succede una cosa strana. Una silenziosa folla si avvicina allo stadio, circondandolo. E’ una folla incredibile, due volte quella che potrebbe contenere lo stadio. Hanno tutti i vessilli, le sciarpe e le maglie della squadra, come è doveroso per un vero tifoso.

Gli addetti si rianimano, pensando all’enorme incasso che arriverà all’ultimo. Ma proprio ad un metro dalle recinzioni prestadio, la folla si ferma simultanemanente. Non emettono un rumore, si limitano a guardare tutti le mura che circondano il campo da gioco, dove stanno per entrare le squadre. E quando questo avviene, le poche persone fra giornalisti e dirigenti che sono dentro seduti ad osservare il campo da gioco, sono testimoni di un fatto unico, impensabile.

Di colpo, le maglie della squadra di casa – come se fossero state maledette – perdono lo stemma del Lupo. Il simbolo – assieme ai colori – della squadra di casa. E’ scomparso! Adesso non c’è più, ci sono solo delle maglie rossoblù, maglie anonime. Come se ne vedono tante. L’arbitro osserva anche lui stupito questo incredibile fenomeno per qualche istante, poi fischia l’inizio della partita. Sugli spalti le poche persone presenti sono allibiti. Ci sono due squadre che giocano, ma nessuna delle due gioca in casa! Cosa è successo, si chiedono tutti mentre la palla inizia a rotolare? Non lo sa nessuno, tranne la folla che sta fuori. Che rimane ancora ad osservare dall’esterno il suo tempio violato. Uno stadio vuoto e pieno di livore.

Non c’è luogo al mondo in cui una persona è più felice che in uno stadio di calcio” diceva Albert Camus. Non penso di dover aggiungere altro.

Giovedì 3 giugno 2021
a firma
Sinn Féin

STATO PATRIMONIALE E CONTO ECONOMICO,

BILANCIO 2019 DEL COSENZA CALCIO

Dopo aver analizzato e dato una chiave di lettura del bilancio del Cosenza Calcio nei giorni scorsi, esaminiamo oggi le singole voci di stato patrimoniale e di conto economico, almeno quelle più significative ed interessanti.

Crediti iscritti nell’attivo circolante:

Sono presenti crediti v/clienti pari a 2,710 milioni con un incremento di 1,758 milioni rispetto all’anno precedente. I crediti v/clienti sono gli importi vantati dalla società nei confronti dei suoi clienti a seguito di emissione di fatture. Per una società calcistica essenzialmente diritti tv e sponsor. Sarebbe stato opportuno evidenziare i diritti tv almeno da poter conoscere l’importo che la società deve riscuotere dagli sponsor.

Eh, benedetti sponsor…….

In questo importo sono ricompresi 530 mila per fatture da emettere verso la Lega a seguito dei contributi spettanti per l’acquisto delle celeberrime teche Rai. I crediti v/altri sono rappresentati da anticipi a fornitori per 163 mila (addirittura i fornitori vengono pagati in anticipo, ma come siamo cattivi!), 55 mila v/ vivaticket e 60 mila verso lega e federazione. Un appunto. I crediti v/lega e federazione inseriti per 530 nei crediti v/ clienti e per 60 in crediti v/altri dovevano essere inseriti in un capitolo apposito, previsto dal piano dei conti Figc tanto caro a qualche ns. lettore, e per l’esattezza “crediti v/enti-settore specifico” capitolo C II 6 del bilancio. Ma questa è un’inezia perche il sommo Toto’ diceva “ragioniere, è la somma che fa il totale.”

Debiti iscritti in passivo:

I debiti v/fornitori ammontano a 2,797 milioni con un aumento del 400% rispetto all’anno precedente. Risultato molto negativo nonostante l’aumento delle disponibilità dovuto al raddoppio del fatturato. Nonostante questo alcuni fortunati fornitori vengano pagati addirittura anticipatamente! Come mai? Figli e figliastri?

I debiti tributari sono a 1,728 con un incremento di 351 mila rispetto all’anno precedente. Cosa sono? i debiti v/erario per imposte dirette (ires/irap) ed indirette (iva). Inoltre tutte quelle imposte incassate in qualità di sostituto d’imposta (ritenute lavoratori dipendenti e d’acconto). Ora, appare di difficile interpretazione questo dato, perchè a riguardo Ires dovrebbe essercene ben poca dato che la società chiude in perdita (anche se la perdita di bilancio in sede fiscale si può ridurre anche tanto, fino a diventare utile) ma non capita spesso. Irap? Può darsi. Iva? sicuramente ma… l’Iva va versata mensilmente. Ritenute? Sicuramente quelle che si versano nel gennaio successivo non altre, in quanto il loro mancato versamento è fatto grave. Inoltre, di questi 1,728 milioni di debiti tributari, 546 mila sono da pagare oltre l’esercizio successivo.
E’ chiarissimo che ci sono una o più dilazioni di pagamento pluriennali nei confronti dell’erario e/o dell’Agenzia per la Riscossione di un importo superiore a 546 mila. Ma come mai non sono state pagate queste imposte?

Ricavi:

Ci sono alcune voci interessanti.

Contributi in c/esercizio 4,642 milioni, sponsorizzazioni 27 mila (sponsor tecnico), pubblicitari 1,710 milioni, commerciali e royalties 76 mila, diritti televisivi 1,329. Escludendo i proventi vari (competenza ricavo quota 2019 teche Rai) che non danno luogo ad entrate, la somma delle succitate voci fa (escluso i contributi in c/esercizio erogati da lega e federazione incassati per il 99%) 3,142 milioni.

Una domanda sorge spontanea: dato che i crediti v/clienti sono pari a 2,710 milioni, possibile che si è incassato solo poco più di 400 mila da queste voci? Certamente gli incassi dai botteghini non danno luogo a crediti e allora perchè questi “cattivoni” di clienti non pagano?

Costi:

Nei costi per servizi rispetto all’anno precedente i costi amministrativi (compensi a terzi manutenzioni e riparazioni) sono più che raddoppiati passando da 324 a 720 mila (che oculatezza!) e le spese assicurative da 33 a 110 mila.
Nei costi del personale c’è una voce “altri costi”, pari a 713 mila, doppia rispetto al precedente esercizio. In questa voce sono indicati costi che afferiscono direttamente il personale dipendente ma non si specifica cosa. Rimborsi spese? Compensi dell’amministratore? Non lo sappiamo, sappiamo solo che è cospicuamente rappresentato più del 10% dell’intero ammontare.

Oneri diversi di gestione:

Così ripartiti: 83 mila organizzazione gare, tasse iscrizione gare 3 mila, prestiti calciatori 274 mila, altri oneri calciatori 324 mila. Poi altri oneri diversi di gestione 1,827 milioni. Cosa sono quest’ultimi? Non lo sappiamo, non viene specificato, nonostante questa cifra rappresenti la stragrande maggioranza del capitolo di spesa. Viva la trasparenza.
Infine la società ha ceduto nel corso del 2019 il giovane della Primavera Niccolò Dodaro per 250 mila, Allan Baclet per 50 mila, Gianni Azzinnari per 15 mila e Emmanuele Salines per mila (quest’ultimo come “premio valorizzazione”). Inoltre ha acquisito la prestazione temporanea a titolo oneroso di Gennaro Tutino per 24 mila, Jaime Baez per 35 mila, Andres Schetino 27 mila, Riccardo Maniero 100 mila, Luca Garritano 40 mila e Alessandro Arioli 1,5 mila.

Abbiamo sviscerato tutto o quasi. Con questo vogliamo porre in evidenza alcune semplici cose:

1 – Da anni la vulgata diffondeva il mantra “almeno la società non ha debiti” a seguito di campionati anonimi e stentati, dovuti alla scarsezza di risorse investite per la prima squadra. Come dicevamo nel precedente articolo, non è vero. I debiti ci sono.

2 – Altro mantra “i conti sono a posto”. Adesso se per “i conti sono a posto” si intende che nel bilancio 1+1 fa 2 o 4-2 fa 2, si, i conti sono a posto. Solo che quei debiti tributari… beh, un valore così alto non me l’aspettavo da una società con i conti a posto. Così anche una rateizzazione pluriennale ben oltre il mezzo milione di euro. Come non mi aspettavo un valore di crediti così alto. Oltre ad avere una massa debitoria netta elevata, ad inizio 2020 hai anche il fardello dei ritardi di pagamento dei clienti…. Eh, ‘sti benedetti clienti!

Un’ultima cosa. Riguarda i giornalisti. Ci voleva così tanto per verificare un qualcosa di pubblico in 10 anni? Si può sopportare ancora giornalisti che 7/10 giorni fa continuavano a dire “il bilancio non l’ho visto”? 30/40 € e te lo vai a prendere in camera di commercio.
Se poi la materia è cosi complessa e articolata da necessitare della presenza di uno del settore, non credo sia così difficile trovare una persona capace e armata di buona volontà che sappia interpretare tutto come abbiamo fatto qui.

Perchè in questi 10 anni non avete fatto mai una cosa di questo genere? Questa domanda è per voi.

 

Le altre domande sono da fare alla Società, ma non le facciamo perchè sarebbe fiato sprecato. C’è un Muro di gomma. E noi tifosi non possiamo passarlo.

Mercoledì 2 giugno 2021
a firma
L'Eternauta Rossoblù

L’ORBO & IL GRECO

 

 

Giorgios Antzoulas, classe 2000, si è rivelato alla piazza nel soleggiato pomeriggio del 13 marzo ultimo scorso, quando un infortunio muscolare a Raffaele Schiavi (due stagioni al Cosenza, 300 partite in serie B, probabilmente quelle giocate con un’altra maglia sono almeno 297 e tre quarti) ha costretto l’allenatore Occhiuzzi, quello bravissimo a lavorare coi giovani, a lanciare nella mischia uno sconosciuto difensore greco di 21 anni giunto nel mercato invernale in prestito con diritto di riscatto dall’Asteras Tripolis, società della massima serie ellenica.

Il ragazzo, però, non è propriamente uno sconosciuto, in patria: veterano delle nazionali giovanili del suo paese, si è imposto all’attenzione di tutti i tecnici delle selezioni della nazionale biancoblu e viene da tempo indicato come uno dei migliori prospetti del calcio greco - nonché addirittura indicato come papabile nazionale maggiore, anche a breve (così la pensa ad esempio Vasilios Georgopulos, santone del calcio ellenico e selezionatore delle giovanili greche). Tutte opinioni che il buon Occhiuzzi, quello che sembra fatto apposta per lavorare coi giovani, non sembrava affatto condividere, riservando al ragazzo malinconiche panchine. Poi però, come detto, il destino – sotto la forma dell’ennesimo infortunio di Schiavi – ha fatto sì che sul campo di casa di una squadra che a fine stagione centrerà la serie A diretta fosse lanciato l’ultimo difensore centrale disponibile.

Contro Djuric e Tutino.

Per i tifosi, un pessimo presentimento. Se Occhiuzzi, quello insuperabile nel lavorare con i giovani, lo ha tenuto in panchina – nonostante il buon Giorgios sia indubbiamente giovane – qualcosa vorrà pur dire. Che disdetta doverlo schierare proprio a Salerno, e chissà quanti gol ci costerà.

 

 

Non so se sia il caso di rinfrescare alla memoria dei tifosi rossoblu quella partita (non so se sia il caso di rievocare loro alcun ricordo della stagione appena terminata, in verità); incollato al gigantesco Djuric fin dall’avvio, schierato difensore laterale di destra nella mirabolante difesa a tre di Occhiuzzi (sì, quello impareggiabile nel lavorare coi giovani), il greco ha fatto stropicciare gli occhi fin da subito: anticipi di testa, anticipi di piede, lotta fisica col corazziere slavo dei granata, non un solo pallone che sia passato nella nostra difesa quando è transitato dalle sue parti – e come non bastasse, un educato piede da centrocampista (ruolo che in Grecia ha del resto spesso ricoperto) che ha persino nobilitato, dopo un campionato di orrori, la costruzione dal basso di Occhiuzzi, l’allenatore del Cosenza che sembra sceso dal cielo come un dono di Dio al mondo per lavorare coi giovani.

Zero a zero finale, con tanto di rimpianti per un clamoroso palo di Sciaudone, in casa della Salernitana che pochi mesi dopo, come detto, conquisterà la promozione in A, e futuro del Cosenza che dopo un simile risultato non sembrava poi così tragico.

L’incontro successivo vedrà i Lupi ospitare il Vicenza al Marulla: per un tempo, il primo (che il Cosenza concluderà in vantaggio per uno a zero), Antzoulas si riconferma sui miracolosi altissimi livelli di Salerno, nuovamente sbarrando la strada al diretto avversario. Poi, dopo l’intervallo, dagli spogliatoi ecco riemergere tra i Lupi deputati a disputare il secondo tempo il panchinaro Tiritiello, proprio al posto di Antzoulas.

Molti ora ipotizzerebbero che i tifosi rossoblu si siano chiesti “ma perché?” - il che è effettivamente vero, col dettaglio non trascurabile che queste due brevissime parole sono state, sulla bocca di tutti, accompagnate a mo’ di imprecazione da scandalosissimi dubbi sulla moralità delle più alte figure del pantheon cattolico. “Ma perché?”, senza imprecazioni pronunciate (però probabilmente almeno pensate, visto che senza l’abilità di testa del greco il Cosenza nella ripresa ha preso l’ennesimo gol da calcio d’angolo e si è visto sfuggire la vittoria), chiedono anche i giornalisti a fine partita a Occhiuzzi, quello eccezionale nel lavorare coi giovani. Per tutta risposta il tecnico rossoblu, quello geniale nel lavorare coi giovani, replica alla stampa di aver tolto dal campo Antzoulas perché (testuale) “nel primo tempo lo avevo visto in difficoltà”. Solo Occhiuzzi, tra tutti coloro che avevano assistito alla partita.

Giorgios tornerà in campo solo diverse settimane dopo, le (poche) volte che sarà chiamato a dare il suo contributo sfornerà sempre prestazioni encomiabili (qualcuno gli imputerà come colpa il terzo gol del Monza al Marulla, per essere salito per il fuorigioco con un attimo di ritardo), anche se non saranno sufficienti al Cosenza per centrare la salvezza.

Storia nota.

 

 

E veniamo all’oggi.

Giorgios Antzoulas è un giocatore del Cosenza. Lo sarà fino alla scadenza del prestito, alla fine del mese, ma potrebbe esserlo anche dopo, visto che – come ho sottolineato all’inizio – il Cosenza può vantare su di lui un diritto di riscatto, anche a cifre francamente risibili. E risibile, ridicolo, ma – fuor di eufemismo – assolutamente vergognoso sarebbe non esercitare questo riscatto e perdere il giocatore. Il quale, non ci vuole zingara per indovinarlo, in questo caso sarebbe comunque ai nastri di partenza della prossima serie B, chi vuole scommetterci?, ingaggiato da un altro club. O lo sarebbe al più l’anno dopo.

Ora, per farsi sfuggire per relativamente (e nemmeno tanto) pochi euro un simile prospetto sarebbe da orbi. Se avessi fiducia nella sanità mentale del mondo lì fuori non avrei nemmeno bisogno di scrivere questo pezzo – con il quale, avviso tutti, comincio la mia personale campagna Riscattare Antzoulas (#RiscattareAntzoulas per i più social). Come si è capito, la fiducia nel fatto che tutti - compresi certi padroni del vapore - capiscano quanto debba essere ovvio e normale portare a compimento una simile operazione, non ce l’ho. La storia di questa società, del resto, parla da sola – esattamente come ama dire di sé stesso il suo presidente: da La Mantia (delittuoso oltre ogni dire) a Ciancio, da Dermaku ad Arrigoni, da Perina all’odierno Carretta (che non fa impazzire nessuno a Cosenza, ma un suo mercato in B poteva anche averlo - e infatti sarà uno di quelli che manterrà la categoria), si sprecano gli esempi in cui il presidente Guarascio ha dimostrato miopia tecnico calcistica e finanche contabile (quante plusvalenze ha bruciato così?) al limite della cecità, perdendo giocatori che ai tempi o anche oggi sono finiti a militare in serie superiore; o, se vogliamo, perdendo i relativi soldi che avrebbe incassato se li avesse ceduti di proprietà anziché perderli a zero.

E al novero si aggiunge Arrighini: l’unica volta che si è pensato di investire riscattando un giocatore che era qui in prestito, si è clamorosamente sbagliato il modulo da compilare per effettuare l’operazione – e non si è nemmeno fatto ricorso (il quale molto probabilmente sarebbe stato vinto, una rarità per la società di Guarascio) con la motivazione che “il ragazzo vuole andare in B e ha chiesto di rinunciare a lui e al ricorso e di non essere riscattato”.

Troppi nomi, troppi giocatori persi, troppe occasioni sprecate, troppi rimpianti. Troppi, per non sentire come un dovere quello di ridare la vista agli orbi, prima che sia troppo tardi. Non dimentico che noi abbiamo un presidente che crede che i giocatori siano tutti uguali come gli omini del Subbuteo, “se non è lui sarà un altro”. Come dire, se non è Pettinari o Dionisi sarà Mbakogu, che differenza fa? Controlla la classifica per scoprire la differenza.

 

 

Ora, in questi giorni di trattative, voci, polemiche, iGreco, Pagliuso, persino Moggi, eccetera, cala il silenzio su tutto il resto. Un silenzio che a me non piace, perché tutto il resto è la normale gestione di una società di calcio e non è che il Cosenza sia finito con la retrocessione: che sia al timone Guarascio o chiunque altro, c’è una nuova stagione da affrontare e inizia dopodomani (un dopodomani appena un po metaforico), non tra dieci anni. E il Cosenza allo stato non ha una guida tecnica, non ha un direttore sportivo, letteralmente non ha una squadra.

È davvero il momento di ridare la vista agli orbi.

Io qui dunque affermo senza tema di smentita che il riscatto di un giocatore come Antzoulas, giovane, fisicamente integro e da questo punto di vista anche eccellente per il ruolo (1.83 metri per 75 chili), di sicuro talento, di enorme prospettiva, sarebbe e anzi deve essere il primo segnale che il Cosenza c’è, finalmente investe, programma e prepara il futuro e soprattutto vuole recitare una parte da protagonista nel prossimo campionato, possibilmente riconquistando la B.

Ribadisco ancora, per i più disattenti: a caratteri cubitali, ANTZOULAS È TUTT’ORA DEL COSENZA e sul ragazzo il Cosenza vanta un diritto di riscatto a cifre abbordabilissime.

Quel diritto di riscatto va esercitato.

VA ESERCITATO.

Perdere anche Antzoulas, e questo lo dico chiaramente anche rivolgendomi mediante questo blog allo stesso presidente Guarascio, non sarebbe tollerabile – e il presidente sa che in questo momento la piazza non tollera già di suo neanche di vederlo in giro. Presidé, fatti un conto che ti hanno visto molestare la Bagnante, iniettare una fiala di covid direttamente nel quadro della Madonna del Pilerio, urlare Forza Aquile con una bandiera giallorossa sulla torre più alta del Castello Svevo, disegnare le corna sul murales di Marulla. Ecco, la tua popolarità è sostanzialmente a questi livelli, gradino più, gradino meno: vedi tu se sia il caso di perdere Antzoulas perché non vuoi cacciare i soldi del riscatto, e più in generale vedi tu se sia il caso di continuare a non investire e fornire a chi deve allestire l’organico un budget decente nemmeno in serie C – una serie C nella quale tu ci hai fatto sprofondare, come primo responsabile della retrocessione.

Vedi tu.

 

Riscattare Antzoulas.

 

 

martedì, 1 giugno 2021

a firma

NdT

NIGHTMARE

… Eugè, ma perché?

(come mai mi trovo a parlare con l’ex patron del Cosenza, penso tra me e me, e perché gli do del tu, considerato che non lo conosco di persona, Dio solo lo sa!)

Senti, che devo dirti? Io, lo sai, non sono – ehm, come dire – uomo di calcio, ho la mia attività che opera in tutt’altro settore. Non mi ci sarei mai avvicinato al mondo del pallone, se non mi si fosse prospettata la possibilità di fare business, il mio business, a fronte di un piccolo sacrificio che prevedeva pagare il dazio di fare rinascere il calcio a Cosenza.

Così, con un minimo di spesa, mi sono trovato proprietario, assieme ad altri imprenditori, di una squadra di calcio. Piano piano gli altri sono usciti ed allora mi sono ritrovato solo, senza dover più rendere conto a nessuno. Devo dire che, a parte il secondo anno, quando ho dovuto pagare di tasca mia la quota per il ripescaggio in seconda divisione di Lega Pro, questo necessario “dazio” non mi è costato un granché ed a conti fatti è stato un gran bell’affare.  

Perché necessario dazio?

Eh, io lo so cosa dice la gente, che sono diventato presidente del Cosenza per l’appalto: il pacco regalo era quello, dicono, prendere o lasciare! Ma la verità è che c’era da far rinascere il calcio,a Cosenza, diceva il sindaco, io mi stavo inserendo nel tessuto imprenditoriale della città, e così lo ha chiesto a me e agli altri che mi affiancavano.

Ed è stato un dazio, ti ripeto: io di calcio non mi ero mai interessato e avere a che fare con tifosi, addetti ai lavori, procuratori di calciatori, scadenze e fideiussioni per iscriversi a campionati ha costituito da subito un vero peso, per me. Però devo dire che, tutto sommato, finché nell’ambiente aleggiava ancora il pesante ricordo di due fallimenti e diversi campionati disputati su campi di terra battuta, prima del mio arrivo, ho avuto gioco facile, me la sono cavata anche con una buona dose di fortuna – io ce l’ho sempre a fianco la dea bendata! – e le aspettative erano piuttosto basse. In fondo, il ripescaggio del secondo anno della mia presidenza mi sono convinto a coglierlo perché avrebbero riformato i campionati e bastava allestire una squadra che centrasse uno dei primi quattro posti, per ritrovarsi direttamente dai dilettanti, nella terza serie nazionale.

Un buon risultato, direi, anche perché la squadra festeggiava i suoi 100 anni di storia!

Già, li avevo riportati dove l’ultimo fallimento li aveva abbandonati, senza una squadra e senza nemmeno i palloni!

Ma non meritano niente, questi qui non sanno accontentarsi. Così hanno cominciato a pretendere che io alzassi l’asticella. Non gli era bastata una Coppa Italia di Lega Pro, l’aver prima sfiorato, poi centrato nell’anno successivo una qualificazione ai playoff ed infine averli addirittura vinti nella stagione ancora dopo. E’ vero che non avevo programmato nulla per centrare quell’obiettivo e francamente, salire in B mi stava scombinando i piani.

In che senso? Passare alla storia come il presidente della rinascita, il più vincente ed allargare il giro d’affari, magari provare a fare del calcio un business che dopo 7 anni di esperienza poteva diventare più interessante, non erano per te interessanti prospettive?

In realtà, finché per mantenere in piedi la società da una parte e la mia attività imprenditoriale dall’altra – quella ovviamente mi motivava realmente, mica è un hobby(!) – mi bastava fare il minimo indispensabile nel calcio, provare a tenere i conti in ordine per non fare fallire la squadra come mi era stato richiesto da chi, lì, mi ci aveva messo, andava tutto bene. Poi, però, in serie B la pressione si era fatta troppo forte. Ma chi me la fa fare, mi sono detto?

I patti, in fondo, non erano questi. Allora, sin dal primo anno di B, non ho allestito una squadra all’altezza, nella speranza che risparmiando all’osso, che con i contributi della Lega, i diritti TV gli sponsor maggiori e gli incassi ai botteghini, potessi riuscire – ehm, come dire – a permettermi di far quadrare i conti, ottenere ugualmente i risultati sul campo e stare a posto con tutti.

Ma da quel che ricordo io i conti non erano così tanto in ordine.

Ripeto, finché siamo rimasti in C le esigenze erano altre, poi, con la B spese generali ed oneri diversi di gestione purtroppo… ehm, sono un po’ sfuggiti al controllo ed hanno finito per aumentare la massa debitoria.

Così, ho cercato di venirne fuori.

Come?

L’exit strategy che mi hanno suggerito è stata quella di alleggerire al massimo i costi per il progetto tecnico, non avere stipendi pesanti né giocatori di proprietà (ho fatto una squadra, in buona parte, composta da giocatori in prestito) così che in caso di retrocessione non ci fosse pericolosa zavorra al seguito. Al primo, vero, anno che ci ho provato – il secondo anno di B -, risparmio dopo risparmio, prestito dopo prestito, svincolato dopo svincolato, mi è persino riuscito comunque di ottenere una insperata salvezza. Va beh, comunque mi andava bene, visto che avevo contenuto i costi ed un ulteriore anno in cadetteria mi avrebbe permesso, tutto sommato, di continuare a raschiare il fondo del barile. L’anno successivo, il terzo di B, ho fatto davvero una squadra – ehm, come dire – in linea con la pandemia, un vero disastro pilotato: nemmeno facendolo apposta si sarebbe potuto riuscire a retrocedere con meno dignità!

Ma ancora non capisco: perché rischiare ostinatamente di retrocedere?

Semplice: con i debiti che ci portavamo dietro e l’appalto che, all’orizzonte, stava per scadere con scarsa possibilità di rinnovo, non potevo che scegliere di spendere poco o nulla per la nuova stagione e, visto che la contestazione montava dall’estate precedente, a marzo 2022 mi è stato facile abbandonare la nave alla deriva.

Cioè?

D’estate, subito dopo la retrocessione, diversi imprenditori volevano rilevare le mie quote: ma come glieli facevo vedere i documenti che attestavano il reale stato del bilancio aziendale? La società, in fondo era una scatola vuota, senza immobili di proprietà, senza calciatori di valore sotto contratto e con una significativa massa debitoria per un campionato di serie C, dove i contributi di Lega sono esigui, i diritti TV inconsistenti, gli sponsor considerevolmente diminuiti. Praticamente, non solo un club senza valore, se non il titolo sportivo, ma con una significativa esposizione finanziaria. Quindi, mi sono trincerato nel più assoluto silenzio ed ho fatto esporre gli altri: senza mai dichiarare nulla di persona – pensa che ho persino eluso la richiesta di una conferenza con la stampa – prima ho fatto finta di voler vendere, poi non più, ho fatto retromarcia ed ho lasciato che la rabbia montasse tra i tifosi. Questo mi ha fatto gioco!

Non dirmi che ti piace essere impopolare?

No, questo no perché, anzi, mi dà fastidio! In realtà, l’ostilità della piazza mi ha fatto gioco perché, pur avendo – migliorata la situazione relativa alla pandemia – le autorità riaperto gli stadi, ma non venendo quasi più nessuno a vedere le partite, in segno di protesta, ho avuto gioco facile per giustificare l’insostenibilità della mia presidenza e di cedere le quote ad Amilcare Testadilegno.

Ma perché non cedere d’estate, dunque? Non c’erano più offerte e possibilità di guadagno, per te?

Perché a vedere quei conti, come ti dicevo, avrei dovuto mollare l’osso praticamente a gratis, mentre ancora c’erano brandelli di carne da spolpare: intanto dovevo recuperare interamente i quattro soldi versati come socio; poi c’era il paracadute per la retrocessione; la seconda rata delle quote della vendita di Baez; la valorizzazione di Falcone e di altri giovani. Dopodiché, sarebbe stato sufficiente – ehm, come dire – fare fallire la Società per non dover sopportare il peso dei debiti. Unico problema era che, essendo il Cosenza Calcio srl parte della mia holding e lavorando io con gli appalti pubblici, non poteva una delle aziende del mio gruppo fallire direttamente, col rischio di vedermi pregiudicare il mio core business, che è fatto, appunto di relazioni con gli enti pubblici. Così è entrato in scena il dott. Testadilegno – cui ho ceduto la Società al prezzo simbolico di 1 euro – il quale, finito il campionato 2021/22, ha dichiarato di non essere più in grado di sostenere il Club ed ha portato i libri in tribunale, sancendo il fallimento del Cosenza, con buona pace dei creditori.

Scusami, Eugè, lo senti anche tu questo fastidioso suono… bip, bi-biiip, bip…

Mi sveglio di soprassalto, madido di sudore, zittisco con violenza quella maledetta sveglia che campeggia sul mio comodino… ma, altro che maledetta, benedetta piuttosto: è grazie ad essa (uno di quei modelli che riportano, oltre all’orario, anche la data) che mi rassereno, rendendomi conto che, per fortuna, siamo ancora al 31 maggio 2021, che sono nella camera da letto e che si è trattato solo di un brutto, bruttissimo incubo! No, non poteva essere vera tutta questa storiaccia: come avrebbe detto un mio caro amico conosciuto a Londra, “Oh my God, what a fucking nightmare!

Lunedì, 31 maggio 2021
a firma
Sapiens

I CANI ABBAIANO, I LUPI ULULANO! FERMIAMO LA CAROVANA

 

Un antico proverbio orientale recita “I cani abbaiano alla Luna, e intanto la carovana passa”.

E’ un modo per far capire in maniera sottile quanto sia importante l’attenzione, vale a dire che bisogna dare la giusta lettura agli eventi per comprenderne la portata. E non distrarsi!
Perché altrimenti perdiamo di vista la cosa più importante. La carovana. E questi ultimi giorni di “lune” ce ne stanno proponendo parecchie. Le dichiarazioni che si sono susseguite in serie – cordate, stracordate, imprenditori, decisioni, trattative ecc. – hanno condito bene l’umore sottoterra della tifoseria che da venerdì – quando si è presentata al Comune per lamentarsi – ne sta vedendo di tutti i colori!

La cosa incredibile è che il più delle volte alcune “lune” le tira fuori – involontariamente – la stessa tifoseria.
Oggi c’è una strana e silenziosa rassegnazione. Era prevedibile per quello che abbiamo vissuto giovedì sera. Da quando si è saputo che che iGreco avrebbero emesso un comunicato, l’attesa è diventata insostenibile! La domanda era una sola : “La prende lui, o no?”
Perché, al netto di chi ha sempre sostenuto che già altre volte diversi soggetti imprenditoriali avessero cercato di avvicinare Guarascio per subentrare, stavolta i rinomati “cacasenni” che smentivano (a nessuno interessa questa squadra, non abbiamo appeal, ma chi ci vuole?) riempiendo di commenti trasmissioni e social e millantando di essere portatori dell’unica verità, non potevano obiettare. La trattativa c’era!
L’imprenditore era credibile per fatturato e forza economica? Si.
Il Presidente è disponibile a trattare? Al Sindaco ha detto questo!
E allora, si fa? E qui inizia la prima “luna”, perché viene fuori che l’offerta (mai quantificata ufficialmente, ma solo ipotizzata sui 2, 2.5 milioni) sia ritenuta dalla proprietà bassa! O meglio, insufficiente. Se avete seguito l’ormai famoso articolo che analizzava il bilancio del Cosenza al 31/12/2019 , sapete che non stiamo parlando di un’azienda florida e attiva come si dice.
Non messa malissimo, va detto, ma certamente non in grado da poter motivare il prezzo su basi solide o acclarate. L’idea dell’asset finanziario che si presentava non era certo quello di una Società dove il proprietario poteva permettersi capricci, o di fare lo schizzinoso se si sedeva al tavolo per contrattare. Ed invece si è letto e sentito di gente che già giustificava la scelta con un “mica gliela può dare gratis” oppure “avrà fatto un’offerta ridicola” senza sapere cos’era successo.

Mentre si litigava su questo però, si perdeva di vista la carovana.
E cioè: MA NON AVEVA DETTO CHE ERA DISPONIBILE A VENDERE?
E passava nel modo che l’ha sempre caratterizzata da dieci anni a questa parte. Nel silenzio, bella tranquilla, senza rendere conto a nessuno, con un sacco di “cagnara” intorno. E così, allo strombazzamento dell’annuncio di ieri, a partire delle 18.15, l’idea generale era che STAVOLTA avremmo saputo! Ed era oggettivamente giusto.
Perché stavolta l’avevamo riagguantata la carovana!
In sequenza:

  • Ore 15, si parlava di clima teso
  • Ore 16, forse ci si era riallineati.
  • Ore 17, mi sa che si chiude.
  • Ore 18, è ufficialmente stata venduta a iGreco!

Ore 18,15 – 18,30………..esce il comunicato. Ed è un (nuovo?) nulla di fatto! Motivo ufficiale?

NON VUOLE VENDERE!!!!

E qui escono i cani che abbaiano! Ma, come al solito, invece di guardare la carovana, pensano di nuovo alla “luna”. Nello specifico: Ma vi rendete conto chi ci voleva portare in Società? Luciano Moggi! Che serietà avevano questi? E mica erano credibili, dai! Un’altra pagliacciata.
Morale, il VERO ARGOMENTO DELLA DISCUSSIONE (perché non vende? Aveva detto al Sindaco di essere disponibile! Ma non è che c’è sotto qualcosa a questo punto?) viene letteralmente spazzato via da un unico dettaglio. O meglio, nome. Moggi.
Premessa, a me Moggi non è mai piaciuto. Anzi, a dirla tutta, l’ho sempre schifato. E non solo per la radiazione e Calciopoli, ma perché è sempre stato uno degli emblemi della decadenza del calcio Italiano. Decadenza che viviamo anche adesso. Per carità, se uno scova Pruzzo e Rossi da giovani, vuol dire che fiuto e competenza ne ha. Si era formato con Allodi, ma trasudava sempre una certa espressione infida, di quelle che non ti porta mai a credergli del tutto. Da arrampicatore spericolato e cinico, il cui unico scopo è allargare il bacino del suo potere per i propri – squallidi – interessi, finché morte non ci separi. E poi io lo associo soprattutto alle trattative farlocche, alla GEA, ad una arroganza mista ad una impunità fin troppo esagerata, alle trasmissioni da bar sport di Biscardi, alle polemiche inutili. Ed alla perdita di certi valori creati da un ambiente di cui Lui era uno dei principi. O forse persino Re. E fin qui ci siamo.
Ma il resto? Perché la cosa più importante per NOI era il resto!
Il comunicato fino a quando non si cita Moggi è lampante. NON VENDE!
Quindi, dopo la retrocessione, le proteste, il perdurare del silenzio misto a menefreghismo, la piazza contro, NON VENDE? E perché? Come mai? Non è più una questione di cifre. Quindi cosa c’è?
Ecco qui la carovana! E si è già rimessa in viaggio. Anche con l’evidente complicità di qualcuno (ma come! La sera stessa mi parlate di un possibile, nuovo Ds? A trattativa appena chiusa?) che evidentemente guarda solo i suoi interessi.
Bene. Allora torniamo a ragionare da Lupi! I Lupi alla “Luna” ululano” e non abbaiano, ma quando il branco si muove, nessuno si permette di fare il cane!
E questo carovana per il branco è troppo importante per non poter essere fermata.

Si è capito che parte della tifoseria è colpevolmente assente, ma quello che si ha come numero è sufficiente per fermare questo giochino, ed arrivare ad una soluzione giusta oltre che meritata.
Quindi, se avete delle “lune” – storte o dritte che siano – lasciatele stare per ora.
Quelle, si sa, ciclicamente prima o poi tornano. La Carovana invece è una sola, e passa adesso. Fermiamola.

Domenica, 30 maggio 2021
A firma
Sinn Féin

COSI' E' (SE VI PARE...)

Qual è la verità vera, reale, oggettiva, intangibile, assoluta?

Qual è la verità che non promana dai giudizi della gente (od anche dal potere giudiziario, come amano definirla gli avvocati: la c.d. verità processuale che tante vittime ha mietuto ed ancora continuerà a farlo…), ma, piuttosto, trova genesi nell’assoluta ed incontrovertibile certezza che una circostanza si sia evoluta in un certo modo e non in un altro?

NESSUNA!

Ebbene si, anche agli occhi di un testimone un fatto può apparire difforme da come appare agli occhi di un altro, proprio perché la verità, intesa nell’accezione ed assolutezza su riferita,

NON ESISTE!

Mutatis mutandis, traslato il concetto appena espresso – che, invero, potrebbe già “consigliare” ad un lettore timido l’abbandono subitaneo del testo per manifesta schizofrenia dei suoi contenuti – alla vicenda Cosenza Calcio, c’è da farsi quattro risate, o forse meglio, un bel pianto a dirotto.

Guarascio non vuole vendere, scordatevelo!

Vende, vende, a questo gruppo imprenditoriale non può dire di no!

Il patron vorrebbe vendere, ma non può…!

Ci sono tante versioni della stessa verità e ciascuna di esse potrebbe essere quella assoluta, ma probabilmente nessuna di esse lo è, sebbene contengano tutte degli embrioni di verità, forse comune.

Ogni tifoso si affanna a capire… si scervella nelle analisi economiche, sociologiche, lobbo-affaristiche, addirittura qualcuno invoca il Papa e qualcun altro Messina Denaro (giusto per citare due entità a caso)… ma quale sia la verità vera nessuno è capace di dirlo con certezza.

Allora, se non esiste una verità che ci consenta di comprendere per quale oscuro motivo (i dati di bilancio, per come analizzati, sarebbero una seria zavorra in serie C e non consentirebbero il fine di lucro proprio delle società commerciali) il presidente della compagine bruzia non intenda cedere ad uno qualsiasi di questi ben QUATTRO gruppi imprenditoriali che hanno avanzato manifestazione d’interesse, come può, il misero tifoso da strada, farsene una ragione?

Beh, forse potremmo analizzare gli indizi, i presupposti, le tracce lasciate dagli attori di questa commedia pirandelliana – per noi trasformatasi in tragedia – e valutare quale potrebbe essere la lettura delle NOSTRE verità (nascoste).

Pare essere incontestato che il re della differenziata non ami elargire documentazione a suffragio della contabilità della società di via degli stadi, tanto è avvenuto sia durante la trattativa coi salernitani – che poi si è trattato di una semplice overture senza neanche il prologo – sia riguardo alla trattativa formalmente intavolata dal famoso avvocato cosentino (con tanto di email pec non riscontrata, manco per dire: ringrazio dell’attenzione, ma sono dal parrucchiere e del mio hobby me ne occupo soltanto nel tempo libero, com’è giusto che sia), od anche per l’altra trattativa in corso col gruppo sponsorizzato dal sindaco (pure in questo caso, si naviga a vista e su fondali molto bassi, tra un incaglio e l’altro) e, dulcis in fundo, per quanto attiene al gruppo iGreco, trattativa miseramente naufragata a causa della ferma volontà del presidente di non cedere la società, almeno così recita il comunicato dei promissari acquirenti, al momento non smentito dal patron.

Ma quale sarà, allora, questa Ragion di Stato che impedisce la cessione?

Il Cosenza sembra essere diventata la palla al piede di un detenuto condannato ai lavori forzati, il tapino vorrebbe togliersela e scappare via, ma attenzione, i secondini sono armati e con ordine di sparare a vista in caso di tentata fuga.

Forse che il presidente sia diventato improvvisamente tifoso sfegatato e voglia riportare il Cosenza in B organizzando la società in modo esemplare con ogni quadro dirigente al proprio posto e riconquistare la cadetteria in men che non si dica attraverso una campagna acquisti faraonica?

Potrebbe anche essere, è un’ipotesi… magari avrebbe potuto chiedere in prestito i servigi del buon Lucianone Moggi a iGreco, ma non ci risulta l’abbia fatto!

Pur lambiccandoci il cervello non riusciamo a trovare una verità plausibile – almeno per noi tifosi da strada poco inclini al servilismo – sicché, seppure obtorto collo, non ci resta che schiacciare il tasto rewind e tornare all’inizio del discorso: LA CONTABILITÀ!

Il rifiuto, espresso o tacito, di fornire documentazione contabile ed amministrativa soddisfacente è l’unico elemento comune ad almeno 2-3 trattative saltate (o mai iniziate, fate voi), qualcuno dirà (e qualcuno della carta stampata l’ha già fatto): ma i bilanci sono pubblici, basta andare in camera di commercio…

È vero, ma non basta avere il bilancio al 31.12.2019, ritualmente depositato, serve avere quello al 31.12.2020 (ancora non pubblico e forse manco approvato), nonché uno stralcio, aggiornato almeno al 30.04.2021, di attività e passività, il tutto supportato da documentazione giustificativa e pedissequa nota integrativa (che illustra le decisioni prese dagli amministratori dell’impresa nel redigere il bilancio, in modo da favorirne l’intelligibilità).

Non si è mai vista una trattativa di cessione di azienda arenatasi per la mancata ottemperanza alla due diligence (verifica approfondita dei dati del bilancio di una società).

Allora non rimane che una ed una sola lettura della vicenda, ossia che tutti questi teatrini (perché, è giusto ribadirlo, di questo si tratta, visto che sono state palesemente smentite le asserzioni “presidenziali” secondo cui nessuna proposta seria è mai arrivata) non sono altro che evidenti depistaggi per un’unica conclusione: LA SOCIETÀ NON È IN VENDITA.

Ma come – dirà qualcuno – se nemmeno una settimana addietro il presidente ha dichiarato al Sindaco – divenuto per facta cloncludentia il portavoce di Guarascio – di voler vendere, COSA potrebbe avergli fatto cambiare idea?

Mah… è difficile da dirsi, perché in C i guadagni sono pressoché nulli, soprattutto senza l’apporto dei proventi del botteghino (e con l’aria di contestazione che tira… faremo gli stessi incassi del Real Cosenza), quindi sarebbe il preludio ad un fallimento societario che si andrà a materializzare entro un paio d’anni al massimo e ad un fallimento sportivo che, conoscendo l’eccelsa prodigalità del patron, potrebbe addirittura condurci al doppio salto carpiato all’indietro.

Allora, forse, il COSA potrebbe essere sostituito od affiancato da un bel…CHI?

I nostri sono puri e semplici interrogativi, scatole vuote da riempire o, per dirla alla Pirandello, personaggi in cerca d’autore.

Qual è la verità che ciascuno di voi ha in mente?

Il buon Pirandello si sarebbe fatto una gran risata… la verità, per come la vorreste voi, dura e pura, non esiste!

Sabato, 29 maggio 2021

a firma

Il Cigno di Utrecht

TUTTI GLI ONERI DEL PRESIDENTE

 

Scusatemi tutti, preliminarmente, qui nessuno si incensa e si autocita né alcuno di noi della redazione del blog gode nell’azzeccare puntualmente previsioni avendo ragione (anche perché sono al momento tutte previsioni pessimistiche, quindi non c’è nulla da godere nell’avere ragione), ma prima di ogni altra cosa va fatta una premessa: posto che il fatto che il signor Guarascio non voglia cedere la società Cosenza Calcio noi ve lo stiamo dicendo da giorni – ma solo perché il blog è aperto da poco -, ora che ve lo dicono anche gli iGreco con un comunicato ufficiale ci credete? Ora che questa notizia è in fondo una conferma di quanto ha detto Caffo circa l’interessamento di quel Renzi che ha poi recentemente preso la Samb, ci credete a quanto vi abbiamo detto noi da sempre? Tanto l’unico che non ve lo dirà mai direttamente è proprio quello che potrebbe togliervi ogni dubbio in proposito: il presidente Guarascio in persona, che però da sempre si è fatto conoscere per una comunicazione asfittica, priva di contenuti e soprattutto nebulosa.

Lui probabilmente non lo dirà mai “non voglio cedere la società”. Del resto ancora fino a pochissimi giorni fa resisteva la vulgata secondo cui nessuno ha mai fatto un’offerta per il Cosenza. Ora che è venuta meno questa decennale leggenda metropolitana (e forse ci darete un po’ di credito in più, per quando vi abbiamo raccontato della trattativa coi salernitani di un paio di settimane fa, naufragata nel disinteresse annichilente dei media: magari ora lo avete capito che non era una bufala) e Guarascio non può più dire che nessuno vuole il Cosenza, al nostro non resta che il suo rifugio estremo, quello comodo che lo accoglie sempre in questi casi: un dignitoso, altero silenzio. Quello di chi non sa cosa dire.

 

 

Il silenzio, del resto, in questi giorni va particolarmente di moda: non vi nascondo che avevo in canna un altro tipo di riflessione (che magari comunque pubblicherò nei prossimi giorni) sul Silenzio degli Indecenti, quello dei fu DS e allenatore, totalmente spariti dai radar, addirittura il primo ben prima del tracollo finale a Lignano Sabbiadoro (quanto male ci faranno, negli anni a venire, queste due parole? Meno male che io in vacanza al mare vado a Torremezzo).

Ovviamente questo argomento, già dalla giornata di ieri, è stato superato dagli eventi, e oggi si parla di iGreco e Guarascio, soprattutto. Ma due righe fatemele vergare lo stesso (come detto, ci tornerò più diffusamente prossimamente) sui due cuor di leone sopra nominati. Lo scivolamento dei quinti, innanzitutto, ha perso quell’identità che si diceva essere il suo tratto distintivo. Le minacce telematiche che avrebbe subito nei mesi finali del campionato (quando, dove, da chi?) sembrano essersi liquefatte. È stata presentata una querela? Boh, non è dato sapere. In compenso che suo cugino si sia alquanto lasciato andare, proprio con minacce e intemerate varie quelle sì lette da tutti pubblicamente, passa in cavalleria?

Ma magari è giusto così, se i figli non rispondono dei padri, figuriamoci dei cugini. Ma dal vate di Cetraro ci saremmo aspettati qualcosa in più di un fugone del genere.

E che dire del miglior DS della categoria? Da quanto non si hanno più sue notizie? Dalla terzultima di campionato? Dalla quartultima? Da quella fiera serie di zero a tre – intervallata dallo zero a cinque di Empoli? Si è poi goduto il ritorno in campo del suo pallino Mbakogu a Lignano, negli ultimi quindici minuti? È stato informato che siamo retrocessi? O era già a cercare la parete giusta, nel suo nuovo ufficio a Cremona, dove appendere la targa di miglior direttore sportivo della serie B e dintorni?

E basta così; come detto, su loro due ci tornerò prossimamente (e segnatevi anche questa: dal prossimo articolo a mia firma partirà la campagna Antzoulas). Ma l’argomento del giorno è ovviamente un altro.

 

 

Affrontiamo dunque di nuovo il discorso che sembra abbia monopolizzato questo blog (quantomeno i miei pezzi) e la dialettica cittadina: perché Guarascio non vuole o non può cedere?

L’analisi del bilancio ormai celeberrima che abbiamo pubblicato pochi giorni fa qualche risposta ce la può dare, probabilmente. Mi scuseranno i miei 25 lettori se oso tornare per l’ennesima volta su quella voce, oneri diversi di gestione, che turba i miei sonni insieme alla voce gemella (costi per servizi): due milioni e mezzo più due milioni e centomila, quattro milioni e seicentomila euro di esborsi. Questo in B al 31.12.2019, cifre dunque tutto sommato accettabili; in C simili uscite sono la morte per asfissia.

E noi oggi siamo in C.

Ora ci si pongono davanti due strade ipotetiche. La prima: Guarascio ha pieno controllo su oneri e costi per servizi. Sic stantibus rebus, nulla quaestio. Abbatte questi costi (ma perché non lo ha fatto in B, allora, in modo da poter usare quei soldi per ingaggiare giocatori davvero validi e soprattutto pronti, non reduci da infortuni ecatombali, così magari riuscendo a centrare la salvezza?) e il problema non esiste.

E a me piacerebbe che fosse così.

Ma se la realtà fosse l’altra? Pensiamoci: ipotizziamo che gran parte delle somme richiamate in quelle voci siano vincolate, protette da contratti blindati pluriennali. Anche in C il Cosenza deve pagare due milioni e mezzo (ma anche solo due milioni, toh) di oneri diversi di gestione al, poniamo, fornitore di materiale da cancelleria per la segreteria della sede sociale, perché il contratto di fornitura scade in là negli anni. E i costi? Quei due milioni e cento? Diciamo che almeno uno e mezzo deve continuare a essere sborsato quest’anno e i prossimi per pagare, per esempio, l’impresa di pulizie che una volta a settimana passa dalla sede a lavare le scale.

Siamo a tre milioni e mezzo, ma mi voglio rovinare e scendo a tre milioni.

Chi se la compra una società di serie C inchiodata all’obbligo di pagare anche negli anni a venire tre milioni a terzi? Se davvero questi soldi fossero vincolati nel lungo termine (ma anche nel medio), chi rileverebbe una società che a oggi per contro militerà in una categoria i cui introiti possono arrivare se va bene a un quarto di quella cifra?

 

 

E veniamo dunque ai salernitani, e se vogliamo anche agli iGreco, o al Renzi di Caffo. Loro stavano per comprarsela, la società o comunque ne hanno manifestato l’intenzione.

Quantomeno le prime due cordate sono arrivate a sedersi davanti a Guarascio, e sappiamo anche che hanno visto parte (non tutti) dei documenti societari. Hanno visto o desunto che in effetti ci sono voci debitorie oltremodo spropositate; hanno chiesto ulteriore documentazione. Ci risulta – e questo lo scriviamo come blog perché proveniente da fonte attendibile, anche se non abbiamo certezze assolute – che gli iGreco abbiano chiesto a Guarascio di manlevarli (ovvero di garantirli) contro questi esborsi. In pratica, il patron avrebbe ceduto a loro il Cosenza, ma tenendosi a suo carico la parte eccedente degli oneri diversi. Se così fosse, è ovvio almeno uno dei motivi per cui Guarascio abbia rifiutato; così come apparirebbe altrettanto chiaro il motivo per cui ai salernitani non ha mai mandato la documentazione integrativa.

Il presidente non può cedere se deve portarseli dietro lui, gli oneri diversi. E non vuole più o meno per l’identica ragione, perché chiaramente i due concetti ora sono inscindibili. Un incontro con la stampa, in cui rispondere anche e soprattutto ai dubbi sollevati dai bilanci – incontro peraltro più volte richiesto -, sarebbe stato d’obbligo. Stavo per scrivere opportuno però no, mi rendo conto che per Guarascio non sarebbe affatto opportuno: molto meglio nascondersi da qualche parte. Io non so se oggi il presidente speri anche che tutta la vicenda vada cosentinamente al riscòrdo, in modo da poter varare in pace la nuova stagione lasciandosi tutto alle spalle, ma mi permetto di dirgli che questa, ove mai la coltivasse, sarebbe la più piamente vacua delle illusioni. Notoriamente a Cosenza c’è – diffusamente - una memoria pessima: persone ed eventi diventano fantasmi inconoscibili nel volgere di un soffio di vento, pochi anni bastano per stravolgere il racconto di fatti oggettivi - tranne che per una cosa: il più sordo livore. In caso di sordo livore, di rabbia incendiaria, di furia che tracima dai nervi, è impensabile che il cosentino dimentichi, trascorressero generazioni, carissimo presidente Guarascio.

 

Il rancore lo abbiamo inventato a Cosenza: quello non ce lo scorderemo mai.

 

 

Venerdì, 28 maggio 2021

a firma

NdT

Stadio nuovo. Tra speranze, progetti e......trattative

Negli ultimi giorni, l’impazzare in città del “toto imprenditore” volto alla ricerca del nuovo soggetto che sarebbe pronto a subentrare al presidente Guarascio, ha fatto tornare in auge quello che ormai, nell’immaginario dei tanti tifosi rossoblù, era diventato solo uno sbiadito ricordo, un qualcosa di bello ma impossibile, il rifacimento dello stadio “San Vito - Gigi Marulla”.


Era l’11 aprile del 2017 quando, sui suoi canali ufficiali di Facebook, il sindaco della città di Cosenza Mario Occhiuto annunciava in pompa magna che “Il sogno del nuovo Stadio Marulla diventa realtà… Il nuovo Stadio Marulla sarà completamente ricostruito secondo le indicazioni (per numero di posti e contenuti) che scaturiranno dallo studio di prefattibilità che sarà predisposto dalla società B Futura… È possibile realizzare tutto questo in soli tre anni. Ci sono le idee e sono chiare, ci sono i progetti, ci sono le risorse finanziarie, c'è la volontà politica.” Ci sono le idee, i progetti, le risorse finanziarie, la volontà politica diceva il sindaco, ma allora cosa è mancato visto che a poco più di 4 anni da quel roboante annuncio ad oggi resta soltanto un sogno nel cassetto dello stesso Occhiuto e dei tanti tifosi del Cosenza Calcio?

 

Quando ho parlato di sogno nel cassetto, il lettore più attento non avrà potuto fare a meno di notare come tra i “sognatori” manchi il nome di un protagonista essenziale per la realizzazione di un progetto del genere, quello del presidente Eugenio Guarascio. Proprio l’attuale numero uno del sodalizio silano, ha sempre dato l’impressione di restare un pò freddo quando - in diverse occasioni - l’argomento stadio nuovo veniva toccato. Difficilmente si è lasciato andare a dichiarazioni di intenti sulla realizzazione del nuovo impianto calcistico cittadino di Via degli Stadi, e questo atteggiamento non poteva di certo non balzare agli occhi dei tanti tifosi rossoblù. Le considerazioni precedenti naturalmente non possono portare a parlare di un totale mancato interesse sull’argomento da parte del presidente che, da uomo di poche parole quale è sempre stato, potrebbe aver preferito trasmettere le proprie impressioni, progetti ed idee in ambienti più riservati e direttamente al deus ex machina del progetto stesso, il sindaco Mario Occhiuto.Di certo c’è che da quell’aprile 2017 il tempo continua a scorrere, il Cosenza nel frattempo manda in estasi un’intera provincia ritornando in B dopo 15 anni di inferno e purgatorio e si arriva quindi al novembre 2019 quando finalmente, dopo gli annunci, si intravede un primo tangibile segno che avrebbe poi dovuto portare alla realizzazione del nuovo stadio.

Proprio nel novembre del 2019 infatti il raggruppamento guidato dall’ Atelier Alfonso Femia e dall’ Arch. Rudy Ricciotti si aggiudica il concorso internazionale per lo sviluppo del progetto di riqualificazione dello Stadio San Vito - Gigi Marulla e delle aree limitrofe. Il concept vincitore prevede la riqualificazione dello stadio San Vito – Gigi Marulla da effettuarsi in più fasi, 4 in particolare. La prima fase porterebbe al rifacimento delle 2 tribune su un unico anello per una capienza totale massima di circa 13.500 spettatori, e la seconda fase consentirebbe il rifacimento, sempre su unico anello, delle due curve per una capienza totale massima di circa 10.500 spettatori. La capienza complessiva dell’impianto ammonterebbe così ad un massimo di 24.000 posti a sedere, ma sappiamo che nella successiva fase progettuale la capienza non dovrebbe superare i 20.000 posti a sedere, limite imposto il cui rispetto risulterebbe essenziale per poter ottenere il finanziamento necessario alla realizzazione.

 

 

Il programma prevederebbe poi la predisposizione ad una possibile realizzazione di altre 2 fasi di lavori, la prima che consentirebbe di creare un anello inferiore abbassando il livello del terreno di gioco con un conseguente possibile aumento della capienza dell’impianto fino ad ulteriori 9.000 posti a sedere, e la seconda che prevederebbe un ulteriore livello superiore sulla curva nord per un possibile aumento di altri 7.000 posti. In pratica l’impianto previsto potrebbe contare su una capienza di 20.000 posti a sedere per poi essere predisposto ad un eventuale ulteriore incremento, qualora la necessità dovesse richiederlo, di 12-16.000 posti.

Il programma proposto prevede inoltre la presenza nell’impianto cittadino di un cinema, un hotel, svariate attività commerciali, una biblioteca, un centro medico-sportivo, aree VIP, sky boxes e business lounges, museo con negozi, parcheggi coperti e scoperti, il tutto con le seguenti caratteristiche dimensionali:

 

  • superficie totale: 60 000 m² (stadio + aree circostanti)

  • cinema: 2 000 m²

  • ristorazione e design Hotel: 1 500 m²

  • attività Commerciali: 3 000 m²

  • biblioteca: 4 000 m²

  • centro medico: 500 m².

Architettonicamente la scelta è quella di ispirare l’involucro dell’impianto alla forma di una conchiglia, una forma sinuosa spiega il gruppo di progettisti, che faccia riferimento alla femminilità di un corpo atletico scolpito, ma allo stesso tempo affondi le proprie origini nella terra, in una dimensione arcaica lontana che si ripropone oggi a connotare i nuovi spazi del vivere guardando al futuro. Sulla struttura inoltre è prevista l’integrazione di un impianto fotovoltaico per soddisfare il fabbisogno energetico della struttura, l’implementazione di un sistema di Ground Cooling che consentirebbe di convogliare l’aria in condotti interrati e che, dopo aver ceduto calore al terreno di gioco, entrerebbe nell’ambiente a bassa temperatura raffrescandolo in modo naturale. Sarebbe infine fortemente votato alla green architecture con l’impiego massivo di masse vegetali.

Dal punto di vista della fattibilità economica invece il Sindaco Mario Occhiuto dichiarava che “trattasi di progetto già presentato dalla SGR Dea Capital and Invimit (Fondo pubblico).”

Ma chi è SGR Dea Capital and Invimit, e come opera sul mercato immobiliare?

DeA Capital Real Estate SGR S.p.A. è una società di Gestione del Risparmio, leader in Italia, specializzata in Fondi di Investimento Alternativi (FIA) Immobiliari.

 

Gestisce 11,2 miliardi di euro di patrimonio attraverso 55 Fondi immobiliari e una SICAF (Società di Investimento a Capitale Fisso), di cui 2 quotati nel segmento MIV di Borsa Italiana. DeA Capital Real Estate SGR S.p.A. è leader del mercato immobiliare italiano, con un patrimonio composto da 1000 immobili, il 70% dei quali collocati a Roma e Milano, e un importante portafoglio di Partner, costituito da circa 100 Investitori istituzionali italiani e internazionali. Il patrimonio immobiliare gestito di DeA Capital Real Estate SGR S.p.A. è composto sia da immobili di grande valore storico/architettonico, che da altri più recenti, realizzati con le più avanzate tecnologie ispirate al risparmio e all’efficienza energetica.
In pratica DeA Capital garantirebbe attraverso un proprio fondo immobiliare la gran parte dell’investimento economico necessario alla realizzazione dello stadio San Vito – Gigi Marulla con un ritorno economico derivante dalla gestione, per un determinato numero di anni (a quanto pare almeno trenta anni), delle attività e delle strutture integrate all’impianto sportivo cittadino. Ci sarebbe naturalmente un accesso al credito sportivo per una limitata cifra, ed il Comune di Cosenza parteciperebbe all’investimento con la messa a disposizione dell’area sulla quale far nascere la struttura avveniristica, percependo poi annualmente un corrispettivo economico per l’uso di questa area da parte del fondo di investimento ed infine diventando proprietario dell’opera al termine della concessione (che come già è stato detto dovrebbe avere una durata di almeno 30 anni).

Tutto molto bello, non c’è che dire, un impianto del genere farebbe schizzare alle stelle l’entusiasmo di qualsiasi tifoso, anche di quelli di squadre molto più quotate all’interno del panorama calcistico italiano che è notoriamente pieno zeppo di impianti ormai vetusti e non al passo con i tempi e con le strutture utilizzate nelle principali nazioni del continente. Ma da quel novembre del 2019 sono ormai passati ben 18 mesi, pandemia compresa, ed a parte qualche piccolo riferimento del sindaco Mario Occhiuto, l’argomento stadio è praticamente uscito fuori dai radar dell’informazione cittadina.

Poi, qualche giorno fa, ricompare improvvisamente, per bocca (e chi se non lui…) del sindaco Occhiuto, chiamato da tante componenti del tifo e giornalismo cittadino a spendersi in prima persona per la risoluzione della spinosa questione societaria relativa al Cosenza Calcio.

Nel cercare di favorire un passaggio di mano del sodalizio silano a nuovi imprenditori, il sindaco si è dichiarato disponibile ad ascoltare eventuali soggetti interessati - per poi eventualmente farsi da tramite col presidente - e non ha perso tempo e occasione per rilanciare l’idea del progetto-stadio che evidentemente non aveva mai abbandonato la sua mente.

Questo nonostante le spinose situazioni gestionali cittadine su vari fronti che si è trovato ad affrontare con alterne fortune negli ultimi tempi.

Di certo c’è che un progetto ambizioso come quello che abbiamo descritto qualche riga più su, se pubblicizzato e proposto nel modo giusto, non potrebbe non attirare l’attenzione di imprenditori desiderosi di investire nel calcio ed a caccia di progetti vincenti sui quali buttarsi ed investire. Tutto ciò naturalmente sarebbe anche a vantaggio della squadra di calcio cittadina, per la quale si creerebbe un importante “appeal” (un termine molto in voga ultimamente alle nostre orecchie). Del resto, che senso avrebbe realizzare un impianto del genere se poi la squadra che dovrebbe animarlo annaspa in categorie inferiori del calcio nazionale con modeste ambizioni?

Noi, da tifosi e teste pensanti quali siamo, dopo aver raccontato molti particolari del progetto-stadio, a questo punto ci chiediamo come mai il presidente Guarascio non ha mai davvero pensato di prendere al balzo quella palla!

E perché?

Certo, l'investimento e l'opera in sé non sono cosa da poco, rimane però il fatto che anche il Presidente - in un intervista rilasciata a Settembre 2020 - aveva ancora accennato alla cosa. Poi, solo silenzio. Quindi, cosa è successo nel frattempo?

Forse la risposta è più alla portata di quello che ognuno di noi potrebbe immaginare, e risiede nella modalità operativa (o potremmo dire non operativa, praticamente immobile) da sempre adottata dal presidente Guarascio quando si è trattato di parlare di investimenti riguardanti il Cosenza Calcio. Il presidente ha sempre pubblicizzato i suoi piccoli passi con gli investimenti, che però col passare del tempo invece di portare ad una crescita lenta ma graduale, hanno portato al ritorno al punto di partenza, la serie C.

Questi piccoli passi negli investimenti, ad un certo punto, devono essersi fermati o comunque monetizzati, ed evidentemente il presidente ha ben pensato di sostituirli con un nuovo leitmotiv, quello del famoso “passo del gambero”. Perciò crediamo che non ci posizioneremmo così lontani dalla verità se pensassimo che il presidente Guarascio, anche sulla questione stadio, non abbia mai inteso rilanciare per la mancanza di volontà ad investire seriamente sulla forte crescita del Cosenza Calcio all’interno del panorama calcistico nazionale. Contribuendo così probabilmente a rallentare, anche in questo caso, i “piccoli passi” verso la realizzazione del nuovo stadio cittadino.

Ma in questi giorni di trattative e di ricerca dell’imprenditore giusto capace di rilanciare una volta per tutte le ambizioni di un club e di una tifoseria affamata di calcio fatto e gestito per bene, un progetto ambizioso come questo sarebbe, a nostro avviso, estremamente importante per i futuri ritorni. Sia economici, per chi lo porterà avanti, ma anche sociali e di crescita per la città di Cosenza. E non può non essere utilizzato per attirare l’attenzione di forti realtà imprenditoriali locali ma anche nazionali, che possano pensare di fondere calcio e business nella nostra città con conseguenti risultati atti a portare tangibili vantaggi a tutti i protagonisti coinvolti (città, imprenditori, tifosi).

 

Soprattutto in questo particolare periodo in cui il paese, dopo le conseguenze tragiche della pandemia, sembra essere predisposto ad una forte ripartenza il cui volano potrebbe proprio essere la realizzazione di grandi opere, e favorita dalla via maestra che sembra sia stata tracciata dall’Europa e dal Governo Italiano. Non si può non pensare di togliere da quel cassetto il sogno - che poi è qualcosa di più di un sogno visto che, come abbiamo già detto, la redazione del progetto dovrebbe essere working progress - di vedere realizzato il nuovo San Vito/Gigi Marulla con una squadra forte che ci gioca sostenuta come sempre “orgogliosamente” dalla propria encomiabile tifoseria. E tutto ciò probabilmente potrà accadere solo se alla guida della gloriosa società del Cosenza Calcio ci sarà qualcuno che saprà tenere in giusta considerazione i tifosi, vera anima del club, e per il quale il Cosenza non sia solo un “Hobby”, ma passione ed orgoglio!!!

 

Giovedì. 27 maggio 2021

a firma

Onofrio Del Grillo

La Zona morta #3

Bisogna comprendersi, non offendersi

 

E' evidente che bisogna ripartire da un fallimento. E no, non intendo quello Societario o stagionale.

Venerdì è andata in scena una protesta ufficiale davanti Palazzo dei Bruzi contro Eugenio Guarascio.

Che io ricordi la prima, vera protesta da dieci anni a questa parte contro la sua gestione Societaria.

Vivendo lontano dalla mia città, era evidente che non sarei stato della partita, però non ho perso tempo a seguire in streaming dall'inizio alla fine per capire quello che stava succedendo.

E lì ho percepito il fallimento, per quello che ho visto prima, durante e dopo.

L'iniziativa era stata promossa dall'Associazione Cosenza nel cuore, e l'adesione era aperta a tutti i tifosi, ultrà o meno.

L'orario era giusto (ore 18,30 di venerdì, quindi lavorativamente si poteva passare anche se dovevi assolvere agli ultimi adempimenti settimanali, qualunque essi fossero!), e il clima era stato corroborato in precedenza da quei manifestini con scritto “Guarascio Vattene” che avevano coperto la città ( e non solo ) per un paio di giorni.

Invece ho assistito a quello che temevo, e di cui parlavo nella prima puntata delle mia Rubrica.

Non mi riferisco a chi era fisicamente presente, che ha fatto sentire le sue ragioni (ho visto anche padri con i figli, Dio li benedica!) ma per tutto il contesto umorale che li circondati, osservati e accompagnati dall'esterno. Un contesto che sembra creato apposta per sabotare o autosabotarsi per un bene comune. Il che porta inevitabilmente al fallimento. Non al fallimento dell'iniziativa – intendiamoci subito – ma dell'atteggiamento di chi alla fine si accontenta!

E questo fallimento è evidente che ha radici lontane e molti padri, tutti figli dell'incomprensione.

E' fin troppo chiaro che tutto il popolo rossoblù ( a parte i soliti quattro/cinque Soloni o bastian contrari della tifoseria) vogliono un cambio di passo, di mentalità, e di gestione per la nostra Squadra.

Lo scoglio più arduo però emerge quando si decide COME esternare tutto questo!

Nel suo bellissimo libro “Ultrà” (che ha la città di Cosenza e la sua tifoseria organizzata come protagonista principale) , lo scrittore Tobias Jones scrive che “i Cosentini vanno fieri della loro indole anarchica....come se non appartenessero al branco. E sembrano quasi autocompiacersi della loro sorprendente capacità di apparire e scomparire dal nulla...”

E non si tratta di organizzazione, chiariamolo subito, ma della nostra classica e ormai ancestrale tendenza a vivere in equilibrio tra compromesso ed intransigenza!

E proprio l'intransigenza ha portato alla ormai annosa “Diaspora” che da anni ha lacerato ed alzato muri nella parte più storica e orgogliosa della nostra tifoseria. Una divisione basata su alcune questioni di principio, ma soprattutto da risentimenti personali (pensa un po', se n'è accorto persino uno scrittore Inglese!) che rende debole e facilmente manipolabile quel poco di orgoglio che caratterizza la nostra fede!

E così, in pieno sentimento autodistuttivo dettato dai risentimenti personali e dall'incomprensione, ecco che non partecipano tutti. Perché non l'abbiamo chiesta NOI, perché con QUELLI non ci vogliamo avere niente a che fare – anche se non voglio nemmeno io Guarascio – perché hai visto mai che alla fine i meriti se li prendono LORO?

E decine di migliaia di tonanti e possenti voci, si riducono a centinaia, rischiando di non essere sufficienti per far arrivare l'eco a chi sembra indifferente allo stato attuale delle cose.

Ho usato il termine diaspora, e non a caso. Perché sembra una parte del bellissimo film “Brian di Nazareth” ambientato nell'epoca di Gesù Cristo.

Con la loro proverbiale ironia al vetriolo, i Monty Phyton facevano innamorare il protagonista (nato lo stesso giorno delll'unto del Signore e confuso come Profeta) di una ragazza che era però un'attivista convinta del movimento per la liberazione della Giudea dai Romani.

Movimento denominato Fronte popolare giudeo, che odiava i Romani ma ancor di più il Fronte popolare della Giudea con cui non voleva essere confuso, e ancor meno sopportava il Fronte popolare giudaico, che erano “dei veri e propri incapaci”! Chiaro il concetto?

Del resto, Diaspora significa letteralmente Dispersione (non necessariamente né esclusivamente provocata o imposta da una forza esterna) di un popolo.

C'è troppa incomprensione, e dove c'è incomprensione basta poco per offendersi e chiudersi ancora di più a riccio, ed a pensare al proprio orticello.

E l'unica cosa da comprendere è che ORA non è il momento delle offese o delle questioni personali, ma di fare fronte unito contro quello che sta danneggiando LA NOSTRA SQUADRA!

Altrimenti, spiace dirlo, si perde anche il titolo e l'onore di essere tifosi del Cosenza.

E si verrà calpestati in tutto dal calcio moderno, cioè da gruppi di potere che con il calcio non ha nulla a che fare. E quindi da gente che cura gli interessi di persone che del calcio a Cosenza interessa poco o niente.

Non importa perciò chi sia a chiamare all'adunanza il Branco, l'importante è che sia veramente un tifoso e che tutti aderiscano, indipendentemente da chi ha chiamato, e che si resti compatti in attesa di una risposta CERTA!

Ma soprattutto che si continui a protestare.

Nel frattempo, e mi rivolgo ad alcuni organi di informazione, fatemi il piacere!

Io capisco che qualcuno pensa di dover essere riconoscente (nella trasmissione Tam Tam del Marzo 1998 si diceva di un giornalista - nominato addetto stampa - “Senza i Pagliusu eri togu”) , ma se si fa il giornalista - con tanto di testata che si dirige - l'obbligo della “giusta distanza” è fondamentale!

Ma con quale faccia si può portare avanti il nome di Pagliuso? E come fa certa gente (pochissima per fortuna) ad essere pure d'accordo?

Fate una cosa. Se siete giovani compratevi “Profondo Rossoblu”, scritto da Gabriele Carchidi.

Vi basteranno le prime 100 pagine per arrossire dalla vergogna per certe stupidaggini propagliuso.

Oppure, se avete scarsa memoria, andate a prendere un caffè con Giuseppe Milicchio, per rinfrescarvi bene tutto!

Se poi vi piace essere masochisti, fate appena possibile un viaggetto a Ferrara, e nominatelo a qualche tifoso della Spal. Prima però premunitevi con una bella assicurazione sugli infortuni!

Perché francamente è impensabile slegare quelle figure (padre e figlio) con le peggiori e mortificanti azioni che si siano mai vissute a Cosenza! Sì, anche peggio di Guarascio, che almeno non ha mai millantato di capirci di calcio.

Nel marasma generale è bene sempre mantenere il sangue freddo, e la mente lucida.

E vi basterebbe guardare la sua sconfortante comparsata fatta recentemente (ah, D'ippolito, D'ippolito!) in una tv locale per capire tutto.

Se pensate di aver visto qualche barlume di speranza, siete messi male!

Quello a cui avete assistito è stata semplicemente l'apparizione di una tragica maschera.

Un Pantalone pieno di castronerie e di insulsi vaneggiamenti, schiavo della sua megalomania e che sta vivendo la terza e definitiva fase della sua vita in perenne edulcorazione di ciò che non è stato.

E non sarà MAI!

Lasciamolo (e lasciateci) in pace, per favore!

Piuttosto, visto la recente e demenziale perdita di 800000€ (complimenti a tutti, nessuno escluso della Società!) che si faccia ulteriore pressione perché il Presidente si decida a indire questa tanto invocata conferenza con la Stampa!

E adesso, se siete ancora qui, seguitemi nella Zona Morta.

 

 

Nella Zona morta la tifoseria, ricompattata, seguendo il motto “la forza del Lupo è il Branco, ed il Branco è la forza del Lupo!”, si è unita senza sosta. Gomito a gomito, senza pensare alle questioni personali, tutte le anime che vivono in funzione del Cosenza Calcio si ritrovano uniti per protestare ed esigere che questa gestione indifferente e scellerata finisca subito!

Alla fine della monumentale protesta, il Sindaco è costretto a scendere dal suo Palazzo per discutere con loro il futuro della Società, e garantire che arriverà chi REALMENTE si dovrà prendere a cuore le sorti della Squadra e dei vessilli rossoblù. Pena altrimenti la sua irrevocabile caduta politica. Nel frattempo, tutti i negozianti si fanno promotori dell'iniziativa di Sapiens #IOBOICOTTOGUARASCIO, esponendo i cartelli in bella vista sulle loro vetrine disseminate per Corso Mazzini e dintorni.

In tutto ciò il Presidente gira solo, accerchiato da una nuvola di malumore e dissenso generale, che non può ignorare e che lo porterà ad essere solo, e sempre più portato a passare la mano.

 

 

Tenetevi stretti, e saldi. E “stringete le mani” di chi tifa VERAMENTE Cosenza come voi.

 

La notte è ancora lunga e buia, e se la si affronta insieme - da Branco- potrebbe esserci un'Alba più luminosa. Come scrisse Kipling, sempre sulla forza del Branco: Il lupo che la manterrà potrà prosperare, mentre quello che la infrangerà morirà.

 

mercoledì, 26 maggio 2021 

A firma

Sinn Féinn

UN “TIE’!” NEL DESERTO

 

Giunto al mio nuovo appuntamento sul blog (come avete visto, qui scriviamo in diversi e ci tocca ovviamente alternarci), voglio cogliere questa occasione per restare nella più stretta attualità e puntualizzare alcuni passaggi riguardo le polemiche che ci hanno investito in questi giorni – naturalmente relative al nostro già famosissimo post sui bilanci del Cosenza, che risale appena a due giorni fa ma è già diventato virale – e che avevamo messo ampiamente in conto, questo sia chiaro a chi vorrebbe farci paura (sì, ci stanno provando).

Devo premettere che insistere, come detto, sulla stretta attualità - ancorché opportuno - mi suona un po’ strano. Ci sarebbe ancora moltissimo da dire sulla stagione appena conclusa, sulla gestione societaria di essa che più volte ho definito scellerata, sulla retrocessione annunciata che però solo gli utenti del forum CosenzaUnited annunciavano. Ma il tempo di quest’epoca frenetica consuma argomenti e persone a ritmi indiavolati, e quindi Lignano Sabbiadoro e la sciagurata stagione 2020-2021 sono ormai acqua passata.

 

 

Primo punto da chiarire: noi del blog non siamo #GuarascioVattene.

A noi la formula Guarascio Vattene sembra vuota, stantia. Un esercizio di stile, quasi, che anziché far trapelare la giusta rabbia che la anima (quella delle moltitudini di cosentini che di questa società non ne possono più) fa trasparire solo la vacuità della sua sterilità, facendo il gioco di chi replica: Guarascio vattene… e poi? Chi se lo prende il Cosenza?

Quindi il concetto che voglio esprimere è piuttosto il seguente: noi reputiamo che il presidente Guarascio abbia ampiamente fatto il suo tempo a Cosenza e nel Cosenza. Io per primo. Credo e crediamo che la gestione societaria abbia lasciato a desiderare in settori ben più pregnanti dei semplici nomi, per cui era meglio prendere il giocatore X anziché quello Y. Oggi leggiamo sui siti specializzati che il Cosenza starebbe guardando a Siena per scegliere Grammatica come DS e Gilardino come allenatore. Sono ideali per tornare in B, come ci compete? Sono l’ennesimo puntare al ribasso? Entrambe le cose, magari, a seconda di come e quanto sarà organizzata la società.

E il punto è che dieci anni dopo il suo esordio il presidente Guarascio deve farsene una ragione: la realtà dice che lui non è assolutamente in grado – né pare averne voglia – di organizzare come si deve una società calcistica, di programmare, di destinare a essa le risorse davvero necessarie, di dotarsi di un direttore generale che capisca di calcio e che impedisca, ad esempio, lo scempio di altri ottocentomila euro persi perché si è mancato di soli 40 minuti il minutaggio minimo degli under per accedere ai relativi fondi (unica società di serie B ad aver mancato questo incasso).

In queste condizioni di totale disorganizzazione, di caos, di superficialità – e a volte, ci sembra, anche di menefreghismo -, nemmeno Marotta e Conte, oggi freschi di scudetto, potrebbero ottenere risultati, quindi il discorso su Grammatica e Gilardino (o su Pagni e Sottil) nemmeno si pone. E dunque io reputo, e reputiamo noi tutti del blog, che il presidente Guarascio debba da questo trarre l’unica conclusione possibile.

Il Cosenza Calcio sotto la gestione Guarascio è tenuto in vita per esistere, punto. Vincere è un accidente, può anche succedere – quando si verificano condizioni irripetibili, sicuramente non merito della società, ci si può anche ritrovare un gruppo di uomini che compie un’impresa straordinaria vincendo i playoff di serie C pur essendo partiti dal primissimo turno. Può succedere, a noi è successo, ma nulla, da Cosenza-Sicula Leonzio a Cosenza-Siena a Pescara, è stato frutto del benché minimo impegno in tal senso della società.

Ebbene, a noi esistere e basta non va bene. A calcio si scende in campo per raggiungere il risultato - che può essere vincere o anche salvarsi – e ci si dota dei mezzi per raggiungere l’obiettivo. Può riuscire o non riuscire, ma non è accettabile mettere sul piatto per tre anni di fila l’ultimo budget per distacco della categoria (roba buona per una serie C da centroclassifica) e, nell’ultima stagione, giusto a titolo di esempio, ingaggiare un improponibile Mbakogu quando serve un centravanti. Questo significa che i risultati sul campo non interessano a nessuno, dalle parti della società. Se ci si salva bene, ma non un centesimo in più né il minimo impegno societario in tal senso.

Se il presidente Guarascio ha inteso gestire in questo modo una società di serie B, nonostante i milioni e milioni di euro che in tre anni di mutualità ha incassato (salvo poi impiegarli in oneri diversi di gestione…), giocoforza in serie C la sua gestione sarà ancora più votata al risparmio, alla superficialità, alla rinuncia da penitenti – mancherebbe che facesse giocare la squadra direttamente in saio e a piedi nudi.

Ebbene, a questa gestione diciamo no. Un no forte, motivato, argomentato, che è ben altra cosa rispetto a Guarascio Vattene. Perché io fermamente credo che la situazione del Cosenza Calcio oggi sia tale che non ci si può assolutamente fermare a un hashtag.

Altro discorso è la volontà di passare la mano, e sul punto la condotta del presidente non ci sembra possa indurre all’ottimismo. Circa la trattativa coi salernitani, mai nemmeno iniziata perché dalla sede del Cosenza non sono mai partiti i documenti societari che gli acquirenti richiedevano per formulare un’offerta, vi abbiamo detto a profusione su questo blog. Di queste ore – appena ieri – sono poi le notizie, queste sì rilanciate da tutti gli organi di stampa, circa gli addirittura quattro gruppi imprenditoriali disposti a subentrare: da Di Donna agli iGreco, da misteriosi fondi lussemburghesi a cordate chiamate a Cosenza dal sindaco Occhiuto, sembra si sia scatenata la corsa a dare la notizia (sulla corsa a rilevare il Cosenza, invece, permettetemi di dubitare un po’).

A tutto questo, il buon patron oppone una pausa di riflessione che dura ormai da oltre dieci giorni e un silenzio ostinato che non sembra precludere ad alcuna apertura verso possibili offerenti.

Quindi, a nome di tutto il blog, qui ora lo scrivo chiaramente: secondo la nostra opinione, Guarascio non è assolutamente in grado, per mancanza di capacità imprenditoriale calcistica e di volontà di acquisire la medesima e metterla a frutto (mancanza di volontà messa chiaramente in luce in dieci anni), di assicurare una gestione decente del campionato di serie C, in linea col blasone della piazza di Cosenza e con l’obbligo morale di ritornare immediatamente in serie B.

Questo ciò che pensiamo. E ribadiamo che chiunque sia al vertice societario nella stagione prossima ventura deve avere come obiettivo immediato il ritorno subitaneo in serie B, e come obiettivo a breve termine dotare finalmente il Cosenza di tutte quelle strutture di cui una società di calcio moderna necessita.

 

 

Il secondo punto da chiarire fa ovviamente riferimento alle polemiche di cui sopra, relative (ma non solo) al nostro post sui bilanci.

Diciamo subito una cosa: noi alla città e alla cosiddetta piazza abbiamo offerto un servizio, gratis. Acquisire il bilancio di una società presso la Camera di Commercio costa; è un costo – irrisorio o meno che sia – che i nostri esperti si sono accollati ben volentieri, perché tutte le cose che abbiamo scritto le volevamo scrivere e potevamo farlo solo con le carte in mano. Perché lì, in quel post e in quel bilancio al 31.12.2019, non ci sono le nostre opinioni: piaccia o meno ci sono numeri. I numeri, siamo portati a credere, non si possono tanto interpretare: a un certo punto bisogna vedere se davanti a una certa cifra c’è il segno meno oppure no.

Per niente grati di questo servizio, molti si sono scagliati contro di noi (un decimo dei moltissimi che ci hanno applaudito e fatto i complimenti: a loro vogliamo dire di stare tranquilli, certo che continueremo così). A mio modesto avviso, condiviso dai miei compagni di avventura sotto la Bandiera RossoBlu, hanno scelto il modo sbagliato per farlo. Forse l’unico che avevano, magari: non potendo smentire i numeri hanno provato a smentire direttamente noi, sostenendo che mentissimo, che non avessimo mai visto i bilanci, che non è vero nulla di quello che diciamo, che il Cosenza non ha debiti, come recita il mantra dei nostri tempi. Ebbene, a questi signori vorrei replicare io, a nome di tutti, dicendo che non ci è dovuto un grazie – figuriamoci, tutto quello che facciamo in questo blog è fatto per noi e per l’amore che portiamo al Cosenza – ma occorre andarci piano con le parole, perché se devono partire le querele (come pure hanno pensato di preannunciarci) siamo noi i primi a farle partire.

E in mezzo a noi non ci sono solo commercialisti (e registi cinematografici, esperti di finanza, eccetera) ma anche avvocati. Chi scrive vi sconsiglia fortemente, per quanto amichevolmente, di insistere su questa strada della diffamazione nei nostri confronti.

Detto questo, chiariamo dunque ulteriormente: il nostro post sui bilanci intendeva dimostrare che – a far fede a quello 2019 – non è affatto vero che il Cosenza non abbia debiti, come si ripete ovunque da sempre. Come abbiamo scritto, li ha eccome. Non abbiamo del resto mai scritto che “il Cosenza è pieno di debiti”: nero su bianco, abbiamo semplicemente scritto che i debiti ci sono, che sarebbero anche pochi e ampiamente gestibili per una società di serie B, ma siccome grazie all’insipienza societaria siamo diventati una società di serie C il passivo di bilancio potrebbe essere molto pesante a fronte della sciagurata perdita della categoria.

Si faccia avanti chiunque possa smentirci.

Abbiamo inoltre rimarcato un altro paio di cose alquanto significative: un esborso assolutamente sproporzionato per non meglio specificati oneri diversi di gestione (gran parte delle società di serie B, che pure hanno affrontato spese consistenti allestendo organici competitivi, alla stessa voce presentano cifre assai inferiori a quelle del Cosenza) e una transazione tra Cosenza Calcio ed Ecologia Oggi – come detto, Guarascio che fa un accordo con sé stesso… - in cui il Cosenza Calcio ha rinunciato a parte delle spettanze che l’altra società del presidente gli doveva per sponsorizzazione, pari a 450mila euro. Ovvero, quando è giunto il momento per Eugenio Guarascio di mettere i suoi soldi nelle casse del Cosenza (chissà, forse avremmo potuto con quelli ingaggiare qualche giocatore più forte…), ha trovato un’intesa con Guarascio Eugenio che gli ha concesso uno sconto. Su quella sponsorizzazione il Cosenza aveva già pagato l’IVA, ma non risulta abbia fatto assolutamente nulla nemmeno per recuperare almeno quei soldi.

Era il caso che Guarascio facesse un’operazione così depauperante e svantaggiosa per il Cosenza Calcio? E non sarebbe stato piuttosto opportuno cercare di risparmiare sugli oneri diversi di gestione, anziché sui soldi da destinare per allestire l’organico? Chissà, un milione in meno di oneri diversi, un milione in più per fare la squadra, e forse oggi saremmo ancora in serie B…

Vi stiamo dicendo che a giudicare dal bilancio 2019 le risorse del Cosenza sono impiegate malissimo, visto che troppe energie – mettiamola così – sono dirottate altrove anziché messe a disposizione per i risultati sportivi della squadra. È una nostra valutazione dalla quale si può ampiamente dissentire, salvo tentativi assurdi di far dire ai numeri il contrario di quello che dicono. Potete non credere a noi, ma gli occhi per leggere un bilancio suppongo li abbiate. Ebbene, vi ribadisco ulteriormente che il bilancio societario è pubblico. Non credete a noi, andate a leggerlo da soli.

 

 

In conclusione, voglio puntualizzare lo spirito di questo blog.

Ho provato a riassumerlo nel titolo, parafrasando un celebre film di Bertolucci, evocando l’estremo sberleffo nei confronti della gestione societaria nel deserto che fino a ieri dominava ovunque, essendo solo noi – sul forum CosenzaUnited che ci ha generati – ad assumere una posizione critica verso Guarascio, ma mi rendo conto che sono stato ingeneroso e pericolosamente fuorviante.

Non siamo qui per sberleffo. L’ho detto, siamo qui per amore.

Siamo professionisti, cosentini, tifosi. Gente di tutte le età tranne – ahinoi – quella verdissima che ci imputa chi ci definisce ragazzini che inventano bufale o qualcosa del genere.

Siamo qui anche per confrontarci, se qualcuno vuole. Abbiamo una pagina facebook sulla quale si possono tranquillamente commentare i nostri post.

Su tutto quello che scriviamo – comprese le notizie sulla trattativa coi salernitani che abbiamo raccontato solo noi, avendo a disposizione una fonte diretta e sicurissima – ci mettiamo tutto, faccia e mani sul fuoco.

No, non siamo un “tiè!” nel deserto, rivolto a Guarascio tanto per sfogarci. Forse il deserto intorno a noi c’è ancora, anche se oggi cominciano a levarsi voci contro la società, pure da parte dei media – i quali cercano disperatamente di inseguirci, tagliarci la strada, delegittimarci: a loro diciamo che hanno avuto dieci anni di tempo per fare il loro lavoro, se oggi ancora decidono che il loro nemico è un blog nato ieri l’altro - che ha la sola colpa di fare quello che non fanno loro - anziché chiedere conto al presidente di quanto scriviamo noi (basandoci, lo ripetiamo per l’ennesima volta, su bilanci pubblici, non ci serve una talpa in seno al Cosenza e non abbiamo bisogno di inventarci debiti), significa che questa città è ancora molto lontana dal maturare.

Noi siamo qualcosa di diverso.

Noi, come abbiamo scritto fin da subito, siamo i Lupi da Guardia, pronti a ringhiare e azzannare a difesa del nostro Cosenza e a fare la guardia anche alle condotte societarie, che pretendiamo essere improntate al più rigoroso rigare dritto. Qualcuno, davanti alla dichiarazione di intenti con cui abbiamo aperto il blog, credeva scherzassimo, oppure che sparassimo a salve, che avessimo zanne finte e artigli di plastica.

Bene, siete stati travolti dalla nostra tempesta.

Mò ve ne siete accorti di chi siamo.

E ancora non avete visto nulla.

 

Martedì, 25 maggio 2021

a firma

 

NdT

GLI INTOCCABILI

Nella Chicago degli anni Trenta, in pieno proibizionismo, la città è governata dal famigerato e spietato boss mafioso Al Capone, il cui commercio si basa principalmente sul contrabbando di alcool. L'agente del Tesoro Eliot Ness decide di combattere Capone organizzando una crociata contro il suo impero economico, assoldando alcuni impavidi ed integerrimi collaboratori – agenti non corrotti dal boss – e riuscendo, alla fine, nell’intento di far condannare il re di Chicago.

Questa, in breve, la sinossi del famosissimo film THE UNTOUCHABLES, che narra dell’immenso potere del più grande boss di tutti i tempi, che si propagava in tutte le istituzioni pubbliche e forze di polizia, tanto da renderlo il vero e proprio “intoccabile”: chi tocca o solo pensa di toccare MUORE!

 

 

Anno 2021, città di Cosenza: in piena pandemia, l’opinione pubblica, la tifoseria, la stampa, la città intera, ciascuno nei propri ambiti e sotto sfaccettature diverse, sono ostaggio di un soggetto che rifiuta di cedere il Cosenza Calcio, pur avendo ricevuto numerose offerte da gruppi imprenditoriali (almeno 3 ci constano personalmente).

Ebbene, parafrasando la figura del noto boss italo-americano degli anni Trenta, ci viene da pensare che non sia consentito a chicchessia di avanzare una proposta di acquisto della squadra cittadina ed i motivi sono palesi, ben evidenziati in un articolo da poco apparso su questo blog ed a cui Vi rimandiamo per farvi un’idea di cosa si stia discutendo: Debiti e crediti reali. Analisi approfondita del bilancio del Cosenza.

Ovviamente - lo si scrive a scanso di equivoci, perché con l'aria che tira ci manca solo che ci mettano in bocca pure questo - il presidente del Cosenza non è un capo mafia (e Cosenza non è la Chicago degli anni Trenta); ma la qualifica di Re della Città, a quanto pare, gli calza perfettamente.

Vanno allora appurati i reali motivi per cui la proprietà non voglia mollare l’osso (in tal caso la metafora, per quanto forte, è voluta, poiché si attaglia perfettamente alla circostanza di fatto), rendendosi non solo poco disponibile al dialogo con i promissari acquirenti, ma evitando di presentarsi addirittura agli incontri -  ovvero omettendo di produrre la documentazione contabile ed amministrativa richiesta, salvo poi trincerarsi dietro la solita laconica asserzione: “non è stata avanzata alcuna seria proposta di acquisto…”. Va da sé che bisognerebbe scandagliare le dinamiche sociali per le quali il presidente, padre padrone, sia libero di fare e disfare a proprio piacimento, prendendosi gioco di una città intera.

Eh sì, è proprio così!

Il montare della contestazione, dapprima sui social e poi in strada, non pare abbia minimamente scalfito l’imperturbabile serenità del presidente, che continua tranquillamente e beatamente a vivere e godere il salotto buono della città bruzia, regalandosi passeggiate ristoratrici all’ombra dei capolavori del MAB senza minimamente curarsi dei “malumori” della piazza.

 

 

Eppure, chiunque di noi, miseri “tifosi di strada” vieppiù inclini ad un’esistenza lontana dalle luci della ribalta e costellata di esperienze - per l’appunto “da strada” -, calandosi per un attimo nei panni del Presidente, sentirebbe qualche brivido salirgli lungo la schiena, stante il fermo e dilagante malcontento dei tifosi, ancor più esasperato da comportamenti evidentemente oltraggiosi ed offensivi messi in atto dalla società in danno della tifoseria.

Si badi bene, certamente nessuno deve temere nulla dal punto di vista dell’incolumità personale, e tanto è d’uopo ribadirlo senza tema di smentita, perché Cosenza ha una tifoseria matura e lontana anni luce dall’idea di difendere i propri diritti con la violenza.

Tant’è che sta manifestando un dissenso accorato e civile, sebbene duro ed irremovibile.

Lascia, però turbati la spensieratezza e tranquillità del patron.

A fronte di un dissenso così evidente il Presidente, invece di affidarsi ad opportune dichiarazioni che facciano chiarezza sul proprio operato o, quantomeno, assolvano a stemperare gli animi, lascia che siano altri a parlare per lui.

 

Sempre meglio, d’altronde, che lasciar parlare la sua storia, come ama sempre ribadire…

 

 

 

Manca soltanto la chiosa della celebre pellicola, la frase con cui Al Capone apostrofa chi, finalmente è riuscito, con tanta solerzia ed abnegazione, rigettando le continue proposte di corruzione, a far emergere tutte le malefatte e la responsabilità del boss, pensando di poter, per l’ennesima volta, sfuggire alla giusta pena che l’attendeva: «Ma vattene, non sei niente, sei solo chiacchiere e distintivo!».

 

Lunedì, 24 maggio 2021

a firma

Il Cigno di Utrecht

 

 

Debiti e crediti reali. Analisi approfondita del bilancio del Cosenza.

 

Sono anni che, memori dei due fallimenti dovuti ai debiti e a delle sciagurate gestioni, nei tifosi del Cosenza il pensiero dei “conti a posto” esercita un'attenzione notevole.

Logico quindi che si tenda – a fronte di una mancata programmazione dell'attuale proprietà - a bypassare alcune decisioni approssimative con la classica frase “basta che i conti siano a posto”.

Ebbene, per dire questo, è necessario avere competenze specifiche ed essere in grado di leggere fra le righe come va analizzato ed interpretato correttamente un bilancio di una squadra di calcio, che - è bene ricordarlo - è a tutti gli effetti una Società. E questo non è cosa da tutti. Perché le voci e le entrate e le uscite in una Società non ha hanno il valore ed il “peso” che può avere se raffrontato con i conti di una persona normale.

Avvalendoci di persone esperte del settore e che hanno le competenze necessarie, abbiamo voluto tracciare un'analisi del Cosenza Calcio di Eugenio Guarascio, sottoponendo alla loro visione il bilancio della Società dell'anno 2019.

Ecco cosa è emerso dopo un'attenta analisi dello stesso.

 

 

Innanzitutto il bilancio delle società di calcio si caratterizza per l’elevato valore assunto dai beni intangibili, ovvero i calciatori. O meglio: sul valore dei diritti derivanti dalle loro prestazioni. I cartellini dei giocatori di proprietà rappresentano, infatti, una delle voci preponderanti dello Stato Patrimoniale, documento obbligatorio che le società sono tenute ad approvare ogni anno insieme al conto economico, al rendiconto finanziario e alla nota integrativa. Nei bilanci il valore dei calciatori viene indicato nel prospetto di attività e passività della società nello Stato Patrimoniale ed è ricompreso tra le immobilizzazioni immateriali ad utilità pluriennale. A livello contabile, l’ammortamento del costo del calciatore all’interno del patrimonio della società sarà dilatato nel tempo, visto l’utilizzo pluriennale.

Facciamo quindi un esempio per capire come cambia il valore di un calciatore negli anni considerando la quota annuale di ammortamento. Poniamo che la squadra X abbia siglato un contratto di 5 anni, dal 2020 al 2025, con il giocatore Y acquistato per un importo pari a 10 milioni di euro. Per calcolare l’ammortamento annuale bisognerà dividere l’importo sostenuto per il cartellino per gli anni di contratto. Nel primo anno l’ammortamento sarà quindi di 2 milioni di euro, 4 milioni nel secondo anno, 6 nel terzo e via discorrendo. Il valore del bene assunto al netto dell’ammortamento previsto sarà quindi calcolato in bilancio in relazione agli anni di utilizzo dello stesso. Nel dettaglio però le voci da considerare sono anche altre, vale a dire:

Debiti verso fornitori,debiti tributari. mantenimento della categoria e, quindi, consolidamento del flusso di proventi derivanti dalla mutualità.

Questo poi va circoscritto al 2019, con i costi. Ed i Costi, va spiegato, sono il valore di ciò che si è utilizzato (dopo averlo comprato/acquisito) nell’attività di quella precisa stagione (da non confondere con il conseguente – ma non sempre contestuale – esborso di denaro). Quindi:

Costi per i servizi prestati da terzi alla Società, costi lordi per i compensi ai calciatori professionisti tesserati, oneri diversi, Interessi passivi e oneri finanziari.

Poi ci sono i ricavi, che vanno suddivisi anche in differenti voci. Anche qui va precisato che i Ricavi sono precisamente il valore di ciò che si è venduto/ceduto durante l’attività societaria in quella precisa stagione, da non confondere con il conseguente introito di denaro. Perciò avremmo:

Ricavi per la cessione degli spazi per Sponsorizzazioni e pubblicità e Mutualità Lega per la partecipazione alla serie B (€ 5,6 milioni per le squadre in generale), premi di valorizzazione e rendimento per eventuali giocatori prestati.

 

 

Chiariti alcuni punti, entriamo nel dettaglio del bilancio del Cosenza Calcio.

Il Cosenza Calcio ha un capitale Sociale versato di 10.000 €. Il bilancio è costituito da alcuni documenti, un prospetto numerario, una nota integrativa che integra le informazioni e spiega meglio i "numeri", nonché l'andamento e le modificazioni di alcune voci di bilancio, ed una relazione sulla gestione. Il prospetto numerario è diviso in stato patrimoniale e conto economico.

Lo stato patrimoniale, a sua volta, in attività e passività. Nelle attività sono indicate, in termini accessibili a tutti, ciò che un'azienda, una società ha e che deve ricevere; nelle passività ciò che deve dare a terzi in una determinata data, in questo caso al 31/12/2019.

Il conto economico è suddiviso in costi e ricavi di competenza dell'esercizio, in questo caso il 2019.

Prendiamo in esame lo stato patrimoniale.

Al 31/12/2019 il Cosenza Calcio presentava un totale di attivo circolante (valori numerari certi da riscuotere e/o facilmente smobilizzabili e/o liquidi) pari a 3 milioni e 113 mila €. Di contro presentava un totale debiti pari ad € 5 milioni e 576 mila €, dunque con un evidente sbilancio debitorio pari a 2 milioni e 463 mila €, a cui si aggiungono 451 mila € di parte della perdita 2018 non coperta da riserve e versamenti e non riportata a nuovo. Dato peggiorato rispetto all'esercizio precedente che era pari a 1 milione e 466 mila €. 

Peggiorato di quasi un milione di euro, circa, al netto della perdita 2018.

Primo luogo comune sfatato: "Il Cosenza non ha debiti". Il Cosenza i debiti li ha eccome.

Sono tanti? No, per una società di serie B non sono tanti. Per una società di B, ripetiamo.

In serie C però è tutt'altra cosa.

Notiamo poi come il patrimonio netto della società sia di € 296 mila €, e che dunque la società in questione risulta assolutamente sottocapitalizzata e patrimonializzata solo ed esclusivamente per ripianare le perdite.

Nel conto economico troviamo un volume di ricavi pari a 2 milioni e 368 mila € dovuti ad incassi dei botteghini e rivalutazioni beni aziendali immateriali, sommati a poco più di 9 milioni di euro di altri ricavi e proventi (lega, diritti tv, sponsor).

Di contro costi per il personale pari a 6 milioni di euro, vari altri costi di scarso impatto e costi per servizi ed oneri diversi di gestione pari rispettivamente a 2,1 milioni di euro e 2,5 milioni di euro.

I costi per servizi sono spese direttamente riconducibili all'attività d'impresa; gli oneri diversi di gestione invece sono spese non direttamente riconducibili all'attività, che ci sembrano assai sproporzionate in rapporto al fatturato ed alla categoria di appartenenza e, vieppiù, alla palese gestione al risparmio ormai diventata leggendaria del Cosenza Calcio, e che ben si evidenzia nelle tabelle qui di seguito.

 

 

"Il Cosenza ha entrate e uscite". Così rispondeva il presidente Guarascio, non troppo tempo fa in occasione della presentazione dei nuovi acquisti (rigorosamente in prestito), alla domanda di un giornalista che chiedeva che tipo di programmazione aveva per il futuro. "Entrate e uscite".

Dette così suonano come gli ingressi di una scuola, di un complesso commerciale o più semplicemente di un palazzo nel quale si vive. Un tentativo di dribbling goffo, come è solito fare il presidente quando si cerca di entrare nel merito di una questione. Ma cosa sono nello specifico queste entrate e uscite? Nessuno, prima d'ora – giornalista o tifoso - si è mai interessato alla gestione economica della società dando per buona la classica "voce di strada" secondo cui il Cosenza avrebbe i conti in ordine e che non avrebbe debiti senza porsi la domanda se poi sia tutto vero.

Bastava una semplice richiesta al Registro delle Imprese della Camera di Commercio della Provincia di Cosenza, spendere qualche euro, studiare le carte contabili, per giungere alla conclusione che non è tutto oro quello che luccica.

E che è un azzardo forse affermare che “i conti sono a posto”.

 

 

Ci chiediamo, ad esempio: è stato opportuno nel 2018 procedere alla transazione su un parte di credito vantato dal Cosenza Calcio nei confronti di Ecologia Oggi, tuttora maggiore sponsor della società - credito derivante appunto da sponsorizzazione -, di ben 450 mila €?

In pratica il presidente Guarascio, proprietario sia del Cosenza che di Ecologia Oggi, ha fatto una transazione con sé stesso (rinunciando a mettere soldi dalla sua attività principale, ovvero dalle sue tasche, nelle casse del Cosenza): operazione del tutto lecita, per carità, ma opportuna per le suddette casse del Cosenza Calcio? E poi francamente non riusciamo a comprenderne il significato, perché non è certamente quello di presunte difficoltà economiche di Ecologia Oggi, in quanto tale azienda è ancora top sponsor del Cosenza calcio. E allora perché?

Un'altra cosa: dato che in questo credito, derivante da fatture, c'è l'IVA che, a suo tempo, il Cosenza ha pagato ed Ecologia Oggi e di cui poi non ha beneficiato, come mai non si è proseguito con l'azione legale? Almeno il Cosenza avrebbe potuto recuperare l'IVA.

Ci rendiamo conto che sono domande che potrebbero rimanere senza risposta.

Questi i numeri. Nessuna illazione diretta o per sentito dire. Tutto scritto, nero su bianco. E tutto depositato e pubblico.

Bene, a questo punto verrebbe da chiedere altro al Presidente Guarascio, visto che queste sono le sue "entrate e uscite". E la domanda da porre – se fosse possibile - dovrebbe essere:

Presidente, da un'attenta analisi dei conti societari si evince che, a fronte di un risparmio maniacale sul lato sportivo che ha contraddistinto il Suo operato da quando è amministratore del Cosenza Calcio, certificato dai budget più bassi della categoria che annualmente mette a disposizione dei Suoi collaboratori, si registra inconfutabilmente uno spreco in altri settori, dove i costi per servizi e oneri diversi di gestione rappresentano quasi la metà delle uscite societarie e risultano essere di gran lunga superiori rispetto a società che hanno costi più consistenti.

Lei ha sempre sostenuto che il pane si fa con la farina che si ha ma non crede che, alla luce di tutto ciò, se applicasse lo stesso principio di contenimento dei costi, per carità legittimo, e una valutazione più attenta anche su queste voci di spesa, potrebbe destinare più risorse nella costruzione della rosa e sostanzialmente essere più competitivi rispetto alle nostre più dirette rivali?

I giornalisti sportivi da giorni stanno chiedendo un confronto. Sarebbe il caso che questa richiesta venisse esaudita. Indire una conferenza stampa dove ci sia un dialogo e un contraddittorio, e dove vengano illustrati in maniera chiara e inequivocabile i progetti immediati e a lungo termine, sarebbe doveroso. Non può bastare un comunicato stampa, peraltro striminzito, e che non risponde a nessuno dei molteplici dubbi sul futuro del club.

 

Tanto sarebbe dovuto al popolo rossoblù.

Ferito nell'animo per l'amara retrocessione, ma non nell'orgoglio.

 

Domenica, 23 maggio 2021

 

a firma

Sinn Féin

IL COSENZA NON E’ IN VENDITA?

 

Arrivati a questo finalmente caldo fine settimana di maggio inoltrato, mentre ancora digeriamo l’amaro boccone di una retrocessione quasi perseguita con ostinata volontà – tanto grotteschi sono stati gli errori e tanto facile, ancorché contrario alla politica societaria del risparmio estremo, sarebbe stato evitarli – e ci tappiamo le orecchie per non essere pure costretti a sentire vergognose corbellerie su favoleggiati ripescaggi, ci sorge in capo (a noi del blog) la responsabilità di informare i nostri lettori e tutti i tifosi del Cosenza circa la trattativa per la cessione della società di cui nella scorsa settimana vi avevamo parlato (solo noi), instaurata con un gruppo di imprenditori campani molto solidi economicamente.

Ci corre l’obbligo di farlo perché, come detto, siamo stati gli unici ad avere i contatti e il coraggio di venire a sapere queste cose e di scriverle pubblicamente, attirandoci gli strali dei sonnolenti giornalisti locali, pronti ad accusarci di avervi dato in pasto una bufala – magari inventata da noi stessi? - e piccati per aver cannato totalmente la notizia.

C’è stato, come abbiamo svelato qui, un incontro tra le parti a Lamezia (giovedì l’altro), in cui il presidente Guarascio ha avanzato richieste che noi riteniamo assurde quanto irricevibili – la presentazione di una fideiussione a garanzia se la trattativa fosse saltata a prescindere dal motivo (il presidente avrebbe potuto intascarsi i soldi anche se a far saltare la trattativa fosse stato lui?) e una valutazione della società, pari a quasi cinque milioni di euro (4,85 per la precisione), risalente a una perizia giurata del 2020 – e tali le hanno ritenute anche gli imprenditori che volevano acquistare. C’è stata comunque un’apertura possibilista da parte loro, che volevano e vogliono entrare nel calcio (non per forza acquistando il Cosenza, infatti pare abbiano rivolto già le loro attenzioni altrove), con la richiesta a Guarascio e ai suoi commercialisti di produrre e inviargli entro lunedì scorso tutta una serie di documenti che avrebbero dovuto portare all’incontro e non hanno portato. Studiati quei documenti, gli imprenditori campani avrebbero presentato un’offerta.

Ebbene, come ormai avrete capito, lunedì è passato da giorni, siamo arrivati a sabato, e i campani non hanno visto recapitarsi nemmeno un bigliettino di ringraziamento per l’interessamento. Nulla. La trattativa è definitivamente morta o quasi – diciamo al 99% - perché il presidente Guarascio, legittimamente per carità, ha manifestato per facta concludentia l’assoluta contrarietà (o almeno mancanza di volontà) a vendere la società. Quantomeno a loro, ai campani. Se per comprare ti chiedono di mostrargli i documenti societari e tu non glieli mostri, la sola cosa che si può pensare è che tu non voglia vendere. No?

Come anticipato, i possibili acquirenti hanno già diretto altrove i loro interessi nel mondo del calcio, arrivederci e grazie. Allo stato riteniamo praticamente impossibile che tornino sui propri passi anche perché a fare un passo indietro dovrebbe semmai essere Guarascio, inviando finalmente quei documenti richiesti dagli imprenditori campani, i quali sembrano comunque aver capito l’antifona.

Non sappiamo se il presidente abbia semplicemente preferenze per altri, e quindi non abbia venduto ai salernitani (anzi, più precisamente non abbia nemmeno trattato con loro) perché vuole passare la mano a gente maggiormente di sua fiducia; fatto sta che appena pochi giorni fa è uscita nel frattempo l’intervista a Padre Fedele, in cui il monaco ha dichiarato che Guarascio ha disertato, sabato scorso, un altro appuntamento preso in precedenza con altri imprenditori disposti ad acquistare (Pellegrino di Calabria Maceri?). Fosse vera anche quest’altra notizia – su quella data da noi relativa agli imprenditori campani ci mettiamo la mano sul fuoco: abbiamo fonti direttissime –, anche se (è notizia di oggi) Calabria Maceri all’improvviso sembra aver altro a cui pensare, una riflessione sulla - a questo punto evidente – mancanza di vera volontà di cedere da parte di Guarascio va fatta.

 

 

I manifesti GUARASCIO VATTENE sono stati diffusi in tutta la città. Ogni cosentino, dal Centro Storico all’UNICAL, da Portapiana e dal Castello fino a Zumpano e oltre, ne ha visto almeno uno.

Le pressioni al presidente perché capisca di dover considerare conclusa la sua avventura calcistica in riva al Crati – e forse di conseguenza anche quella imprenditoriale, e magari è proprio questo quello che teme Guarascio – stanno arrivando da tutte le parti, comprese ex glorie del calcio cosentino e istituzioni (queste ultime timidamente), oltre ai media che ormai sembrano aver definitivamente abbandonato il Titanic del presidente rossoblu, già nel gelido abbraccio delle acque dell’oceano dopo l’impatto con un iceberg terribile.

La manifestazione dei tifosi per chiedere al presidente di andarsene è stata partecipatissima.

Abbiamo dimenticato qualcuno? Forse i rettiliani? Crediamo che anche nello spazio ci siano forme di vita intelligenti che reputino che il tempo di Guarascio nel Cosenza Calcio sia scaduto.

Perché dunque il presidente fa tanta resistenza alla cessione? Come facciamo a respingere la fastidiosa impressione che non voglia vendere affatto? Al sindaco che gli chiedeva di passare la mano o – in difficoltosa alternativa – costruire una squadra che potesse tornare immediatamente in serie B, il lametino re della differenziata ha opposto la richiesta di tempo per una pausa di riflessione – terminologia più adatta ai ménages amorosi giunti alla fine, mentre non ci risulta che sia davvero mai sbocciato l’amore tra Guarascio e il Cosenza. Purtroppo a Cosenza siamo ormai tristemente abituati alle pause di riflessione del nostro presidente, assolutamente incompatibili con le tempistiche necessarie alla gestione di una società di calcio – concetto ripetuto per anni al presidente (Stefano Fiore fu il primo che provò a farglielo capire), che certamente lo avrà compreso ma che non sembra darsene per inteso.

Solo che qui non si tratta più di decidere se fare uno sforzo in più oppure no al calciomercato, specie di riparazione - circostanza che già imporrebbe una velocità decisionale estrema per impedire che poi sul mercato, ammesso che si opti per fare lo sforzo, restino solo gli scarti altrui -, bensì di sbrigarsi a decidere in una situazione enormemente più delicata, con una retrocessione cocente sul groppone e una serie C da affrontare assolutamente al meglio, senza la superficialità scandalosa e il tiro al risparmio su ogni singolo centesimo che hanno caratterizzato questi anni di gestione. Serve, cioè, che il presidente decida qui e ora cosa fare, anziché stare a riflettere, perché in tutta evidenza si rischia che la programmazione per la nuova stagione venga iniziata (iniziata, non messa in atto) a luglio inoltrato, con tutte le conseguenze del caso.

 

 

Presidente carissimo, ci hai spedito a Vibo, Bisceglie (o Pagani) e Francavilla.

Da questo fango - con tutto il rispetto per queste piazze e le loro tifoserie – occorre che qualcuno ce ne tiri fuori ora, subito, nella stagione entrante, mediante gli investimenti necessari a riportare Cosenza e il Cosenza dove compete loro, in serie B. Presidente carissimo, qualcosa ci dice che quel qualcuno non puoi essere tu, e dunque il passaggio di mano dovrebbe avvenire in tempi strettissimi per consentire a chi verrà dopo di te di operare senza perdite di tempo; e anche tu ritenessi di poter essere quel desso che rimediando ai propri errori ci riporterà in cadetteria, lo stesso un’impresa simile, oltre agli investimenti di cui sopra (e ai quali ti obbligherai se deciderai di non vendere), necessita di agire tempestivamente.

 

Altro che pause di riflessione.

 

 

sabato, 22 maggio 2021

a firma

NdT

NTR’I SACCHETT’I GUARASCIO

 

 

Ormai sono trascorsi quasi 8 anni da quando apparve, il 1° ottobre del 2013, sulle pagine del Forum CosenzaUnited, un topic il cui titolo ha ispirato ed intitolato questo articolo: Ntr’i sacchett’i Guarascio. Scopo dichiarato di quell’iniziativa, poiché già da allora il presidente (ed il parafulmini dell’epoca l’avvocato Quaglio) mal sopportava i supporters e soprattutto non ne tollerava le intemperanze né vi dialogava, era di capire a quanto ammonta(va) il "contributo" dato a Guarascio dai "soci fuori dal consiglio d'amministrazione": i tifosi!

In sostanza il thread si proponeva di registrare, sulla base dell’affluenza di pubblico al San Vito (ancora si chiamava solo così, visto che il compianto Gigi Marulla era, all’epoca, in vita) gli incassi realizzati dalla Società, per far capire al presidente quanto i tifosi fossero fondamentali sul piano anche economico e meritassero considerazione e non freddo distacco. Ho tratto ispirazione da quella rubrica - perché tale diventò, visto che è andata avanti negli anni, fino alla recente chiusura dello stadio per la pandemia – perché essa fu capace, per la prima volta a mia memoria da quando ottenne la massima carica sportiva in rossoblu, di ottenere una reazione da parte del presidente. Infatti, già al successivo turno casalingo rispetto all’apertura della rubrica, per la prima volta da quando Guarascio era presidente, gli incassi ufficiali dei botteghini non furono comunicati alla stampa. Credeva così, il tapino, di fermare quella iniziativa. Pia illusione! A confermare che si era scoperto il nervo, il 24 ottobre, 23 giorni dopo, si scomodò ed intervenne a mezzo stampa lo stesso numero uno di via degli Stadi, che nonostante all’epoca fosse ancora più tirato di oggi nel rilasciare dichiarazioni, si sentì in dovere di venire fuori dal guscio e stigmatizzare l’iniziativa, puntualizzando piuttosto seccato verso chi si macchiava di lesa maestà e si permetteva di fargli i conti in tasca “...colgo l'occasione per ricordare a chi si cimenta nel “tracciare bilanci” che gli introiti provenienti dai botteghini non possono considerarsi una piena disponibilità della Società. Le cifre riportate da quotidiani e altri mass media (il forum n.d.r.) devono essere valutate al netto delle spese sostenute per la macchina organizzativa.” Fu un passaggio fondamentale perché da lì, in buona sostanza, si iniziò a capire che per stanare la “fiera” bisognava colpirla su quanto di più caro avesse: il danaro!

 

 

Ebbene, in un periodo come questo in cui - a seguito della dolorosa quanto ampiamente annunciata retrocessione - la piazza si è unita per chiedere al presidente di fare un passo indietro e cedere la Società, si impone anche un revival di quel topic anche su questo blog. Tutte le iniziative messe in campo sono sicuramente utili, visto che il sig. Guarascio fa orecchie da mercante e si permette di non ricevere (anche a seguito di appuntamenti già fissati!) imprenditori interessati a rilevare le sue quote societarie - o ad altri, pur avendo preso impegni in tal senso, non trasmette la documentazione necessaria alla valutazione della Società, per la quantificazione corretta di una proposta economica di acquisto. Allora, visto che una comunità intera sta rimbalzando sul muro di gomma eretto dal presidente e neanche le bordate ricevute da buona parte della stampa, né le strade di Cosenza e provincia tappezzate da cartelli recanti la scritta GUARASCIO VATTENE né, a quanto pare, la manifestazione di protesta appena tenutasi in corso Mazzini sembrano scalfirlo, allora è forse il momento di passare alle “maniere forti” e colpirlo sull’unico aspetto per il quale dimostra sensibilità sul nervo scoperto di cui si scriveva poco sopra: il denaro!

Si potrebbe lanciare l’hashtag #ioboicottoguarascio, per il quale ciascuno nel suo piccolo si potrebbe impegnare. Intanto, già noi del blog cercheremo di smontare quell’ingiustificata immagine che Guarascio si è costruito o meglio, che l’opinione pubblica gli attribuisce, vale a dire di bravo gestore d’azienda, di uno in grado di tenere i conti a posto e di portare avanti il progetto imprenditoriale e sportivo, nonostante le scarse disponibilità finanziarie (lo sa la gente, ad esempio, che Ecologia Oggi ha un fatturato di quasi 44 milioni di euro? E che la Società del presidente dell’Empoli, Corsi, appena 8, giusto per fare un parallelo?) di uno che nelle ristrettezze economiche riesce a mantenere gli equilibri finanziari (si sappia che il budget del Cosenza Calcio per il progetto tecnico è stato molto parsimonioso, per usare un eufemismo, attestandosi agli ultimi posti tra tutte le Società di B, a fronte - per contro - di una gestione “spendacciona”, con  cifre doppie - sempre rispetto agli altri club cadetti - per spese generali ed oneri di gestione). Nel prendere coscienza di queste cose #ioboicottoguarascio potrebbe essere esposto davanti alle attività commerciali che vorranno aderire, soprattutto su corso Mazzini, dove ama passeggiare indisturbato; #ioboicottoguarascio potrebbe significare che i tifosi decidano di abbandonare il Marulla quando giocherà la Guarascese, così come non fare abbonamenti sulle piattaforme che deterranno i diritti televisivi; #ioboicottoguarascio potrebbe portare a fare pressione addirittura sul sindaco perché non conceda il rinnovo della convenzione annuale per l’affitto dello stadio; #ioboicottoguarascio potrebbe significare per gli sponsor che fino ad oggi hanno supportato i lupi, abbandonare perché controproducente a livello d’immagine e di ritorno economico legarsi ad una persona ormai così invisa ed osteggiata.

Insomma, se il presidente ha deciso di non voler ascoltare la piazza, dichiarandole guerra, bisogna essere pronti a difendersi e, se necessario, contrattaccare usando qualsiasi mezzo lecito, pur di scalzarlo con immediatezza da quella poltrona cui sembra essersi ancorato sin troppo bene. Ed a chi ha insinuato, ad arte, l’idea che potrebbe verificarsi l’ipotesi di un eventuale ripescaggio, ebbene questo non significherebbe non poter vendere per paura di perdere parte dell’eventuale potenziale guadagno futuro. Già, perché Guarascio potrebbe tutelarsi inserendo nell’eventuale contratto di cessione delle quote una clausola di earn-out attraverso cui potrebbe vincolare il prezzo di vendita alle potenzialità di crescita (ripescaggio) della società. Non ci sono scuse dunque e soprattutto non bisognerà permettergli di resistere in sella ancora i mesi necessari per poter “gestire” più di 2 milioni e mezzo di euro che ancora devono entrare nelle casse societarie – e forse vero motivo di questo arroccamento e delle sua strenua resistenza - derivanti dalle tranche rimanenti per il pagamento di Baez, i soldi delle valorizzazioni di Bahlouli e Kone, quelli del riscatto di Falcone, il paracadute per la retrocessione e magari anche qualche cessione (Tiritiello/Sueva/Gerbo?). Perché se ciò accadesse il Cosenza si presenterebbe, alla fine, come un limone definitivamente ed irrimediabilmente spremuto fino all’ultima goccia e ciò che rimarrà a noi sarà, a quel punto, ancora una volta solo lo spettro del fallimento. No, stavolta non dobbiamo permetterlo, deve passare la mano cedendo immediatamente (c’è da programmare subito la nuova stagione, costruendo ex novo): #ioboicottoguarascio!

 

 

sabato, 22 maggio 2021

a firma

Sapiens

 

 

LA ZONA MORTA #2

LA DIFFERENZA FRA CANI, LUPI E... JENE

 

Torna con la seconda puntata la prima delle rubriche che faranno parte del nostro blog, la Zona Morta.

 

E' già passata una settimana, eppure pare un mese.

E questo non per motivi temporali, ma per la mole di materiale che si è visto e letto. E francamente, c'è poco da salvare di tutto quello che si è “ingoiato” come tifoso preoccupato per le sorti del Cosenza Calcio.

Sembrava una scena del cartone animato Piovono polpette, dove il cibo che scendeva dal cielo gradualmente diventava sempre più cospicuo, rendendo chi lo mangiava obeso e poco propenso all'azione. Ed in effetti di polpette ne abbiamo viste scendere molte, peccato che fossero quasi tutte avvelenate.

Su questo blog si è dato ampiamente spazio all'incontro che si è tenuto a Lamezia la settimana scorsa fra Guarascio ed una delegazione di un imprenditore campano, con dovizia di dettagli e particolari che avrebbero dovuto far rizzare le antenne a chi ha intrapreso la professione giornalistica. Perché finora è stata L'UNICA VERA TRATTATIVA ( se possiamo chiamare trattativa persone sedute ad un tavolo con una parte che fa notare la mancanza di documenti per ratificare l'offerta, e l'altra che non la presenta volutamente).

E invece? E invece nulla.

Nessuno ha il coraggio di crederci, nessuno la vuole rendere pubblica, qualcuno va addirittura in tv lamentando che chi gli aveva passato la cosa era in “incognito” quindi andava bollata come fake news!

Complimenti! Ma non è il giornalista che, a fronte di una soffiata, deve verificare in prima persona l'attendibilità della stessa? Da quando in qua si rimane seduti ad aspettare che ti arrivi l'informazione confezionata? Qualcuno è andato a Lamezia per vedere DOVE E QUANDO è avvenuto l'incontro e se è avvenuto? Bastava quello solo quello in fondo, senza chiedere identità agli altri!

Come Se Woodward e Bernstein non avessero pubblicato la storia del Watergate senza pensare al fatto che, anche se gliela aveva passata una fonte attendibile, non fosse necessario e giusto verificare, cercare, e confermare quanto conoscevano da gola profonda!

Bella logica. C'è da chiedersi allora se questa proprietà sia realmente invisa a parte dell'ambiente mediatico politico, o se si stia giocando a rimpiattino aspettando che passi la bufera. Il dubbio è più che lecito.

Perché, se poi qualcuno “sente” che ci sono dei borbottii (perché di questo si tratta finora) di cordate o addirittura di grandi ritorni (per l'amor del cielo! Ancora il distruttore?), che partono i vocali di capitifoseria (si fa per dire....) e interviste, e la cosa viene resa pubblica come se fosse reale, cosa si deve pensare?

Che da una polpetta avvelenata ad un altra polpetta, la pancia del tifoso prima o poi si sazierà di una soluzione che si chiede a gran voce!

O la coscienza è a posto per qualche articolino rimesso su con maggiore veemenza dai giornalisti, dove si rimaneggia e risalta cose che già a settembre potevano essere messe nel corretto binario delle richieste?

Per non parlare dell'intervista al Sindaco, dove anche lui gioca a rimpiattino, prima giustificandosi per i suoi “poteri ridotti” (qualcuno gli tolga la kriptonite che accarezzava...) che non gli permette di fare più di tanto.

Poi che alla fine annuncia che l'ineffabile Presidente sta riflettendo - andiamo bene! Con i suoi tempi ci vediamo a Capodanno – e che eventualmente deciderà se cedere o investire (parola sconosciuta da sempre a questa Proprietà)!

 

 

Statemi dietro, e seguitemi di nuovo dentro la Zona Morta.

Siamo ad un bivio, di quelli fondamentali, non importanti, fondamentali! Perché qui ci si gioca non solo il futuro, ma anche l'identità della nostra capacità di essere tifoseria.

Ed è il caso di capirci subito. Siamo Lupi o cani? Distinzione molto importante. E non da poco.

I Lupi hanno il branco, e PENSANO AL BRANCO. I cani si accontentano dell'osso, e possono mangiare quante polpette avvelenate desiderano, anche se li può uccidere. A volte sembra quasi che la vogliano a tutti i costi quella polpetta, per cadere nel dolce sonno dell'ignoranza!

Ed il Branco, quando è unito, lo è sempre perché è parte della sua forza. Ai cani piace anche la solitudine.

E questa distinzione determinerà anche come verremo trattati in futuro, qualunque sia il nostro destino!

Un cane alla fine lo addomestichi, un Lupo no. E ci devi convivere se stai nel suo Habitat!

Quindi la pressione del Branco dovrà essere lunga, compatta, costante e irreprensibile.

Le polpette vanno sputate e lo spazio va riconquistato.

Sarà una scelta molto sofferta, perché chi pensa che queste cose si aggiustino con qualche manifesto in giro per la città o una riunione, sta fresco e vive nell'illusione!

Ci vorrà tempo, ed una costante azione che logori l'istituzione locale, che dovrà accettare la determinazione della tifoseria (Branco), anche di quelli che volevano fare i cani e si sono mescolati dentro!

Perché se finiamo da cani, ci tratteranno sempre da cani! Per sempre. Fatevene una ragione.

E la stampa? A parte i pochi che ci provano ( e che sono quelli meno seguiti e più osteggiati) i giornalisti in massa si adegueranno alla corrente che prevarrà alla fine. Gli tocca.

Del resto, sono stati apostrofati come latori di domande idiote dal Presidente senza replicare subito, non credo ambiscano anche all'infamante titolo di “ Jene del quarto potere”. E' una brutta razza pure quella.

 

venerdì, 21 maggio 2021

a firma

 

Sinn Fèin

 

 

 

ORGOGLIO E DIGNITA’

 

 

Prendo a prestito una famosa citazione - il leone e la tigre potranno anche essere più forti, ma il lupo non si esibirà mai in un circo! - perché mi è sempre piaciuta: mi trasmette la fierezza di chi non si lascia addomesticare, la libertà di un animale mai domo, che simboleggia la forza e la natura di abile predatore. Ebbene, proprio in questi tristi giorni - a seguito della brutta, quanto largamente preannunciata retrocessione cui tutto il popolo rossoblu è stato costretto ad assistere - dopo il dolore ed un momentaneo smarrimento è tornata a riaffiorare prepotentemente la voglia di rivalsa, di reazione, l’enorme sentimento di fierezza, appartenenza ed orgoglio che il Lupo – con la elle maiuscola, quello rossoblu - cui da una vita siamo indissolubilmente legati, ci ha sempre trasmesso.

Così, quando all’indomani dell’orribile partita di Lignano Sabbiadoro ho letto le dichiarazioni del presidente Guarascio, contenute nel suo (?) laconico e scarno comunicato, peraltro formulato in terza persona nello strenuo tentativo di voler allontanare le sue gravissime responsabilità mediante un inefficace stratagemma grammaticale, mi è ribollito il sangue. Leggere, in conclusione del comunicato, “….Adesso è il momento di reagire, di immaginare e programmare il futuro, per far sì che nel minor tempo possibile tutti i tifosi rossoblù sparsi nel mondo tornino ad essere orgogliosi dei propri colori” mi ha trasmesso che, ancora una volta, l’(im)prenditore a capo del mio Club parla di immaginazione e non di concreti impegni. Devo solo immaginare un campionato di C da protagonisti, meglio, una pronta risalita in B o è piuttosto un concreto impegno della Società? Come si fa a parlare di programmazione se è un termine da 10 anni sconosciuto in Via Degli Stadi, se per di più non si danno target chiari e termini temporali precisi (nel minor tempo possibile, che significa? Entro Quanto tempo?).

Ma la cosa che ha generato in me il più alto impeto di rabbia, facendomi sobbalzare sulla sedia, è stato il passaggio seguente, cioè che i tifosi tornino ad essere orgogliosi dei propri colori. Eccola, ancora una volta, la parola orgoglio ricorre ed allora vale la pena ricordare al sig. Eugenio Guarascio, al quale nonostante 10 anni di presidenza di una squadra importante come il Cosenza continuano a rimanere avulse le dinamiche del calcio, che un tifoso non smette di esserlo e non si perde la fierezza e l’amore per la propria squadra a seguito di una retrocessione. Il presidente non c’era, giusto per citarne una, a Gradisca d’Isonzo nel 2008, dove andai in una delle mie innumerevoli trasferte al seguito dei Lupi, in occasione di una insignificante sfida per la poule scudetto di serie D, per senso di appartenenza, per l’orgoglio di esserci e non certo per la categoria o lo scarno significato di quella competizione. Piuttosto, semmai, oggi l’unica cosa che non ci rende assolutamente orgogliosi del Cosenza è come esso sia rappresentato e gestito a livello societario, a cominciare dal vertice, chè anzi, questo, è motivo di vergogna e schernimento!

 

 

E’ il motivo per il quale, da diversi giorni e per tanti altri ancora, finché il sig. Guarascio non mollerà, è montato un moto di dignità e di risveglio della piazza intera, che mai come in questo momento, a cominciare dai tifosi, passando per la classe giornalistica, per l’intera città e provincia, per finire nel mondo istituzionale e politico, si è trovata così unita e coesa nella contestazione.

Quella dignità sembrava sopita, troppe volte calpestata dalla Società del Cosenza nei confronti della tifoseria, quando ad esempio veniva applicato (fatto senza precedenti in terra bruzia) il daspo societario ad un tifoso sessantottenne, o quando non venivano restituiti agli abbonati i soldi versati per partite mai viste, oppure quando non si presentavano le nuove maglie che puntualmente arrivavano a stagione in corso. L’elenco sarebbe davvero lungo, ma qui bastino questi esempi. Allo stesso modo, lo stesso presidente mancava di rispettare la dignità degli operatori della stampa, quando ad esempio ha chiesto di ricevere “domande meno sciocche”, o in occasione delle ultime conferenze stampa in cui non era permesso (roba da censura di regime) con la scusa della pandemia, il contraddittorio, oppure, molto più recentemente, non rispondendo alla richiesta dei giornalisti di un incontro in presenza, impedendo loro di porgli delle domande (scomode) sulla stagione appena conclusa e sulle scelte per il futuro del Club.

La dignità purtroppo smarrita dall’intera piazza di Cosenza - a causa della scellerata gestione del Presidente - che ha dovuto subire irrisioni e sbeffeggiamenti a livello nazionale per episodi come, giusto per citarne alcuni, la mancata disputa di Cosenza – Verona (all’esordio casalingo in B dopo 15 anni di assenza, solo perché non si volle chiedere di disputare la gara altrove, vista l’indisponibilità del terreno del Marulla), la vergogna delle spugne e delle carriole nel disperato tentativo di asciugare un terreno di gioco che non drenava la pioggia, ovvero le sedie da bar sistemate alla meno peggio al posto delle panchine le cui coperture, mai lavate, sono per tre anni state inquadrate in diretta dalle telecamere delle TV nazionali dando un’idea di estremo degrado.

Così, scrivevo, finalmente stanchi di vedere calpestata la propria dignità, si è assistito ad una forte reazione con diverse iniziative: la nascita di questo blog, partorito da uno dei luoghi virtuali più liberi e senza peli sulla lingua del panorama cittadino (il forum CosenzaUnited); la risposta dei giornalisti, finalmente coesi in un coro unanimemente negativo nella valutazione della sciagurata gestione societaria; la reazione della tifoseria organizzata che ha tappezzato la città, la provincia, con testimonianze anche al di fuori di esse, in Italia e nel mondo, di cartelli e manifesti recanti un messaggio inequivocabile: GUARASCIO VATTENE!

Finalmente Cosenza ha rialzato la testa ma non basta, non si può fermare, finché non si raggiunge il risultato.

 

E’ una questione di orgoglio e dignità.

 

martedì, 18 maggio 2021

a firma

 

Sapiens

 

 

 

NON C RESTA CHE PIANGERE

 

7 giorni, 7 giorni sono passati dalla disastrosa retrocessione dei nostri Lupi, quest’anno in versione agnellini sacrificali, nell’inferno della terza serie nazionale.

Le lancette scorrono veloci, ma i Tempi di Guarascio restano sempre gli stessi. Da 10 anni a questa parte.

La novità di oggi è rappresentata da una fantomatica “pausa di riflessione”( ecco appunto ricorrere i famosi tempi guarasciani...) che ha dichiarato di volersi prendere il Patron rossoblù.

Ma noi abbiamo questo tempo? Possiamo permetterci di sprecarne ancora?

La risposta, caro presidente, è no, non possiamo.

Lo impone la tifoseria, afflitta e defraudata, lo impone la città, lo impongono più semplicemente le regole di una normale società professionistica di calcio, quale è, o dovrebbe essere, il Cosenza.

 

 

Ebbene, caro Presidente, la decisione è ora, il futuro è ora: se non si sente più in grado, se non ha più voglia, Tempo (ecco, appunto) e spirito da dedicare ad una società professionistica e tutto ciò che essa comporta, allora caro Presidente valuti bene tutte le proposte.

Si dice che Lei sia disposto a cedere la società ad imprenditori seri, bene. A quanto è fissato il prezzo di vendita? Come intende procedere?

I giornalisti, la città, le chiedono di indire una conferenza stampa per poter dissipare tutti i dubbi che attanagliano il mondo rossoblù in questo delicato momento storico: faccia uno sforzo, la indìca, e subito!

Le famose 10 domande sono passate in semi cavalleria, con uno scarno comunicato e risposte di facciata.

Questa volta accetti l’invito e si presenti faccia a faccia davanti ai giornalisti.

Non possiamo più permetterci di sprecare altro tempo...

 

martedì, 18 maggio 2021

a firma

Lupo del Nord

 

 

 

 

 

 

 LO SCENARIO DISTOPICO

 

Quanto segue non è la realtà. Non è uno scoop, non anticipiamo alcuna notizia, non siamo in possesso di rivelazioni che si spingano fino a questo punto; prossimamente pubblicheremo un’accurata analisi dei bilanci societari del Cosenza, redatta dai professionisti del settore in forza alla nostra redazione (ma scritta in maniera comprensibile a tutti) e paragoneremo i bilanci stessi a quelli di altre società di serie B (anche se oggi non apparteniamo più a quella categoria). Quello sì, sarà tutto vero, oggi invece giochiamo: quanto segue è una pura e semplice distopia, l’immaginazione (basata sulla realtà concreta di oggi) dei possibili sviluppi futuri dello scenario attuale, fino ad arrivare a vedere un mondo di domani come non dovrebbe essere e come io personalmente spero non sia mai.

E siccome diciamo che è una specie di gioco – a volte su questo blog ci distraiamo così – giochiamo fino in fondo e proviamo a immaginare lo scenario futuro peggiore possibile (o quasi).

 

 

Alba della nuova stagione, il Cosenza ai nastri di partenza della serie C 2021-2022. No, non c’è stato alcun favoloso ripescaggio in categoria superiore: essere arrivati quartultimi (per esclusivi demeriti della Reggiana) non ci ha spianato la strada a un’elemosina sportiva che questa società non avrebbe meritato.

Le trattative per la cessione (ai campani di cui vi abbiamo parlato noi? A Presta? A Pagliuso, a Vrenna, a Saladini, a Di Donna? Fate voi, non è importante) sono saltate: troppe le pretese avanzate da una proprietà che vorrebbe farsi pagare a peso d’oro una scatola vuota che non ha più nemmeno la serie B. Ma per Guarascio non va poi così male: è vero, non ci sono più i sei-otto milioni che garantiva la partecipazione alla cadetteria, ma non ci sono nemmeno più le spese minime della serie B, tra trasferte in Liguria e Veneto e obbligo “morale” di allestire costose (per le idee del presidente) compagini che non sprofondassero troppo sotto la linea della decenza. In B, per dire, un Sasha Cori non lo puoi ‘mbrosare alla piazza. In serie C sì. Oltretutto ci sono, almeno per quest’anno, entrate interessanti: il paracadute porta in dote una cifra tra il milione e mezzo e i quasi due milioni; Falcone che torna alla Samp garantisce un altro mezzo milione di controriscatto più il cospicuo premio di valorizzazione, che spetta alla società anche per il torinista Kone; c’è da incassare la seconda rata della cessione di Baez (altri trecentocinquantamila fischioni) e ci sono giocatori di proprietà (Gerbo, Sueva, Tiritiello…) che fanno gola in categoria superiore. In sostanza, non si va molto lontano dal vero se si ipotizza che ci siano, tra luglio e il calciomercato agostano, circa quattro milioni che può portare ancora il Cosenza come contributo alla gioia del presidente.

Insomma, si sta arrivando all’osso (che biancheggerà nella stagione 2022-2023) ma per un anno ancora c’è carne da spolpare.

 

La proprietà passa dunque all’incasso.

Quattro milioncini, abbiamo detto, euro più euro meno. Tanto si fa per giocare.

A questo punto c’è un Cosenza inesistente, che ha in rosa solo gli invendibili (che non significa incedibili…) Corsi, Matosevic e Bittante (quest’ultimo solo perché reduce dal grave infortunio, se fosse abile e arruolabile da subito sarebbe anch’egli ceduto subito). Ma ci sono quattro milioni da consegnare a un DS per mettere in piedi una bella squadra, no?

No.

Il presidente lo ha sempre detto, “la società ha entrate e uscite”, qualunque cosa significhi (…), e questo può voler dire una cosa sola: i quattro milioni devono coprire le uscite, non possono essere utilizzati per cose frivole come ingaggiare giocatori. Sì, lo so, vi state chiedendo quali siano, queste misteriose uscite. La risposta è che non lo so. Non lo sappiamo, se preferite sentirvi parlare a nome della redazione intera, compresi i professionisti di bilanci di cui parlavo prima. Cioè, una cosa la sappiamo, e ne parleremo diffusamente nel post in cui appunto analizzeremo i bilanci del Cosenza Calcio (forse dovrebbero farlo i giornalisti? E chi lo sa, i giornalisti a Cosenza non si capisce mai che mansioni abbiano…): una gran parte delle uscite del Cosenza - parliamo di qualche milioncino all’anno - se ne va per (testuale a bilancio) “oneri diversi di gestione”. Per capirci, nel confronto coi bilanci di alcune altre società di serie B (sì, abbiamo fatto anche quest’analisi. Ora non vedete l’ora che esca quel post, vero?) è venuto fuori che altrove per “oneri diversi di gestione” esce qualche centinaio di migliaio di euro. A Cosenza, milioni.

Per finire dove? A chi? Per farci cosa? Per oneri diversi, punto.

Diversi da quelli che sono gli oneri normali di una società di calcio: ingaggiare giocatori, preparare le trasferte (pullman, aereo, albergo,ecc) e tutto ciò che ruota intorno al mondo del calcio. È strano che una società di calcio possa pagare in oneri diversi più di quanto costi la gestione dell’attività calcistica, vero?

In ogni caso, quei soldi non possono essere usati per la campagna acquisti. E ci aggiungiamo pure che c’è la pandemia – con la quale la società è in linea, Guarascio dixit, ma anche qui non capiamo cosa possa significare -, veniamo da un anno senza incassi al botteghino, eccetera, la società non può spendere. E allora come si fa la serie C, si domanda il tifoso?

Facile: c’è già un’intera squadra pronta a scendere in campo, in realtà. Del resto la serie C è un campionato minore, noi veniamo dalla B, non vorrete mica costringere il presidente a ingaggiare giocatori almeno da serie C quando può benissimo ottenere risultati mandando in campo la Primavera rinforzata da Corsi e Bittante, no?

Voglio dire, cosentini ingrati, avete sempre rimproverato a Guarascio (tra le altre cose) di non aver mai valorizzato il settore giovanile con attenzione, cure, strutture e investimenti, vero? E lui ora ve lo valorizza facendo assumere alla Primavera la responsabilità di cimentarsi in un campionato sostanzialmente professionistico, il tutto con anche la meritoria conseguenza di non pesare sulle casse sociali.

Dice Guarascio, ho potuto fare la B con giocatori normali, potrò bene fare la C con i giovani, no?

Il campionato va come va (non mi azzardo a immaginare l’esito), Occhiuzzi, forte del suo triennale e del suo speciale rapporto coi giovani magnificato da certa stampa (chiedere a Bouah, Petre, Sueva, Ba…), saldamente in sella guida il Cosenza Primavera anche nelle procelle del campionato di serie C chiedendo ai ragazzini di fare scivolare i quinti senza perdere l’identità, i quattro milioncini ipotizzati all’inizio da entrate che erano diventano uscite (in oneri diversi di gestione) e buona, la stagione si conclude così – ripeto: non dico come.

Tra un anno, giugno 2022, i GUARASCIO VATTENE sono ormai arrivati in cielo, ma del Cosenza non resta più nulla da spolpare – come detto, ormai biancheggia l’osso – e dunque finalmente il presidente, offeso dall’ingratitudine dei cittadini (che oltretutto manco fanno la differenziata, ‘sti screanzati), li accontenta e lascia, probabilmente al sindaco (“veditela tu”).

 

 

Perdonatemi se vi ho voluto raccontare l’incubo di un tifoso.

Sì, chissà, era solo una distopia, giusto? Solo un gioco.

Ma magari è servito a far capire a tutti – a qualcuno più di altri – che col Cosenza non si gioca. Magari. Lo scopriremo tra poco, certi fin d’ora che (se non passerà la mano) il presidente Guarascio allestirà – com’è suo dovere – una corazzata che possa vincere in scioltezza il campionato di serie C dove ci ha trascinato.

 

 

lunedì, 17 maggio 2021

a firma

NdT

 

 

 

 

 

 La zona morta #1 :

Pensa al Cosenza

 

 

Esordisce oggi la prima delle rubriche del nostro blog, la Zona Morta, che sarà tenuta da Sinn Féin.

 

 

 

In un bellissimo saggio che lesse a degli studenti universitari, lo scrittore David Foster Wallace diceva: “La vera, fondamentale educazione a pensare che dovremmo ricevere in un luogo come questo non riguarda tanto la capacità di pensare, quanto semmai scegliere a cosa pensare.

Era un chiaro invito alle nuove generazioni a tenere presente l'educazione e l'istruzione che riceviamo e che ci forma, ma anche ad essere fedeli a quelli che si è sempre stati.

Credo che questo valga in tutto, anche nell'essere tifoso.

Perché l'istruzione di un tifoso - per quanto bizzarra - è quella che parte il primo giorno che vai allo stadio, e SCEGLI di legarti ai colori di quella squadra.

La formazione che riceverai successivamente sarà caratterizzata dalle innumerevoli partite, dai giocatori e dagli allenatori che segneranno le varie annate, dalle vittorie e dalle sconfitte, dai pomeriggi passati allo stadio, dalle eventuali trasferte, e dalle urla e dai pensieri che usciranno dalla tua gola e da quelli che ti staranno a fianco in tutto quel lunghissimo lasso di tempo.

Dai ricordi e dai sogni.

Ma, soprattutto, dall'Attenzione a quello che è successo e che succede davanti agli occhi.

Non è facile mantenere una certa distanza quando si parla della propria squadra del Cuore.

Perchè un tifoso non può e non deve mai ragionare come una persona normale.

Altrimenti non sarebbe un tifoso.

Un gol, una partita o una stagione intera saranno sempre un po' edulcorate o demonizzate nei nostri ricordi, perchè l'aspetto emotivo di quel senso di appartenenza renderanno tutto “diverso” a distanza di tempo.

 

 

Eppure, se si vuole cercare di capire cosa si è sbagliato, è necessario prestare sempre attenzione a quello che ci succede intorno. E' una scelta.

La vera e più importante riflessione che bisogna fare oggi, è quella di rivedere tutto ciò che è successo in questa disgraziata stagione 2020/21 ed associarlo con attenzione ad un particolare, o meglio una frase.

Si è pensato al Nostro Cosenza?

Provateci anche voi, mentre vi faccio scorrere una sintesi dei maggiori avvenimenti che sono accaduti quest'anno.

Una balorda intervista rilasciata dal Presidente a inizio stagione dove ancora parlava di stadio nuovo e di trattenere Rivere (che faceva seguito ad affermazioni come “io non ho sbagliato nulla”).

Un ritiro effettuato in albergo con di nuovo 8 giocatori, passato senza che ci fossero proteste.

Segue una campagna acquisti dove la squadra viene completata alla seconda di campionato. L'allenatore si dice “molto soddisfatto”, intanto si chiude il girone senza una vittoria in casa. Qualche rumore? No, tutto tace in mezzo a pochi mugugni che alcuni forti esponenti della tifoseria stanno subito attenti a spegnere tacciando di “tagliaturu” chi provava ad avanzare dubbi sulla gestione tecnica. A inizio anno l'esaltazione per un giocatore fermo per infortunio ed un altro che non segna da anni che (testuale) “SE torna quello di una volta è forte”.

Poi esce un'invenzione di minacce fatte a (guardacaso) mogli di giocatori e Occhiuzzi, poi ridotte solo ad Occhiuzzi, poi scomparse (perché non ci sono mai state), che ha come unico effetto quello di zittire temporaneamente alcuni luoghi dove le giuste critiche iniziano a far breccia fra i tifosi.

Alla fine, l'unico che minacciava veramente era il cugino dell'allenatore!

Si va avanti, la situazione degenera, ma non si muove nulla.

Quando sembra che qualcosa si voglia fare, si caccia l'allenatore, si fa saltare un allenamento, salvo poi dire che con Novellino non si chiude e si richiama Occhiuzzi.

Il tutto senza uno straccio di comunicato!

Intanto si va a fondo, sempre più a fondo, con batoste dappertutto, e dichiarazioni ripetitive e stantie come “abbiamo giocato bene a tratti” “i conti si fanno alla fine” e “la prossima dovremo giocarla da Lupi”.

 

 

E siamo ad oggi, soli, rattristati, e retocessi.

Dove andare a cercare le colpe?

Prima di tutto fra di noi.

E non è un'inutile esercizio di retorica, ma un'amara constatazione che dobbiamo accettare e da cui ripartire.

Perché i primi colpevoli siamo noi! E non abbiamo scuse.

A settembre dal Forum CosenzaUnited uscì una lettere chiara e dettagliata con richieste di risposte su alcune perplessità, a fronte di paure per quella che poteva essere il rischio che si correva nella stagione.

Risultato? Una sola pubblicazione cartacea, tanta ignoranza (sia intesa come “ignorare” che nell'essere ignoranti nel non recepire) e molta irrisione.

Perché? Perché nella tempesta ogni Porto va bene!

E' dal 2003 che la famosa frase che capeggiava sugli striscioni e sui muri della città “meglio liberi all'inferno che schiavi in Paradiso” si è trascinata, sbiadita, ammalata.

Ed ha portato quello che un tifoso non dovrebbe mai permettere.

L'accontentarsi. E l'accontentarsi ha condotto al “porto Guarascio”.

In un momento dove la paura la faceva da padrone, dove l'idea di ricominciare per l'ennesima volta - fra fallimenti divisioni, chiacchiere e illusioni - non era più sopportabile, quella scelta è sembrata la più giusta.

E non solo perché il panorama era deserto, ma anche perché gli anni passano, le generazioni cambiano (come è cambiato il calcio) e i sogni svaniscono.

Quindi perché non accettare questa scelta? Perché non smettere di protestare, contestare, pretendere, sognare?

Perché non accontentarsi? Il motivo lo stiamo scoprendo oggi.

Perché se non fai percepire a chi gestisce la Società che questi colori sono fortemente connessi con la Città, che la simbiosi è unica e si muore dietro a tutto questo, che il pubblico è sempre pronto a stare al fianco della squadra - basta che ci mettano il cuore – e che devi investire e definire pubblicamente un progetto di dove vuoi arrivare, non vieni ripagato dalla stessa moneta.

E quello che si rimprovera oggi brutalmente alla Società, soprattutto al Presidente, è anche la conseguenza di questa lacuna dovuta all'essersi accontentati.

Ho visto gente cercare di fare scudo su tutto in questi 10 anni. Ne dico giusto qualcuna per rinverdire le parole e le scuse di chi si “accontentava”. S'investe poco? Ma il bilancio è in ordine! Non investiamo su strutture e giovanili? Non si fa il passo più lungo della gamba. Non rinnoviamo i giocatori forti? Hanno rifiutato le offerte (fatte a fine stagione, MAI A STAGIONE IN CORSO).

Persino quando passi un pomeriggio sotto il sole cocente ad aspettare dopo 15 anni la prima partita in casa della Serie B – con donne, bambini e anziani - e perdi perchè il campo da calcio (!) non è pronto, ti devi sentir dire da qualcuno: “Eh, ma d'altronde non ha avuto tempo, né lui né il Comune!”

 

 

Ecco, arrivati a questo punto, è ora di iniziare a scegliere a cosa pensare. E farlo bene.

Perché se vogliamo che alcune dinamiche non si ripetano - si continuino a trascinare – si deve pensare nella maniera giusta, da Tifosi. Si deve pensare al Cosenza!

Siamo stati educati a questo, dal giorno che abbiamo scelto di sostenere questi colori.

Ho intitolato questa rubrica La Zona morta, il significato di questa scelta è duplice.

Perché la Zona morta è dove siamo finiti adesso, una “zona” del campo fra il baratro e la delusione. Ma è anche il titolo di un famoso film e romanzo, dove il protagonista scopriva dopo un incidente di poter vedere il futuro ed essere in grado di cambiarlo, se voleva.

Questa sua capacità era la Zona morta. Ecco anche noi, dopo “l'incidente” Pagliuso e Guarascio siamo in grado di cambiare il futuro. Se vogliamo. Ma dobbiamo pensare al Cosenza. Solo al Cosenza!

E questo comporta delle scelte. Il che vuol dire che non si può rimpiangere Pagliuso (che ci ha fatto fallire ben due volte! Record – si spera - che nessun altra proprietà ha mai toccato), o accontentarsi di Guarascio, ma neanche accettare tutto quello che proveranno a propinarci. Perché ci proveranno, e questo lo sappiamo già. Lo abbiamo già “visto”.

Bisogna pensare al futuro, a come lo vogliamo noi Tifosi, e trasmettere questo a chiunque deciderà di prendere le redini della Società. Dal primo giorno!

Perché se si pensa tutti alla stessa maniera, nessuno potrà provare ad accontentarsi! Nessuno riuscirà ad abbindolare i tifosi, nessuno si metterà a giustificare, anche se va al letto col nemico (tradotto: Lavora direttamente o indirettamente per la proprietà). Perché Noi pensiamo al Cosenza!

E ' una scelta, che comporterà sacrifici e sofferenze, ma che ci farà tornare ad essere Tifosi.

Adesso possiamo vedere l'epilogo di questa stagione come un fallimento, o l'inizio della nostra Zona morta per cambiare il futuro. Sta solo a noi. Ma dipende cosa scegliamo di pensare.

Ho intenzione di tenervi compagnia periodicamente in questa Zona morta.

Per vedere insieme come andranno le cose, e quante persone riuscirò a sintonizzare su questo pensiero.

Nel frattempo vi lascio con una domanda : Come volete il futuro del Cosenza Calcio?

Non c'è bisogno che rispondiate, io la so già la risposta.

Perché prima di rispondere, io ho pensato al nostro Cosenza.

 

sabato, 15 maggio 2021

a firma

Sinn Féin

 

 

 

 

 

GAME, SET, MATCH

 

 

In molti ci stanno scrivendo in privato per farci i complimenti (per cui ringraziamo) e per chiederci ulteriori delucidazioni sulla notizia che abbiamo pubblicato ieri, sia qui sul blog che sul forum di riferimento CosenzaUnited, circa la trattativa che si sarebbe svolta a Lamezia nella stessa giornata di ieri (in cui in realtà si è tenuto un incontro tra le parti fissato già da giorni e che si è deciso di aggiornare a breve) tra un possibile acquirente delle quote societarie del Cosenza e il presidente Guarascio. Allo stato come redazione di La Bandiera RossoBlu non possiamo che confermare quanto sappiamo e abbiamo scritto. L'acquirente, come indicato ieri, sarebbe della provincia di Salerno. Ci si parla di lui e di quelli della sua cordata come gente seria, con una progettualità, con la volontà di investire nel calcio, non con infinite possibilità economiche (non parliamo di sceicchi) ma molto solidi e disposti a circondarsi di esperienza e competenza per investire bene.

La notizia, dopo che l'abbiamo data, si è diffusa rapidamente in città e sui social. Ovviamente la stampa (nazionale e locale) l'ha bucata completamente, limitandosi in questi giorni a fare nomi secondo noi improbabili (Di Donna, che ha persino smentito, Saladini, addirittura Vrenna, eccetera) e semplicemente come mero esercizio di stile per riempire due colonne e tirare avanti giustificando la pagnotta, una sorta di what if che il Cosenza sinceramente non crediamo meriti.

 

 

Ma se siamo qui a scrivere ancora è per altro, almeno oggi.

Tutti sappiamo come sia venuto a mancare, per larga parte della stagione, il fondamentale contributo di Momo Bahlouli, troppo frettolosamente accantonato a favore di Luca Tremolada (con il quale avrebbe tranquillamente potuto coesistere, come dichiarato dallo stesso allenatore). Persino nell'ultima di campionato contro il Pordenone Bahlouli è mancato, nemmeno convocato e dato come infortunato.

Ebbene, vogliamo mostrarvi una foto, di cui sotto accludiamo il link dell'immagine (postata sul forum CosenzaUnited).

Non l'abbiamo scattata noi, ci è stata girata nella giornata di ieri, dunque prendiamo quanto ci viene detto con il beneficio d'inventario, anche se c'è chi giura che risalga allo stesso giorno o al massimo a ieri l'altro. Ritrae l'infortunato Bahlouli mentre si cimenta in una partita di tennis.

Ora, ci possono essere diverse spiegazioni logiche e tranquillizzanti circa questa foto.

1) può essere effettivamente risalente a prima dell'infortunio

2) Bahlouli può intanto aver recuperato e quindi può giocare a tennis (e se si giocasse domani sarebbe dunque a disposizione di Occhiuzzi)

3) l'infortunio di Bahlouli può pregiudicarne l'impiego in un incontro di calcio professionistico, ma non osta a che giochi amatorialmente a tennis.

Tutto può essere.

Certo che il sospetto che l'infortunio di Bahlouli non fosse poi così grave, mettiamola così, e che non sia stato convocato per scelta dell'allenatore - che da tempo aveva già dimostrato di non volersi avvalere delle sue capacità, relegandolo mestamente in panchina, cosa da cui possono essere scaturiti attriti tra il ragazzo e Occhiuzzi - è un rovello che ci tormenta un po'.

Perché riteniamo che privarsi volontariamente di Bahlouli, se questo fosse il caso, sarebbe l'ennesima follia di questa stagione scellerata.

 

 

Qui la foto di cui parliamo.

 

 

venerdì, 14 maggio 2021

a firma

La Redazione BRB

 

 

 

 

 

IL COSENZA IN VENDITA?

 

 

In queste ore di giovedì 13 maggio 2021 si sarebbe, secondo fonti a cui noi diamo massimo affidamento, svolto un incontro tra l’attuale proprietario del Cosenza Calcio 1914 Eugenio Guarascio e un possibile acquirente, per come alcuni utenti (nonché redattori di questo blog) hanno riportato anche nel nostro forum di riferimento CosenzaUnited, e specificatamente in questo topic sul calciomercato. L’incontro, di cui eravamo a conoscenza da qualche giorno, si sarebbe tenuto a Lamezia. Conosciamo anche il nome dell’acquirente, che non è di Cosenza (sarebbe anzi campano), e l’attività di cui si occupa, ma allo stato attuale delle cose preferiamo non divulgare ancora questa informazione.

 

 

Riguardo alla trattativa, possiamo dire che le parti, per quanto è a nostra conoscenza, si riaggiorneranno a breve. L’acquirente sarebbe stato per ora soddisfatto solo parzialmente circa le sue richieste di visionare l’intera documentazione della società, oltre a essersi asseritamente sentito rivolgere (qui la formula dubitativa è d’obbligo perché parliamo di richieste che troviamo incomprensibili e ci sembrerebbe stranissimo che il presidente Guarascio possa averle avanzate: vi giuriamo che preferiamo non crederci) alcune condizioni preliminari a qualunque avvio di trattativa che francamente, fosse vera la cosa, ci lascerebbero stupefatti.

Di seguito il testo del principale post sul forum CosenzaUnited che informa sulla vicenda (anche se numerosi altri utenti hanno apportato il loro contributo per quanto hanno saputo, perché noi, da bravi Lupi da Guardia, abbiamo occhi e orecchie ovunque):

 

 

L'incontro era un vedersi per saggiare le intenzioni l'uno dell'altro.

Erano stati chiesti i documenti a supporto del bilancio ma sono stati forniti solo in parte.

Elenco clienti e fornitori e fidi bancari forniti, no natura dei crediti e dei debiti, contratti in corso ed impegni futuri e situazione debitoria presso l'agenzia della riscossione e situazione delle dichiarazioni dei redditi c/o agenzia delle entrate (se ci sono accertamenti in corso).

Quindi una valutazione seria oltre che non è stata possibile in questa sede, non è possibile sino a quando non arrivano questi documenti.

Questo per quanto attiene la questione tecnica.

Voglia di vendere.

Ha esordito parlando di sponsorizzazioni e cessione di quote di minoranza, subito redarguito dai suoi commercialisti.

Ha parlato di tante cose fatte, solite cavolate, il secondo aggiornamento che ho scelto di non scrivere era una sua frase, riferitami dal mio collega, si discuteva su investimenti nell'attività e nelle strutture "del tutto assenti in bilancio" e la sua risposta è stata "strutture? non si meritano niente".
Il blocco però deriva da una pretesa nata verso la fine della discussione, in pratica lui pretende una fidejussione del 3%, sul valore medio tra una valutazione fatta sotto forma di perizia giurata ma obsoleta perchè datata 2020 di 4.85 milioni e la valutazione dell'acquirente, fidejussione escutibile in prima istanza entro il 30.06 nel caso l'acquisto delle quote non vada in porto, PER QUALSIVOGLIA MOTIVO. Cosa inaccettabile.

Alchè la controparte si è dichiarata disponibile a fornire fidejussione del 3% sul valore da loro indicato dopo l'esame delle ulteriori documentazioni e cmq per un importo max di 750 mila €.

Lui in ogni caso vuole conservare il 20% delle quote. La controparte è possibilista.

A dopo

 

 

Seguiranno aggiornamenti.

 

Giovedì, 13 maggio 2021

a firma

La Redazione BRB

 

 

 

UN SORRISO PER LA STAMPA

 

Risulta particolarmente divertente, curioso e in fondo anche istruttivo assistere in questi giorni alle capriole dei giornalisti cosentini – in special modo quelli sportivi -, fino a ieri (quasi letteralmente) ossequiosi con un presidente che li ha presi a pesci in faccia, accondiscendenti con un direttore sportivo che a quanto pare può fregiarsi del titolo di migliore della categoria (e portarselo a Cremona dove già sta piantando le tende, naturalmente, mentre la nave affonda) e soprattutto generosi e comprensivi nei confronti di un allenatore che evidentemente ha potuto far pesare di più, sul piatto della bilancia, il suo essere cosentino (ancorché della provincia) nonché ex bandiera dei Lupi da giocatore, rispetto a un ruolino stagionale farcito di tre vittorie interne in tutto il campionato (zero nel girone d’andata) - appena sei in totale.

Tutto in gloria, tutti bravi, tutti belli, sia mai sia aizzi la piazza contro il padrone del vapore e i manovratori del treno – fin quando, però, il treno purtroppo per tutti non ha finito la sua resistibile corsa contro un muro. Lo schianto durissimo della retrocessione.

 

 

Come cambiano le cose, allora. Com’è tutto diverso oggi. Tutti i giornalisti locali si affannano a vantare un diritto di primogenitura su ogni possibile critica “mossa in tempi non sospetti”. Loro lo avevano detto. Tutti. All’improvviso le tempistiche societarie della gestione sportiva sono diventate inaccettabili, “noi avevamo avvisato il presidente che non si fa calcio in questo modo”. Forse gli avete telefonato in privato? Perché in quanto giornalisti sarebbe stato meglio semmai che lo scriveste sulle vostre testate, pubblicamente. Se lo avete fatto non se ne è accorto nessuno.

Ci provano, però, andando alla ricerca col lanternino di frasi possibilmente interpretabili come critiche, estrapolate dagli articoli più disparati (spesso scritti ieri l'altro).

Al Diesse si rimproverano oggi certi ingaggi insensati e fuori luogo. Polemica sterile, del resto: lo sappiamo tutti che col budget messo a disposizione da Guarascio ci si può avvicinare solo a giocatori in declino e/o in cerca di rilancio dopo un infortunio che li ha fermati per parecchio tempo (e molti sono venuti a Cosenza senza ancora averlo smaltito). Attaccare Trinchera su questo lascia un po’ il tempo che trova, o no?

Forse gli si potrebbe chiedere lumi, piuttosto, su quello che disse nell’inverno 2020 un certo calciatore (venuto qui già con passo e movenze da ex) prima di andar via dopo essere stato ceduto nel mercato invernale; o sul perché abbia pervicacemente inseguito proprio Mbakogu per tanto tempo fino a riuscire finalmente a ingaggiarlo. Ma quello relativo al super bomber africano è un argomento spinoso per i nostri solerti giornalisti: troppi di loro hanno parlato di colpaccio di mercato e magnificato i risultati – definiti strabilianti, pare di ricordare – dei suoi test medici, fisici e atletici. Qualcuno ha anche magnificato la lungimiranza della società, che “non ha fatto lo stesso errore commesso con Rivière, stavolta il Cosenza si è riservato un’opzione per altri due anni di contratto dopo la scadenza dei sei mesi per cui è stato ingaggiato”. Col senno di poi si potrebbe dire che tanta lungimiranza è stata sprecata col centravanti sbagliato – e che l’errore fatto con Rivière resta gigantesco.

Ma tutti quelli tra noi che scrivono su questo blog lo dicevano anche col senno di prima, e anzi imploravano la società di non perdere tempo a provinare il buon Jerry e che provvedesse piuttosto a ingaggiare un centravanti davvero utile alla bisogna. Ma altro che semplice provino: Mbakogu, come sappiamo tutti, è stato proprio ingaggiato. Poco sotto c’è un post in cui più diffusamente si parla di quella vicenda, quindi qui si può anche solo chiudere il discorso.

 

 

Vengono poi le critiche all’allenatore. Adesso sì: saltano tutti fuori a scagliarsi contro Occhiuzzi, la cui fede rossoblu non basta più per fare da schermo. Ancora una volta – e noi del blog la primogenitura la possiamo dimostrare: è tutto nero su bianco nei post del forum CosenzaUnited – noi lo dicevamo da sempre. Fin dall’estate scorsa, quando ringraziavamo profusamente l’allenatore per la salvezza miracolosa conquistata comunque in condizioni irripetibili (tre mesi di stop per covid e valori totalmente stravolti alla ripresa) e in ogni caso ringraziavamo più forte Asencio, Baez, Casasola, Bruccini e soprattutto Rivière. Ringraziavamo anche l’allenatore – e si diceva già allora sul forum quello che i giornalisti sportivi cosentini hanno scoperto oggi: che Occhiuzzi era troppo impreparato e inesperto per caricarsi sulle spalle la gestione tecnica di un’intera stagione di serie B. Quanto avremmo voluto sbagliarci tutti!

Adesso l’ineffabile stampa locale si è accorta - a retrocessione già cucinata (mai vista, peraltro, una squadra retrocessa che abbia mantenuto la stessa guida tecnica dall’inizio alla fine: quando tutto scricchiola solitamente si cerca di salvare il salvabile dando la classica scossa. Ma a Cosenza siamo speciali) – che lo scivolamento dei quinti è un’astrusa formula che sul campo non può tradursi in nulla di buono, specie quando si infortuna e finisce la stagione l’unico quinto decente (Bittante, a scanso di equivoci mai stato Roberto Carlos). Che poi, se si gioca con un centrocampo a quattro, gli esterni non dovrebbero essere quarti e non quinti?

Per non parlare – anzi: parliamone – dell’ossessione maledetta per la costruzione dal basso. Al risveglio di un giorno di mezzo maggio, quasi alla vigilia dell’estate, anche i giornalisti cosentini si sono accorti di quello che noi dicevamo da tempo e che l’allenatore non ha recepito mai: e cioè che coi piedi di Idda e compagni non puoi costruire dal basso. Passi la palla agli avversari. Uno buono lo avevi, Antzoulas, scoperto per caso a Salerno per l’infortunio di Schiavi (a proposito degli infortuni di Schiavi, direttore Trinchera… no, meglio soprassedere, vero?), messo in panchina dopo un altro ottimo primo tempo col Vicenza (Occhiuzzi, solo lui, lo aveva visto “in difficoltà”), lì tenuto per settimane e infine buttato nella mischia quando anche l’ultimo bue era scappato. No, la costruzione bassa si doveva fare con Idda centrale, al massimo Ingrosso.

E la gestione di giocatori che avrebbero potuto darci tanto (come hanno in parte dimostrato le poche volte in cui sono stati chiamati in causa) come Ba, Bahlouli e Sacko? Occhiuzzi non parla il francese o i problemi erano altri? Perché Ba, che ogni volta che va in campo - al netto di qualche errore (vivaddio, ho trascorso quasi una stagione intera a vedere giocare Kanoutè, mi farò andare bene qualche errore di Ba!) - non fa passare mezza palla né ombra di avversario, non viene schierato praticamente mai? Perché non va al funerale del padre (condoglianze) pur di essere disponibile per la fondamentale ultima partita col Pordenone, e però poi non viene nemmeno convocato per quella partita?

Perché a Sacko non sono state date le chances concesse a un Carretta per la quasi totalità della stagione inguardabile, nonostante il francese non si sia fatto disprezzare per nulla ogni volta che è stato buttato nella mischia?

E ci sarebbe ancora la gestione di Gerbo per le ultime due partite di campionato, quella di Petre venuto come titolare dell’under 21 del suo paese e accantonato come oggetto misterioso e via così. Tutte cose che noi dicevamo e scrivevamo già sul forum, coi nostri nickname, prima ancora che questo blog nascesse.

Tutte cose che scopre oggi la stampa cosentina, che si sveglia e si accorge che Occhiuzzi – responsabile alla pari con gli altri due, presidente e direttore sportivo – ci ha portato in serie C. E ci ha portato tutti, anche voi. Anche voi oggi siete giornalisti di serie C.

 

Ma forse non noteremo la differenza.

 

 

12.05.2021 

A firma

NdT

 

 

 

SON CONTENTO SOLO SE VEDO SEGNARE MBAKOGU

 

Giunto al mio secondo personale appuntamento con il nostro blog, vi giuro che mi piacerebbe poter esordire dicendo che Jerry è un bravo ragazzo e noi in fondo a Mbakogu vogliamo bene. Sarebbe il minimo, no?, ricordare che non è certo colpa del calciatore aver accettato un ingaggio e nemmeno essersi infortunato, e che si parla di lui esclusivamente come simbolo di quella parte tecnica della gestione societaria che in un altro post non ho esitato a definire scellerata. Sarebbe giusto metterla esclusivamente da questo punto di vista e in effetti avrei intenzione di fare così, solo che non posso spingermi come vorrei fino al punto di dire che noi a Jerry in fondo vogliamo bene perché – inevitabilmente – Mbakogu in realtà manco lo conosciamo.

Come faccio a volergli bene se manco lo conosco?

Ed è paradossale dire questo di un giocatore che in fondo è a Cosenza già da gennaio (ben prima che firmasse per noi, per il visibilio di Trinchera…), ma che ci possiamo fare se cotanta pantera in campo non l’abbiamo vista praticamente mai? Che ci possiamo fare se persino Occhiuzzi, dovesse incontrarlo a un semaforo, non lo riconoscerebbe e gli darebbe un paio di euro per farsi lavare il parabrezza?

Ho scritto della gioia di Trinchera nell’essersi finalmente accaparrato la Perla Nera dopo due anni di vani inseguimenti (due anni in cui del resto ha vanamente inseguito anche Nzola, Cissé, Mokulu e altra mezza Africa più il costaricano Acosty: una vera ossessione da orfano di Okereke. Sarebbe stato meglio provare direttamente con la clonazione del nigeriano…); due anni in cui, intanto, il nostro Jerry è retrocesso a Padova dalla B alla C (ricorda niente?) strusciando un paio di palloni, forse tre - poi ha fatto la valigia e ha vissuto un’avventura in Croazia scandita dalla bellezza di sei presenze e zero gol (non abbiamo dati sul numero di palloni toccati). Il tutto potendo già vantare un curriculum con una media da cinque/sei gol circa a stagione in serie B, roba che, insomma, per un centravanti fa un po’ pensare. Trinchera non lo so se ci ha pensato: fatto sta che – dopo attenta riflessione o meno – ha concluso che per rinforzare il peggior attacco del campionato fosse il caso di dotare una squadra già di suo a forte rischio retrocessione di siffatto bomber dai numeri significativi.

Raccontare gli esiti di questa ennesima scommessa societaria, da parte di una proprietà che ha inteso gestire la serie B come fosse una specie di roulette russa, sarebbe oltremodo ultroneo. Come è andato a finire il campionato lo sappiamo; in tutto questo, in estrema sintesi, ricordiamo solo che sommando i minuti in campo di Jerry Mbakogu con la maglia che fu di Marulla (…) nemmeno ci si arriva, alle sei presenze che ha collezionato in Croazia. Gol, o almeno tiri in porta, nemmeno a parlarne. Palloni toccati sì: ricordo il meritorio rigore procurato contro la Reggina, un paio di fraseggi a Salerno e credo un appoggio all’indietro per Carretta a Lignano, quando ormai la B era bella che andata. Nient’altro. Peso e valore di questo contributo tecnico dato al Cosenza dal centravanti li lasciamo valutare ai tifosi.

 

 

Ma cosa c’è dietro Mbakogu?

Sì, dietro di lui – o per la precisione sulle sue spalle – c’è la maglia del Cosenza numero 9, l’ho già detto. Cosa significhi per un popolo intero quella maglia non sto qui a spiegarlo perché chi lo sa, lo sa - e chi non lo sa non lo può capire nemmeno a fargli il disegnino. Possiamo solo alzare gli occhi al cielo e mormorare sconsolati e sconvolti un accorato Gigi, perdonali.

Ok, dietro Mbakogu c’è questo.

Ma dietro l’operazione Mbakogu cosa c’è?

Intendiamoci, non sono qui a diffondere scoop. Ci sono cose che so e non posso dimostrare e quindi non posso nemmeno scriverle qui - o farei incorrere in qualche guaio legale non solo me ma anche gli altri del blog - e quindi su questo mi taccio.

Nonostante questo, però, qualcosa da liberi pensatori possiamo pur dirla. Uno se lo chiede, no?, cosa spinga una società a ingaggiare – in quelle nostre condizioni di classifica, con quelle nostre esigenze tecnicotattiche e con quelle condizioni fisiche e di carriera in cui si presentava il buon Jerry – un attaccante fermo da mesi, se non proprio un anno, e comunque reduce da un’esperienza croata (avessi detto in Bundesliga) che nulla di buono faceva presagire sulle possibilità che potesse venire qui a dare alla squadra quella mano che necessitava per tirarsi fuori dalle secche. Nulla di buono. Eppure la società ha pensato bene di ingaggiare lui, quando sul mercato c’erano ben più pronte alternative, Pettinari e Dionisi su tutti, ma anche Montalto (non a caso gli ultimi due, appena arrivati ad Ascoli e Reggio Calabria, hanno trasformato a suon di gol due nostre dirette concorrenti alla salvezza in due squadre da playoff).

Perché invece la società Cosenza Calcio ha preferito Mbakogu?

O – se si preferisce così – perché ha accettato di prendere proprio questo giocatore suggerito dal DS Trinchera?

Temo che la risposta sia sin troppo ovvia e banale. Pettinari? Pettinari doveva venire qui già l’anno scorso, è sfumato nell’agosto del ‘19 per poi accasarsi al Trapani perché a quanto pare chiedeva troppo. Evidentemente non chiedeva poi così tanto per le casse dei neopromossi siciliani, ma tant’è. Curiosamente, con lo stesso Trapani, in quella stessa sessione estiva di calciomercato (proprio nelle ultime ore) si imbastì anche la tarantella Nzola, sulla quale – chissà – forse torneremo, ma ora è un’altra storia. In ogni caso, a gennaio del ‘21, ultima sessione di mercato in ordine cronologico, Pettinari era ormai un tesserato del Lecce – che pure voleva disfarsene per alleggerire le spese, avendo già altre bocche da fuoco lì davanti – e, costo del cartellino a parte, voleva un ingaggio da mezzo milione annuo circa (netto), per un triennale.

La trattativa, a quanto ci risulta, fu portata avanti da Guarascio in persona (su chi puntava Trinchera già lo sappiamo, e sappiamo anche per certo che Occhiuzzi avrebbe dato un braccio per Pettinari, altro che Mbakogu) e possiamo solo immaginare la reazione del presidente davanti alle richieste del bomber (lui sì) apparentemente in uscita dal Salento – dove poi è invece rimasto. Non vado molto lontano dal vero, se provo a ipotizzare che il patron del Cosenza ha avuto probabilmente un mancamento davanti a quelle cifre. Il treno Pettinari era passato un anno e mezzo prima, quando ancora il biglietto era accessibile (e cara grazia che poi a settembre almeno arrivò Rivière, altro capitolo a parte che andrà aperto prima o poi).

Dionisi aveva pretese più contenute, ma sempre nell’ottica di un contratto triennale. Parole che suonano come veleno acustico alle orecchie delicate del presidente Guarascio, convinto fin dai tempi di La Mantia (“se non sarà lui, sarà un altro”) che i giocatori di calcio siano intercambiabili come quelli del subbuteo o del calciobalilla, per cui è meglio prendere il più economico tanto sono tutti uguali. Perché il punto è proprio questo, la domanda da porsi è una: quanto crede che costi, Eugenio Guarascio, un centravanti decente di serie B? Quanto penserebbe di pagarlo? Quanto il presidente del Cosenza ritiene che sia giusto investire sul mercato, per portare a casa un attaccante che in serie B segni almeno 15 gol?

Anche questa risposta la conosciamo da tempo, sin da quando Braglia ebbe a dire (era sempre quell’estate del 2019), tra il fatalista e l’incazzato, che “il Cosenza giocatori da seicentomila euro lordi d’ingaggio non ne prende”. E non fa (più) triennali ai giocatori, aggiungo io. Considerato che seicentomila euro lordi sono – calcolando grossolanamente e ricordando che la tassazione nel tempo è un po’ variata – più o meno quattrocento/quattrocentocinquantamila netti, e tenuto quindi conto che giocatori con questo ingaggio (grossomodo il gradino più basso dei bomber di categoria) sono da considerarsi per Guarascio esosissimi vampiri, ci possiamo fare quindi un’idea su quanto il presidente avrebbe voluto, vorrebbe e vuole al massimo spendere per un centravanti – anche quando si tratta(va) di ingaggiarne uno per disputare una serie B.

Esclusi quindi fin da subito tutti i bomber veri, anche quelli più in basso nella scala ingaggi. Altro che Pettinari, altro che Dionisi. Cosa resta allora e chi, da poter ingaggiare?

Ecco, sì: Jerry Mbakogu, che costa poco perché insomma, non è che possa avanzare chissà quali pretese visto che è fermo da sa Dio quando. Mbakogu, resta. Per la gioia di Trinchera.

Anzi, per la gioia di entrambi, presidente e DS, nel quadro di una magnifica convergenza di interessi: offrire alla piazza il fuoriclasse per il primo (grazie a una delirante campagna mediatica a cui subito hanno abboccato i tifosi più dementi), portare a Cosenza il tanto agognato Mbakogu per il secondo, evidentemente talmente convinto dalle potenzialità della Stella d'Ebano da preferirlo a chiunque altro, anziché provare a convincere il presidente che servisse ben altro profilo di giocatore. Per la gioia di tutti, insomma.

 

Anche della nostra. Anche della mia. Non si nota quanta gioia io sprizzi da tutti i pori, in questa calda metà di maggio in cui sto assaporando l’inebriante gusto della retrocessione in serie C?

 

 

11.05.2021 

A firma

NdT

 

 

 

 

 

SIAMO UN BLOG DI SERIE C.

 

 

Martedì 11 maggio del 2021.

Non ho dovuto pensarci molto per scegliere il titolo del mio primissimo post su questo nostro nuovo blog; anzi, devo dire che poche volte un titolo mi è venuto più spontaneo e quasi obbligato, perché ogni singola parola – soprattutto quell’ultima consonante – ce la dobbiamo tutti stampare a fuoco nella mente, per motivi che sono chiari fin da subito.

Saremmo voluti partire prima come blog, in realtà, quando il Cosenza annaspava già nei bassifondi della serie B e sulla città la cappa plumbea che da sempre toglie il respiro e la parola impediva alle voci singole di farsi sentire. Chiunque osasse criticare – sui social, soprattutto - una delle più scellerate gestioni societarie di sempre, non per partito preso ma perché prevedeva la fine e voleva cercare in tutti i modi di avvisare dell’iceberg sulla rotta, veniva zittito dal coro unanime di servi e lacché, oltre che minacciato anche abbastanza esplicitamente per strada: non solo non si poteva contestare il manovratore, ma – questo il tenore e il significato di quelle minacce – non si dovevano nemmeno contraddire i suoi reggicoda. Bolsi ex ultrà con codazzo di servi scemi adulanti, opinionisti del nulla a colori, esteti dello scivolamento dei quinti e ammiratori del suo profeta, parenti & amici di questo e di quello, tifosi da social network per cui chi suona gli allarmi è sempre un catanzarese, tutta una serie di intoccabili quaquaraquà pronti a mostrare metaforici coltelli (ma con parole inequivocabili, per chi vive queste latitudini) per tacitare chiunque osasse negare che tutto andava bene.

Ecco, noi come La Bandiera Rossoblu si doveva nascere allora, già mesi fa, per unire le singole voci rendendo impossibile tacitarle, per proiettare nel mondo social anche la parola degli utenti di un forum che è l’unico vero spazio libero cittadino, per offrire agli altri tifosi – quelli che si erano anche loro accorti che non andava tutto bene – un punto di vista che si sforzasse di dire loro la verità, per quanto amara. Non sarebbe mai stata più amara di questa retrocessione.

E non c’è retrocessione più amara di una programmata a tavolino con un suicidio che non può non essere consapevole nonché giunta al termine di un torneo mediocre in cui ci si sarebbe salvati a occhi chiusi, se solo si fosse voluto fare le cose a modo.

Noi si doveva nascere qualche mese fa e allora saremmo stati, anche se per poco, un blog di serie B. Siamo nati oggi come avventura mediatica web, e quindi, ad oggi, siamo un blog di serie C. E questa è la prima cosa di cui vogliamo essere consapevoli: e pretendiamo che lo siano tutti.

 

 

Parliamo del Cosenza e parleremo del futuro, ma non oggi.

Oggi su questo blog vogliamo un’ultima volta guardare alla serie B e al recentissimo passato; ha detto per mesi l’allenatore Occhiuzzi che i conti si fanno alla fine, e ora che quella fine è arrivata noi non ci proietteremo serenamente a vivere e raccontare il futuro del Cosenza (in serie C, coi nostri migliori complimenti a tutti) se prima la nostra calcolatrice non tirerà le somme di questa stagione calcistica 2020-2021.

E facciamoli, questi conti.

Raccontiamo di una squadra, innanzitutto, reduce da una salvezza tanto miracolosa che ne ha parlato persino la BBC; e quando il fatto che tu ti salvi mantenendo la serie B fa talmente notizia che ne parla persino una delle più importanti emittenti internazionali, forse è il caso che ti poni qualche dubbio, ti fai qualche domanda. Ahinoi, dubbi al nostro ineffabile presidente non ne sono mai venuti: lui non è “mai retrocesso”, lui non ha “mai fatto errori”, perché avrebbe dovuto coltivare dubbi sul suo modus operandi?

Ci si è salvati per miracolo dopo un ritiro precampionato in otto giocatori (!!!), e dunque via a un altro ritiro in otto o giù di lì (compresi quei giocatori fuori dal progetto tecnico che non sarebbero rimasti in rosa). C’è la pandemia, gli stadi sono chiusi, mancano gli incassi dei botteghini - e dunque ecco pronta la scusa per tagliare ulteriormente quanto drasticamente il budget, che in rapporto alla categoria è stato definito in diretta TV “ridicolo” non da un tifoso esacerbato ma da Alfredo Pedullà, uno dei più quotati esperti di calcio (e calciomercato) dei media nazionali. Ma al nostro inarrivabile presidente evidentemente non importa nemmeno di sentirsi dare sostanzialmente del ridicolo (lui o il budget che mette a disposizione per una serie B, fa differenza?) davanti alle telecamere in diretta nazionale in una trasmissione molto seguita.

Beh, ma c’è la pandemia, e secondo il nostro impareggiabile presidente la società di calcio deve spendere esattamente quanto incassa se non addirittura meno. Se vengono meno anche i botteghini, allora per allestire la squadra la società al massimo mette a disposizione un budget con cui si potrebbe mettere in piedi un organico da subbuteo, non certo da serie B. Al presidente, siccome noi ancora come blog non eravamo nati, nessuno ha fatto notare che una società di calcio deve dotarsi di un budget adeguato alla categoria che affronta anche se gli introiti sono inferiori - e la differenza ce la deve mettere il proprietario: si chiama rischio d’impresa, cade sulle spalle dell’imprenditore, un’impresa si fa con gli investimenti – e se questi sono sbagliati allora amen, l’imprenditore ha perso i soldi investiti e deve mettercene altri, sempre di tasca sua. Motivo in più per spenderli bene, quei soldi (magari circondandosi di gente che capisca di calcio e sappia muoversi nell’ambiente), non certo per non mettercene affatto e mandare allo sbaraglio il nome di Cosenza su tutti i campi della cadetteria con una squadra lontanissima dall’essere all’altezza.

Ma quante volte il nome di Cosenza è stato trascinato nel fango, con questo presidente?

Dalle nottue di Cosenza-Verona ai tredicimila rimasti fuori dai cancelli chiusi, dalle seggiole a fare da panchina nella stessa partita alla grottesca vicenda Petrone, dalle spugne di Cosenza-Benevento alle dichiarazioni sempre più deliranti del nostro (fino ad arrivare a chiedere il blocco delle retrocessioni meno di due settimane fa), dall’incapacità di portare in numerose sessioni di mercato di serie B giocatori utili alla causa – Capezzi, Vignali, la riconferma di Tutino e Palmiero, Dionisi, Pettinari, Omeonga, eccetera – tutti giocatori cercati dal DS, implorati dai vari tecnici e infine persi per meri motivi economici (leggi: assoluta mancanza di volontà di investire) fino ad arrivare a un settore giovanile sempre trascurato (con la chicca della vicenda Santapaola); per non dimenticare le clamorose esternazioni proprio del presidente, scocciato dai torti arbitrali, che si era messo in testa di minacciare i vertici del calcio con una pistola ad acqua promettendo “reazioni inaudite”, salvo poi chinare la testa e chiedere pateticamente scusa.

In ultimo l’apoteosi di questa stagione, ben simboleggiata dal calciomercato invernale, che dovrebbe essere di riparazione degli errori commessi: perso Baez con l’ingresso nelle tasche di 750mila euro (più altri 250mila di ingaggio lordo risparmiato dell’uruguaiano), con Dionisi e Pettinari sul mercato per rinforzare l’attacco (già ai tempi il peggiore della B), si è scelto di optare per l’ingaggio di Mbakogu - rispetto al quale personalmente non aggiungerò nulla perché ne sono state dette a sufficienza.

 

 

Cosa ci ha portato – e dove? - tutto questo?

In serie C, diciamocelo brutalmente, al termine della partita dell’anno da giocare “da veri Lupi” e andata in scena con una sconfitta senza appello a Lignano Sabbiadoro, non troppo lontano da quella Padova che fu il nostro capolinea nel 1997. Allora, va ricordato, guidati da un presidente contestatissimo (e che io per primo oggi contesterei di nuovo, né mai vorrei rivederlo alla guida della mia squadra) tornammo in B in un anno, come quello stesso contestatissimo presidente aveva promesso e gliene va dato atto.

Questo avveniva allora. Oggi? Cosa ne sarà del Cosenza oggi? La società è pronta a riportarci in serie B in un anno, finalmente mettendo sul piatto quegli investimenti che l’obiettivo comporta? Saprà finalmente trarre un insegnamento da questo esito vergognoso, circa questa sua gestione scellerata? Saprà finalmente comportarsi da società di calcio, senza nascondersi dietro scuse patetiche per non metterci un centesimo? Questi interrogativi ce li porremo a brevissimo, in questo blog.

Vorremmo che qualche giornalista li ponesse al signor presidente Eugenio Guarascio.

 

Noi siamo appena nati, ma ci saremo da qui all’eternità, ovunque vada il Cosenza, finché esisterà il Cosenza. Noi ci saremo sempre, lo sappia chiunque si accosti al Cosenza Calcio in qualunque veste: da oggi la nostra squadra del cuore, quella che porta il nome della nostra città, avrà in noi i suoi Lupi da guardia.

 

 

11.05.2021 

A firma

NdT